2^ Domenica di Pasqua

 Carissimi, fortemente amati,

passato il Grande Giorno, ma non la Pasqua, mi accingo a preparare le valigie per il rientro in porto. Ancora una volta il Buon Papà mi ha concesso il dono di vivere il cammino verso Pasqua accanto alle comunità con le quali ho condiviso anni di grazie. Sto con Papa Francesco che ancora una volta ci esorta ad andare in ‘Galilea’ dove il Risorto ci attende. Celebrando la Via Crucis in Rua das Petrinhas (periferia più periferia di Santana) chiedevo il perché veniamo esortati ad andare in periferia…? Contrariamente a quanto si pensa  (“…perché hanno più bisogno!”), sono famiglie che hanno bisogno di niente perché non hanno avuto mai niente. A loro basta un po’ di fango e mettono su una ‘taipa’ (casa di fango) e un po’ di farina di manioga per sfamarsi. Il bisogno è nostro, se lo capiamo!. È che nella periferia dimora di preferenza il Signore: lì è nato, lì è morto, lì L’ho incontrato e con meraviglie. Per anni ho sperato che qualcuno mi seguisse… Alla fine mi è stato chiesto di ritirarmi. Lì non mi segue nessuno. Per ora… ma…?! A Fatima la prossima settimana, accanto ai santi Pastorelli che mi appassionano, vi sentirò vicini. Con cordiale e fraterno abbraccio.

 

Don Vincenzo

 

2ª Domenica dopo PASQUA  Giov 20,19-31

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore… Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».

 

don Marco Pedron Le ferite ti portano a Dio… Si può incontrare il Risorto|

1.”Erano chiuse le porte dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei”. Sembra una chiusura totale. Eppure Lui viene. E quando Lui viene è la gioia. Si viene in chiesa con la propria paura o la propria chiusura. Ma qui si incontra il Risorto: Lui è Forza.

Tu hai la tua paura o la tua chiusura che vibra forte e non riesci ad uscirne. Ma Lui ha una vibrazione infinitamente più forte, perché Lui è la Forza, la Vita, la Luce, l’energia. E’ con questa forza che gli apostoli non ebbero paura di nulla e nulla li fermò.

2. La seconda cosa: il perdono. “Hai il potere di perdonarti ogni cosa, come feci io (Gesù)”. Lasciarsi perdonare, perdonarsi e perdonare: sono le tre tappe del perdono e vanno in quest’ordine. Ogni volta che vengo a messa vengo per permettere questo processo:

l’eucarestia ci fa vivere, ci fa felici e ci fa liberi. Perché è portare amore (perdono) dove non c’è.

 

Cos’è l’eucarestia? L’incontro con le proprie ferite. Tommaso deve “toccare” le ferite di Gesù (mani, piedi e costato). E dopo averle toccate potrà dire: “Mio Signore e mio Dio”.

1. L’esperienza del Risorto è personale. Per questo bisogna “toccarlo”, vederlo, incontrarlo. Altrimenti sai delle cosucce, ma non hai neppure idea di cosa sia lui.

Sapere tutto sul vino è bello, ma bere un buon bicchiere di vino è un’altra cosa.

E’ l’esperienza che produce la vera conoscenza, perché è la conoscenza del cuore.

Le nostre liturgie non ci devono parlare di Dio, ce lo devono far sentire, toccare, sperimentare. E noi dobbiamo aver coraggio di lasciarci coinvolgere. Se ciò che si fa è liturgico (secondo le norme cioè della liturgia) ma non ci fa sentire, toccare Dio, non ce lo porta nel nostro cuore e nella nostra vita, è assolutamente inutile.

2. L’eucarestia è mettere il dito sulle proprie ferite. Come si può pensare di vivere senza essere feriti? Allora: non cerco di proteggermi da tutte le ferite (vorrebbe dire non vivere!). Perché so che quando sono ferito c’è Lui che viene a curarmi. La Comunione della domenica è un balsamo. Nelle mie ferite Lui viene.

La teologia dice che la Chiesa è nata dal costato di Cristo (acqua e sangue, Battesimo ed Eucarestia). Cioè: da una ferita è nato un grande dono. Ogni ferita (rimarginata) porta in sé un grande dono.

 

padre Ermes Ronchi – Dalle piaghe aperte, luce e misericordia – «Se non vedo, se non tocco, se non metto la mano non credo!»

Tommaso sperimenta la fatica di credere, come noi. Non esiste fede esente da domande e da dubbi.

Otto giorni dopo venne Gesù… Mi conforta pensare che se tro­va chiuso, Gesù non se ne va; se tardo ad aprire, otto giorni do­po è ancora lì per an­dare in cerca proprio dell’agnello smarrito, lascia i dieci al sicuro e si dirige verso colui che dubita. A Tommaso basta quel gesto. C’è un foro nelle sue mani, c’è un colpo di lancia nel suo fianco, sono i segni dell’amore, inde­lebili ormai, proprio come l’a­more. Ma dalle piaghe aperte non sgorga più sangue, bensì luce e misericordia.

Paolo Curtaz – I segni del risorto. Sembra una storia a lieto fine: il crocefisso è risorto, il dolore è superato, lui non è più prigioniero della morte. Magnifico. Bel finale. Un applauso. Gesù è risorto, certo. Buon per lui. Non ditelo a Tommaso. Loro che dicono che Gesù è risorto, dopo essere fuggiti come conigli, senza pudore. Non crede, Tommaso. Non crede ma resta, e fa bene. Tenace.

Torna Gesù, apposta per lui. Sofferenza: So che hai molto sofferto, Tommaso. Anch’io, guarda qui. Gli mostra le mani, il risorto, trafitte dai chiodi. Ora cede, Tommaso, il grande credente.

Può il dolore avvicinarci a Dio? Sì, se scopriamo che Dio lo condivide senza riserva.

Questa domenica è la festa della misericordia. Il risorto ci viene incontro colmando il nostro cuore di benedizione, di tenerezza, di gioia. Animo, fratelli scoraggiati, la misericordia ci salva.

 

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Per Riflettere:  “Se ciò che si fa è liturgico (secondo le norme cioè della liturgia) ma non ci fa sentire, toccare Dio, non ce lo porta nel nostro cuore e nella nostra vita, è assolutamente inutile”. E in tanti partecipano soddisfatti per il Precetto, senza avvertire il balsamo che è stato versato sulle proprie ferite rimaste settiche. Amo ripetere: se in questa domenica ci ritroviamo come domenica scorsa, abbiamo perso una settimana. Che se poi come quella del mese scorso o dello scorso anno, abbiamo perso del tempo. Peccatori lo siamo sempre, ma perdonati e più tonificati.

La mia insistenza lunga e ripetitiva: Liberiamo dal precetto la Pasqua dell’Ottavo Giorno. È il Banchetto dell’Agnello al quale siamo invitati, e non obbligati, a partecipare per trarre alimento indispensabile per vivere. E, all’inizio della celebrazione, immediatamente lasciamo al buon Papà-Signore che ci ha invitati la gioia di abbracciarci e rivestirci dell’abito nuziale. Riconosciamo, certo, il nostro peccato, ma la ferita è curata anche se il bubbone permane. È la Domenica della Misericordia e, come Pietro il giorno di Pasqua, assicuriamo tutti che la fede, il credere in Cristo Risorto, ci libera dal peccato: “chiunque crede in Lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome” (At 10,43).

Manifesto facilmente la mia angoscia pastorale nel constatare che gran parte dei partecipanti al Banchetto non mangia. Mi dicono che si sentono non perdonati o, ancor più, non preparati. L’atto penitenziale all’inizio della Messa, viene vissuto come un rito scontato più che vero momento di ritorno tra le bracca del Padre dopo una settimana nelle strade, per lo meno, polverose se non …tra porci. Tutta una catechesi ha insinuata la convinzione che per i peccati gravi (che sono poi quelli che io faccio conoscendo bene la volontà del Signore senza assecondarla!) vengono perdonati soltanto nella Confessione, come se le braccia del Padre non sapessero abbracciare le colpe gravi. I moralisti, è vero, distinguono tra dolore di attrizione e dolore di contrizione, ma la gente semplice, non moralista, dopo ogni caduta avverte la colpa e non manca di riconoscerla. A quanti partecipano all’Eucaristia, la santa Madre Chiesa esorta a un serio impegno nel porre il proprio peccato nel Sacramento della Riconciliazione dove ci viene offerta la grazia propria del sacramento contro il peccato e il perdono anche della Chiesa. Esorto sempre a confessarsi frequentemente, tonico validissimo nella lotta, ma mai per fare la Comunione. È un Sacramento e non preparazione alla Comunione o per guadagnare l’indulgenza plenaria! È un Sacramento che non condiziona, certo, il perdono come se mancasse qualcosa al perdono del Padre: il Papà ha già abbondantemente perdonato e persino dimenticato tutto.

 

È la festa della misericordia. Il risorto ci viene incontro colmando il nostro cuore di benedizione, di tenerezza, di gioia.

 

Animo, fratelli scoraggiati, la misericordia ci salva.