Cristo Re dell’Universo

Carissimi,
impossibilitato, come speravo, di recarmi a Conza (AV) in occasione dell’anniversario del sisma disastroso, in Allegato rivivo con voi quei momenti di catastrofe condivisa. È uno degli innumerevoli tesori che al buon Dio è piaciuto offrirmi in tutti questi anni: “Ricevi in eredità il Regno preparato fin dalla fondazione del mondo perché ero fracassato sotto le macerie e mi hai con delicatezza ricomposto”. Lo racconto ancora una volta anche se sperimento sempre l’impossibilità a trasmettere le emozioni arricchenti di momenti che si possono solo vivere. La Parola di questa domenica ce ne indica il modo.
Buona Fine Anno Liturgico. 

Don Vincenzo


Vangelo: Mt 25,31-46: Quando il Figlio dell’uomo verrà … E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, … Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno … Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e … In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare… E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».


Don Marco Pedron-  Non per Dio ma con Dio e come Dio. “Quando il Figlio dell’Uomo verrà” (Mt 25,31). Il Figlio dell’Uomo è l’uomo che ha realizzato il progetto di Dio. C’è una chiamata, una missione che ci chiama. Gesù non ha bisogno di nessun libro per separare gli uni dagli altri. Gesù lo vede!

Chi nella vita riesce (secondo il senso di Dio) si vede: le sue parole parlano di amore; il suo volto è pieno di felicità e di luce, immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26).

Questi “benedetti” per avere “il regno” hanno fatto sei azioni. Avevo fame… (Mt 25,35): c’è uno che ha bisogno e tu te ne accorgi. Non è l’osservanza, il comandamento, ma l’amore che ti fa vivere oggi e domani. E Gesù non dice: “Quando ami uno, lo fai per me” ma “quando ami uno, ami me”.

Un giorno chiesero a Madre Teresa: “Perché lo fa?”. Si aspettavano come risposta: “Per Dio”. E invece lei sorridendo disse: “Per amore”. “Cioè per Dio”, ripresero. “No, per amore. Perché la sua sofferenza tocca il mio cuore”. Non si ama l’altro perché Dio lo comanda ma perché ci tocca il cuore, l’anima. “E se Dio non ci fosse?”, chiesero altra volta: “Non ho amato per Dio, ho amato per amore di chi mi stava davanti”.

“A quelli alla sua sinistra…” non si dice: “Maledetti, dal padre mio”, ma solo: “Maledetti”. Si sono maledetti da se stessi! “Nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25,41). Gesù dice: “Quelli che collaborano per l’amore (i benedetti) avranno ciò che vorranno: l’amore. E quelli che collaborano per distruggere, avranno ciò che vorranno: la distruzione”. Ognuno avrà ciò che vorrà.


Pensiero della settimana: Si possiede solo ciò che si dona; ciò che non si può donare ci possiede!


padre Ermes Ronchi: Chi tocca i poveri sfiora il cielo di Dio. Padre che sei nei cieli… ma il cielo di Dio sono i poveri. E quando la tua mano tocca un povero dalla vita do­lente, le tue dita stanno sfiorando il cielo di Dio. Dove entreremo solo se saremo prima entrati nel­la vita di chi soffre. Dio non mi giudicherà scorrendo l’elenco delle mie debolezze, ma quello dei miei gesti di bontà. Nell’ultimo giorno distoglierà il suo sguardo dal male, per sempre lo fisserà sul bene. Sul bene concreto: un po’ di pane, un vestito donato, i passi di una visita. Non alle co­se però, ma al cuore detto dalle cose. Il tema del supremo confronto tra uomo e Dio non è il pec­cato ma il bene. Se c’è qualcosa di eterno in noi, se qualcosa di noi rimane quando non rimane più nulla, questa cosa è solo l’amore.


p. Alberto Maggi Quello che determina la realizzazione dell’individuo non è il rapporto che avrà avuto con la legge, con Dio, ma la relazione che avrà avuto con le altre persone. Perché Gesù, Dio è il Dio con noi. Allora con Gesù la direzione dell’umanità non è più verso Dio, ma con Dio e come Dio verso gli uomini. Il Dio di Gesù non chiederà mai se si è creduto in lui, ma se si è amato come lui.

“Venite, benedetti dal Padre mio”, li benedice perché sono quelli che hanno realizzato il progetto di Dio sull’umanità. E poi elenca sei azioni di bisogno, di sofferenza da parte dell’umanità con le risposte che sono state date. Quello che consente la vita eterna non è quindi il comportamento religioso, ma un comportamento umano. Quello che distacca in queste sei situazioni è il carcerato. Il carcerato suscitava soltanto disprezzo. Andare a trovare un carcerato significava anche alimentarlo, visto che i carcerieri certo non provvedevano alla sua alimentazione.

La sorpresa di queste persone alle quali Gesù ha detto che hanno fatto tutte queste cose a Lui …

“Via, lontano da me, maledetti …” Gesù ai giusti li ha chiamati “benedetti dal Padre mio” qui li dichiara “maledetti”, ma non dal Padre suo; Dio non maledice, Dio è soltanto benedizioni. Allora Gesù è molto severo. Non rispondere agli elementari bisogni, alle necessità degli altri, equivale a un omicidio.

Queste persone Gesù non le rimprovera per aver fatto qualcosa di male, ma sono diventati strumenti di morte perché non hanno fatto il bene in occasioni di necessità. Loro ovviamente credono di aver servito il Signore, non hanno compreso che con Gesù Dio non chiede di essere servito, ma lui che è Dio si mette a servizio degli uomini perché gli uomini con lui e come lui si mettano a servizio degli altri.

Ed ecco la sentenza di Gesù: “In verità io vi dico: … non l’avete fatto a me”. Quando ci si chiude agli altri ci si chiude a Dio. Non è un castigo, ma il fallimento totale, quello che nell’Apocalisse verrà definito “morte seconda”.

Ma il vangelo termina con un’immagine positiva: “I giusti invece alla vita eterna”. Quanti hanno vissuto facendo del bene, comunicando vita a chi ne aveva bisogno, questi hanno realizzato la propria esistenza e soprattutto realizzato il progetto di Dio sull’umanità.


Paolo CurtazChristus regnat: la Chiesa non ha nostalgie monarchiche. Intende comunicare una fortissima professione di fede: Gesù il falegname di Nazareth, quell’ebreo marginale è il Signore dell’Universo. Dire che Cristo è “sovrano” della mia vita, significa riconoscere che solo in lui ha senso il nostro percorso di vita e di fede. Il pastore accoglie le pecore che lo hanno riconosciuto nel volto del povero, del debole, del perseguitato. È lui che curiamo nel povero, identificandosi nell’uomo sconfitto. Anche nel povero che ha sperperato tutto per colpa o nell’omicida (!). Cristo è Signore se sapremo sempre di più amare i fratelli, diventare trasparenza della misericordia, testimoni credibili della compassione.

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Parola e vita: “Non so mai se chi dice di amare Dio, lo ami davvero. Ma so che chi ama l’uomo, lo sappia o no, ama Dio”. Certe cose si fanno per amore… e basta. (Madre Teresa). Pronti tutti a sottoscrivere tanta verità. Ma… Accade nella Chiesa denunciava l’altro ieri Papa Francesco commentando Lc 18,35;43 – che i cristiani siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con i poveri e gli emarginati, isolandosi in un “microclima ecclesiastico” Il cieco di Gerico, un uomo che non contava nulla, ma che “aveva voglia di salvezza”. A quest’uomo si oppone la cerchia dei discepoli, che pretendono di zittirlo per evitare che disturbi e così facendo allontanano “il Signore da una periferia”. E questo succede con frequenza, fra noi credenti: ‘Ma noi siamo quelli che stanno col Signore’. E da tanto guardare al Signore non guardiamo le necessità del Signore che ha fame, che ha sete, che è in prigione, che è in ospedale, cioè dimenticare anche le periferie. Chiediamo al Signore la grazia che tutti noi mai entriamo in questo ‘microclima’ dei discepoli ecclesiastici, privilegiati (Omelia 17 nov. 2014).

“La tua fede ti ha salvato” diceva Gesù guarendo il cieco di Gerico, e noi: ciechi fin dalla nascita, non incontriamo Gesù che ci passa accanto con una comunità, ‘microclima ecclesiastico’, che ci impedisce d’avvicinarci a Lui, vivo e vero nell’emarginato.

Le due volte che ho voluto riscrivere e pubblicare la mia guarigione grazie ai ROM (1), ho sinceramente gridato: “Una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo” (Gv 9,25). E non mi stanco, anche se ripetitivo, che restiamo ciechi e guide di ciechi finché non puzziamo di pecore (parafrasando Papa Francesco).

 

 

 

 

 

Anche questa domenica, dopo l’annuncio: “Parola del Signore” ripeteremo senza scomporci: “Lode a te, o Cristo” senza prendere coscienza che appena fuori di chiesa la periferia continua ad attenderci. Eppure siamo avvertiti della crudele condanna alla nostra smarrita confessione: Signore, mai ti abbiamo visto affamato o assetato o … e non ti abbiamo assistito. Immagina! T’avessimo visto ci saremmo immediatamente precipitati nel soccorrerti e con tanta commozione!”.

C’è un canto brasiliano stupendo “Il suo nome è Gesù Cristo”. Proviamo a vedere se è vero o è solo tanto per cantare:

1. Il suo nome è Gesù Cristo, ha fame e grida con la bocca degli affamati, ma noi, quando lo vediamo, passiamo oltre talvolta per giungere in fretta in Chiesa. Il suo nome è Gesù Cristo, senza casa dorme sui marciapiedi, e noi quando lo vediamo affrettiamo il passo dicendo che dorme ubriaco.

 

  

R: È tra di noi, e non Lo conosciamo/ è tra di noi, e noi Lo disprezziamo!

 

 

 

 

 

 

2. Il suo nome è Gesù Cristo, analfabeta sottoccupato vive mendicando, e noi vedendolo diciamo: è vagabondo; meglio che lavorasse e non mendicasse. Il suo nome è Gesù Cristo, espulso dai circoli sociali e dalle chiese che hanno fatto di lui un re potente mentre lui vive con il povero. R: È tra di noi, e non Lo conosciamo…!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Il suo nome è Gesù Cristo, ammalato o vive dietro le sbarre del carcere, e noi di rado lo visitiamo, ben sapendo che è emarginato. Il suo nome è Gesù Cristo, assetato di un mondo di amore e di giustizia, ma, non appena s’impegna per la pace, la legge l’obbliga per la guerra. R: È tra di noi, e non Lo conosciamo…!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Il suo nome è Gesù Cristo, diffamato, vive tra immorali prostituti e molti lo cacciano via dalla città per la paura di stendergli la mano. Il suo nome è Gesù Cristo, è ogni uomo che vive in questo mondo o vuole poi vivere senza confini; vuole solo fare di noi tutti fratelli. R: È tra di noi, e non Lo conosciamo…!

 

 

 

 


“Zingaro mio fratello” 1986 – “Mi basta che tu mi vuoi bene” 2012 Ediz. Paoline