Festa di Tutti i Santi

Carissimi,

Tutti i Santi è addirittura la nostra festa, santi perché figli del Padre il Santo. Con  tanta gioia  vengo a festeggiarla con voi in preghiera con tanti Auguri per essere attenti e non deludere!

Preparando, però, la Parola mi sfuggiva che il 2 novembre quest’anno non viene celebrata la 31ª Domenica ma la Commemorazione dei Fedeli defunti. Rimedio fermandomi nella prima parte sul Vangelo di Matteo 5,1-12 proprio  di Tutti i Santi, mentre mi soffermo nella Riflessione della seconda parte perché mi ha offerto un esame molto concreto sulla difficoltà nel lasciarmi santificare dallo Spirito. Anch’io mi trovo facile preda “dell’ipocrisia che regna fra i super-devoti, in particolare: i farisei, i sacerdoti del tempio, gli scribi… È sconcertante vedere che, stigmatizzati duramente da Gesù nel Vangelo della 31ª Domenica (ricerca di onorificenze, ostentazione, ricerca di consenso da parte degli altri), cacciati dalla porta della Chiesa, siano rientrati dalla finestra” (Paolo Curtaz). Dal ‘carrierismo’ mi ha sempre liberato il buon Dio con mia meraviglia e gratitudine. Abbraccio fraterno e festoso.

 

Don Vincenzo

 

Mt 5,1-12: In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Bea ti i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».

 

Pe. Ermes Ronchi – Le nove beatitu­dini riaccendono la nostal­gia prepotente di un mondo fatto di bontà, di non violenza, di sin­cerità, di solidarietà. Un modo tutto diverso di essere uomini, amici del genere umano e al tempo stesso amici di Dio. Sedotti dall’eterno eppu­re innamorati di questo tempo difficile e confuso: sono i santi.

Beati i miti perché erediteranno la terra, sol­tanto chi ha il cuore in pace ga­rantisce il futuro della terra.

Nelle nostre famiglie come nella storia profonda del mondo: chi ha il cuore più limpido indica la stra­da, chi ha molto pianto vede più lontano, chi è più misericordioso aiuta tutti a ricominciare.

Nelle beati­tudini la regola della santità. Evocano vicende di tutti i giorni, fatiche, speranze, lacrime: nostro pa­ne quotidiano. Fra quelle nove parole ce n’è una proclamata e scritta per me, che devo indivi­duare e realizzare, che con­tiene la mia missione nel mondo e la mia felicità, per un mondo che ha bisogno

di storie del bene che contrastino le storie del male, di cuori puri e liberi che si occupino della felicità di qualcu­no. E Dio si occuperà della loro: «Beati voi!».

 

Don Marco Pedron – La vita è un dono da donare. Perché amare è creare: dare qualcosa di noi che fa nascere qualcos’altro. E’ solamente qui che nasce la gioia più vera, divina: vedere che il nostro amore (dare) fa nascere altra vita. Allora ci si sente realizzati e fecondi. Le beatitudini infatti sono una proposta di felicità: “Vuoi essere felice? Vivi così”. Per il mondo felicità è avere, ma per Gesù felicità è essere. Per il mondo felicità è avere cose, titoli, possedimenti, fama, gloria; per Gesù è avere relazioni vere. Per il mondo felicità è possedere; per Gesù felicità è essere liberi. Per il mondo la felicità è fuori di te: “Se avrò quella cosa; se avrò quella persona; quando sarò così, ecc”. Per Gesù è dentro di te: “Se ti libererai dai tuoi demoni… mostri, se sarai trasparente, ti conoscerai”.

Le beatitudini dicono: “Vuoi essere veramente felice, vivo?”. “Vivi così!”.

Pensiero della Settimana: Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni.

 


Paolo Curtaz  Oggi la Chiesa celebra in un’unica festa la santità che Dio riversa sugli uomini che confidano in lui. Che bello diventare santi! perché diventare santi significa realizzare il progetto di bene che Dio ha su di noi, diventare il capolavoro che egli ha pensato. Dio si fida di noi, sa che ciò che siamo è un seme che può diventare un albero che porta frutto. Crede in noi e ci offre tutti gli elementi per diventare santi come egli è il Santo. Dio solo è Santo, ma desidera condividere questa santità con noi, desidera farla crescere perché, di grazia in grazia, lasciamo emergere l’uomo nuovo che siamo. La santità, come direbbe la grande santa Teresina, non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie! Lasciamo, oggi, che sia la parte più autentica di noi a prevalere, a crescere, a prendere il comando nelle nostre vite. E chiediamo ai santi, quelli che sono sul calendario e i tantissimi altri che affollano il Regno, di aiutarci a credere, di sostenerci nella speranza, di insegnarci ad amare come loro hanno saputo fare.

 
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Parola e vita«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei… Non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno… Amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze…». Almeno per i saluti nelle piazze, e non solo, è ancora vero, ma per quanto ancora? Il mio simpatico amico, camminando insieme per strada e scherzando, mi fa notare come tutti mi salutano mentre a lui nemmeno …niente. Come se non ci fosse. La stima che ancora circonda noi sacerdoti non va, certo, cercata (ci dice il Vangelo odierno), ma attenti all’ipocrisia molto facile per chi viene posto sul candelabro: essere all’altezza del proprio ruolo da mostrare (non …essere!) anche nel comportamento – ci veniva ammonito. Se questo capita, la nostra ipocrisia ci viene poi facilmente ricambiata dall’ipocrisia di chi finge un rispetto solo formale.

Mi ricopre di responsabilità, invece, la testimonianza di chi mi fa osservare che nel parlare sono credibile perché espressione di vita. Cosciente che quanto avvenuto in me è opera soltanto della bontà misericordiosa del buon Padre che, conoscendo la mia fragilità, si è sempre premurato a dirottarmi ogniqualvolta correvo pericolo di scivolare nel carrierismo, con convinzione ripeto: se sono quel che sono è per colpa, tra l’altro, degli Zingari, del Brasile. Il pericolo reale, però, l’ho riscontrato in me sempre presente riapparendo e allettandomi in ogni occasione. Unico vaccino efficace in tutti e contro tutto è la fede. Sulla Parola del Signore assicuro i sempre increduli della capacità di spostare il monte da qui in là (Mt 17,20), e persino di sradicare e trapiantare il gelso nel mare (Lc 17,6) se di fede ne abbiamo anche un briciolo come un granellino quasi invisibile di senape. Mi è facile avvertire che Gesù parlava di monte, di gelso ben vistoso di orgoglio con radici profonde nel cuore, altrimenti sarebbe inutile e sciocco spostare il monte o il gelso dal posto dove è bene che stiano. Occorre però fede, quella vera che abbatte ogni idolo e rende possibile anche l’impossibile (Mt 19,26). Ma che sia fede, anche un granellino a imitazione di Abramo, nostro Padre, pronto sempre senza ‘se’, senza ‘ma’, solo: «Eccomi» (Gen 22,1; 22,11) a ogni chiamata di Dio, partendo senza sapere dove andava (Ebrei 11,8), anche quando gli veniva richiesto il sacrificio di ogni promessa.

“Dio o è tutto o è niente!” mi sottolinea sempre dom Franco Mosconi, monaco camaldolese. Un tutto che ti spalanca il cuore a dismisura liberandoti da qualsiasi pericolo. L’essermi fatto nomade tra i Rom, il condividere la vita con tossicodipendenti, fidei donum in Brasile, tutto contribuiva nel creare in me il piedistallo per l’idolo: il prete degli Zingari, il prete degli emarginati, il prete… E così alla fine “Si! – assicuravo il Vescovo – torno ultraottantenne in Italia a fare che?”: prete e basta, senza alcun titolo. Sei ‘luce’, sei ‘sale’, ci dice Gesù, stai attento a non perdere il sapore altrimenti “a null’altro servi che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini (Mt 5,13).

Nel Testamento di Francesco si legge: “Nessuno mi ha insegnato come dovevo vivere: né la chiesa, né i sacerdoti, né i teologi. E’ stato Dio stesso a rivelarmelo. E mi ha rivelato che dovevo lasciare il mondo e andare in mezzo ai lebbrosi” (Pedron). Per fede Abramo, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità (Eb 11,8).

 

E in Abramo siamo anche noi figli della promessa, per fede, anche se solo un briciolo, da non smentire con il vivere quotidiano.