5^ Domenica di Pasqua

Carissimi compagni di viaggio,
vengo questa settimana non in casa vostra, ma facendomi accanto a voi lungo il cammino quotidiano, mentre ci lasciamo illuminare dalla Verità, Cristo, Via verso la Vita. Don Marco, che attualizza sempre la Parola con abbondantissimo materiale di vita vissuta, lascio che ci aiuti quasi in esclusiva, estrapolando il più significativo. Con abbraccio fraterno. Don Vincenzo

 

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti… Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita… In verità, in verità vi dico: chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. (Gv 14,1-12)

 

Pedron  Diventerai quello che credi di essere. Gesù se ne va e lascia ai suoi amici il proprio testamento, ciò che più gli sta a cuore. I discepoli sono pieni di confusione, di paura. Sentono che per Gesù sta per arrivare la fine. E Gesù risponde: “Non abbiate paura. Abbiate fiducia in me e in Dio…Vado a prepararvi un posto”. Cioè: “Ci rivedremo. Vado e poi torno a prendervi”. Non posso evitarmi il dolore. Ma posso affrontarlo nella fiducia di Gesù. Non aver paura, c’è Lui”. Allora mi ancoro in Lui e la barca trova un approdo sicuro. I problemi rimangono perché la preghiera non porta la soluzione dei problemi, ma pace al cuore. I problemi, quindi rimangono ma una pace, una presenza mi abita e una fiducia mi sostiene. Nella vita si può sbagliare, e tutti noi a volte facciamo errori grandi. Allora io ho bisogno di dirmi: “E allora? E’ la fine del mondo?” Non aver paura. Hai solo una vita, vivila!”. Posso rischiare, perché in ogni caso Lui c’è.

“Nella casa del Padre mio ci sono molti posti” (Gv 14,2). Molti, vuol dire “tanti, per tutti”. E allora perché temere? Perché aver paura? In Dio c’è spazio per tutti. Molti posti vuol dire anche ci sono molte vie per arrivare a Dio. C’è chi arriva a Dio attraverso la parrocchia e chi arriva attraverso il travaglio della vita. C’è chi arriva attraverso la conoscenza di sé (e più a fondo si scopre qualcuno ben più grande di sé: Dio) e c’è chi arriva aiutando le persone e facendo della propria vita un servizio agli uomini. C’è chi arriva con una vita contemplativa e monastica e c’è chi arriva passando per una vita mondana. C’è chi arriva dedicandosi solo a Dio e c’è chi arriva amando un altro essere umano (che non è mai in contrapposizione a Dio). E c’è anche chi non ci arriva mai… in ogni caso è Dio che arriva a tutti.

Ognuno ha la sua maniera. Dio non guarda mai le forme ma il cuore (Lc 18,9-14).

“Voi farete cose più grandi di me”. Quando Gesù vide per la prima volta Pietro, in quell’uomo vide qualcosa di grande, di forte e lo chiamò “Roccia”, Pietro (Cefa’, Pietro, vuol dire roccia). E se non credi alla forza che è in te, a poter essere questo non lo sarai mai.

Quando sei in auto e conosci la strada, vai tranquillo. Ma se non la conosci e non hai il navigatore, allora chiedi di qua, di là, hai paura di sbagliare, di arrivare tardi. Quando perdi tutti i riferimenti, quando non hai certezze, tutto diventa pericoloso, pauroso, difficile.

In questa situazione Gesù risponde: “Non abbiate paura. Abbiate fiducia in me e in Dio”. “Vado a prepararvi un posto. Chi si ama non lo si perde mai per sempre. Sono perfino morto per rimanere fedele alla Vita e a voi. Se ho fatto tutto questo, potete ancora pensare che vi lasci?”.

Gesù in queste parole e in tutto il Discorso d’Addio (Gv 13-17) dice: “Guardate che io vi amo. Fidatevi di questo”. La forza dei discepoli si basa su queste due cose: l’amore di Gesù e la loro fiducia. I discepoli si possono fidare di Gesù perché hanno visto, sentito e sperimentato il suo amore. Piano piano si forma una convinzione profonda per i discepoli: Dio sta rivelando loro il Crocifisso come colmo di vita. Senza questo, lo avrebbero forse venerato per un certo tempo; poi il suo ricordo si sarebbe andato cancellando. Ma loro davvero lo sentono vivo. San Paolo ce lo racconta con l’apparizione sulla via di Damasco (At 9,1-19): Gesù non è più solo il Crocefisso che è morto, ma è Colui che è presente in lui (Buona Notizia) e che lo fa un uomo nuovo. Lui agisce tutt’ora e mi fa diverso, nuovo, altro.

La ferita enorme che hanno dentro (per Gesù gli Apostoli avevano lasciato tutto) non è più dolorosa (“E’ tutto finito!”) ma gioiosa, perché hanno ritrovato Lui dentro di sé, hanno scoperto che Lui vive ancor più forte di prima dentro di loro e li sostiene e li spinge e diventa il senso della loro vita. Non credono perché l’hanno letto da qualche parte, credono perché sanno, perché hanno visto, sperimentato e toccato. L’incontro con il Gesù Risorto ce l’avevano dentro di loro: la vita, che prima trovavano in Gesù fuori adesso ce l’avevano dentro. Gesù Risorto era in loro. Per questo andavano dappertutto dicendo: “Lui vive! Lui è risorto!”.

Richard Buckminster Fuller a 32 anni, nel 1927, è in bancarotta, la figlia Alexandra gli muore di polmonite, comincia a bere e decide di suicidarsi. Ma all’ultimo momento mentre stava per buttarsi sul lago Michigan un pensiero, un’illuminazione, gli cambia la mente: “Perché non donare la sua vita al mondo? Perché non fare della sua vita un esperimento?”. E divenne un famosissimo architetto, inventore e filosofo. Visse con l’idea di fare della propria vita un dono per l’umanità. E’ morto nel 1983.

Giobbe 42,5: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono”.

L’incontro con il Risorto è una bomba nucleare che ti cambia la vita, ti sconvolge, ti fa diverso. La gente pensa alla fede come un diventare un po’ più gentili, buoni, amabili. Ma l’incontro con il Risorto è un uragano che spazza via tutto e ti fa diverso. Perché quando lo senti Vivo e vivere dentro di te, non puoi più essere come prima. E se sei come prima semplicemente non lo hai incontrato. Fede è cambiare vita, incontrare Uno dopo il quale non puoi mai più essere lo stesso. Dobbiamo dirlo alle persone che la fede è questo, altrimenti pensano che la fede sia una preghiera, una buona azione, un gesto d’amore. La fede è fare un incontro che ti cambia la vita; è l’incontro che ti fa vivere.

 

Pensiero della Settimana: “Sei protetto; sei amato; sei unico; sei importante”: vivi ogni giorno alla luce di questa verità.

 

Curtaz – Non abbiamo paura, ci rassicura il Signore, confidiamo in Lui – casa del Padre – che ci ha posto nel suo cuore, che ci prepara un posto. Per restare fiduciosi, dice Gesù, dobbiamo fidarci di lui che è via, verità e vita. Ciò che il cercatore di Dio è invitato a fare è mettersi in gioco, fino in fondo. Chi ha scoperto Gesù nel proprio percorso può affermare con assoluta verità che il Signore gli ha donato la vita. Gesù è la vita e dona la vita, e il cristiano ama la vita e la dona.

 

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Riflettendo: «Io sono la via, la verità e la vita»: Gesù ribadisce così il perché è indispensabile passare attraverso la Porta sia per essere pastori e non briganti, sia per essere del suo gregge condotti al pascolo perché si abbia la vita e si abbia in abbondanza. 

Mi sconcerta sempre la facilità con cui, dopo aver ascoltato la Parola, che capovolge la vita in forza dello Spirito che l’accompagna, rispondiamo con l’acclamazione di routine senza avvertire nessun capogiro proprio di ogni capovolgimento. Oramai la ripetizione… secolare ci ha abituati alla rotazione: astronauti assuefatti a ogni capovolgimento. Passare per la PortaGesù richiede disponibilità a una vita vissuta con gli stessi sentimenti del Cristo: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù  il quale, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, e umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Filippesi 2,5-8). Essere servo, spiega dom Franco, monaco camaldolese mia guida spirituale, vuole significare: donare la vita come Gesù. Mi incanta San Giovanni quando afferma: Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine… Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani… (Gv 13,1-3) si trovò tra le mani i piedi dei discepoli: il servizio degli schiavi. L’amare sino alla fine comporta il donarsi sino al limite massimo.

Mi sconcerta notare la nostra profonda convinzione e commozione sull’agire sincero di Gesù e constatare, invece, il nostro modo abituale di vita. È scontato per Gesù, e questo ci basta. Ma per essere pastori, per renderci discepoli occorre passare attraverso la Porta! Nessuna meraviglia allora se il mondo, nel quale siamo posti come sale, resta, a dir poco, insulso. Continuo a benedire Dio che ha suscitato nella Chiesa Papa Francesco che non si stanca di richiamare la nostra attenzione. Ancora lunedì scorso, incontrando gli alunni dei pontifici collegi e dei convitti di Roma, seminaristi e sacerdoti, li ha esortati a essere preti non dottori, mettendoli in guardia dal “pericolo dell’accademicismo” che fa sì che da Roma si torni in diocesi più come “laureati” che come “presbiteri”. 

Per troppo e tanto tempo nella Chiesa l’essere servo è stato soltanto un caratteristico modo farisaico di presentarsi. “Don Vincenzo, che bella carriera hai fatto!” mi complimentava l’Eccellentissimo incontrandomi dopo molti anni avendomi visto passare da prete nomade tra gli Zingari a Vicario Generale della Diocesi. E la sua meraviglia: “Ah! Non sei più…!” quando gli facevo notare che la carriera di servo era andata ancora più avanti tra i nordestini brasiliani. E devo continuamente sottolineare che l’attesto per indicare il cammino ordinario, e non eccezionale, di alcuni falsamente ritenuti eroi.

 

Gesù è la Via, Verità e Vita, Porta attraverso la quale occorre passare, altrimenti siamo briganti.

Perdonatemi, ma lo dico a me anzitutto.