III Domenica di Avvento

Carissimi, 

in cammino verso Betlemme e contemplare il mistero di Dio per niente stanco o deluso nel farsi uno di noi, Emmanuele, rendiamo dritta la strada scoprendo sempre meglio “chi siamo?” per permettere che Dio suoni la sua sinfonia.  

Cordialmente. 


Don Vincenzo


Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28) 

 “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando”. 


Don Marco Pedron – Chi sei e chi non sei. Il Battista in Gv è semplicemente uno strumento che dice: “Non guardate me, guardate più in là, guardate oltre me, guardate ciò che sta dentro me”. Gv Bt sente che sta arrivando qualcosa, ma non sa cosa. Attendere vuol dire aspettarsi qualcosa di nuovo, di diverso, di non solito. Ma devi rimanere sorpreso perché se conosci già tutto, se tutto è già scritto, che Natale è? Che avvento è? Prepararsi vuol dire: “Acconsenti che ti succeda qualcosa di cui non puoi disporre, che non puoi controllare, che non puoi gestire. Permetti che la vita ti faccia delle sorprese”.

Se Dio non ti sorprende, non è Dio. Se Dio non ti spiazza, non è Dio. Dio è molto di più negli imprevisti

Nel vangelo c’è una grande domanda: che fanno a Giovanni Battista: “Chi sei tu?”. “Chi sono io?”.

Molte persone si sono vestite di un ruolo e adesso vivono sempre e solo quello. Ma la grande domanda rimane: “Al di là di tutti i ruoli e i vestiti, chi sono io?”. Cos’è che mi fa diverso da tutti? Cos’è che mi rende insostituibile, unico? Se sei uguale agli altri allora la tua vita non ha senso. Quando ci dicono: “Sei proprio strano, sei diverso da tutti”, noi ci offendiamo, lo sentiamo come un insulto. E invece dovremmo rallegrarci: per fortuna!

C’era un maestro che spiegava agli alunni le invenzioni moderne. “Chi di voi è in grado di nominare qualcosa che non esisteva fino a cinquant’anni fa?”, chiese ad un certo punto. Un bambino vivace seduto in prima fila alzò subito la mano. “Sì, dimmi”, disse il maestro. “Io, signor maestro”.

Giovanni Battista inizia a dire cosa innanzitutto non è. E’ importante rifiutare tutti i ruoli che gli altri ci appiccicano addosso. La prima verità della vita è disidentificarsi: “Io sono io, non sono te e nessun altro”.

E’ l’inizio della libertà.

Battista, è non voler essere come gli altri: “No, io non sono questo!”. “Io sono io; io sono diverso; io sono Giovanni il Battista, non sono Elia, né il Cristo né un Profeta”.

L’adolescenza è un’età vitale dal punto di vista dell’anima. Il dramma è che poi spesso vanno a prendersi altre maschere; infatti, sono quasi tutti con-formisti, alla moda, vogliono essere di tutto fuorché se stessi.

Se iniziamo a toglierci ciò che non è nostro piano piano emergerà chi siamo. E ne varrà la pena!

Poi Giovanni Battista dice chi è: “Io sono voce di uno che grida: Preparate la strada”. Lui è un profeta (ruolo) ma Giovanni ha trovato chi è (missione): “Lui è voce”. Giovanni Battista ha trovato il motivo per cui vivere, per cui è stato creato, ciò che dà senso alla sua vita.

Gv Bt è voce, cioè, strumento. “Dai voce a ciò che hai dentro!”. “Certo, se non ti ascolti mai, è difficile!”.

L’uomo è chiamato a testimoniare l’invisibile, il di più che si porta dentro. Questo è il primo servizio che dobbiamo a Dio. Essere strumenti vuol dire proprio questo: permettere che Dio scelga, utilizzi me, come un violino, per suonare la sua sinfonia. Non sono io che suono. E’ Lui che suona in me. Il soggetto è Dio.

Poi il compito di Giovanni Battista è dire: “Lui è qui. Aprite gli occhi”. Ma non fu ascoltato! Nel vangelo c’è una frase forte: “In mezzo a voi sta uno che voi proprio non volete conoscere”. Chi non vuol credere non crederà. Se tu hai deciso che non vuoi metterti in gioco, la vita non avrà più niente da insegnarti.

Se non vuoi credere, convertirti, cambiare, neppure se scendesse Dio (è già venuto!) lo faresti.

E quest’anno, noi lo riconosceremo? Gli crederemo?


Pe. Ermes Ronchi – Chiamati a essere testimoni di luce. Ad ogni credente è affidato il ministero profetico del Battista, quello di essere testimone di speranza di un Dio sconosciuto e inna­morato che è in mezzo a noi, mi co­pre col suo manto dice Isaia, e farà germogliare una pri­mavera di giustizia, una pri­mavera che credevamo im­possibile. “Io sono Voce”. Egli trova la sua i­dentità in rapporto a Dio: trasparen­za di qualcosa che viene da oltre, eco di parole che ven­gono da prima di me, che sa­ranno dopo di me.

Chi sei tu? È rivolta anche a noi questa domanda decisi­va. E la risposta è come in Giovanni, nello sfrondare da apparenze e illusioni la no­stra vita. Io non sono il mio ruolo o la mia immagine. La mia i­dentità ultima è Dio. Anch’io sono un uo­mo mandato da Dio, anch’io testimone di luce, ognuno un profeta dove si conden­sa una sillaba del Verbo. Voi sie­te luce! Luce del mondo.


Wilma Chasseur – Rallegrarci: perché mai? La risposta è triplice e si trova in tutte e tre le letture.

Ma la ragione suprema per cui rallegrarci ci viene dal Vangelo. Lo Spirito di Dio è una forza travolgente che può disperdere in un attimo tutte le nostre tristezze e angustie e può renderci nuovi fiammanti, dentro e fuori. Ho constatato che ognuno nasce con un capitale di energie, entusiasmo e slancio che, finché va tutto bene, rimane pressoché intatto, ma quando iniziano le avversità (prove, malattie, incomprensioni), queste inevitabilmente intaccano e riducono quel capitale iniziale fino ad esaurirlo in certi casi.

Allora, che fare in questi casi? Occorre attingerla da una fonte segreta e inesauribile che è dentro di noi = la gioia di Dio che abita i nostri cuori. E Dio farà il resto!

Comunque vadano le cose!


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Parola e vita  “a quanti mi domandano ragione della speranza” (1Pt 3,15) che è in me.

“Giovanni Battista ha trovato il motivo per cui vivere, per cui è stato creato, ciò che dà senso alla sua vita. Il ruolo di Madre Teresa era essere suora; la sua missione “essere matita nella mani di Dio”. Etty Hillesum era un’ebrea, deportata (ruolo); ma la sua missione era di essere un “balsamo per molte ferite”. Teresa di Gesù era suora (ruolo), ma la sua missione era quella di essere, nella chiesa, l’amore. Francesco era un laico, monaco (ruolo), ma la sua missione era quella di essere “il pazzo di Dio”.

Da piccolo seminarista, lettore appassionato del Piccolo Missionario desideravo essere Comboniano missionario in Africa. Parroco tra i contadini della Riforma Agraria mi ritenevo soddisfatto di essere pastore tra famiglie umili a imitazione del Santo Curato d’Ars. Incontrando i ‘Bambini Gesù’, i piccoli ospiti dell’ospedale ortopedico per TBC assistito spiritualmente dai Camilliani, avrei voluto essere al servizio degli ammalati. Tra orfani e minori in difficoltà mi lamentavo di non aver incontrato qualche salesiano che mi avesse dirottato tra i seguaci di San Giovanni Bosco. Condividendo la vita dei Rom ai margini delle città cercai come entrare dai Piccoli fratelli di De Foucold… Alla fine, togliendo ciò che non era mio, piano piano è emerso chi ero chiamato a essere. E ne valse la pena tanto da compiacermi di non essere né Comboniano, né Camilliano, né Salesiano, né…, scoprivo così la mia missione: solo prete senza titoli al servizio non solo di qualche fascia di umanità, ma di quanti incontravo lungo la strada: ammalati, orfani o diversamente abili, emarginati, Sem terra brasiliani…

E mi sentivo non umiliato ma persino orgoglioso quando mi si riteneva un insoddisfatto incapace di stare fermo in un posto, oppure, inevitabile anche per me quello che vedevo accadere a qualche confratello nomade più di me, essere reputato un prete originale dalle esperienze più stravagante. Ora, quasi alla fine del mio nomadismo, sono felicissimo d’avere vissuto la mia missione così come è andata avanti senza l’etichetta che, di volta in volta, mi veniva affibbiata: prete dei poveri, prete degli zingari, prete Fidei donum, ora soltanto prete e nemmeno originale perché c’è stato e c’è chi è molto più stravagante di me. E chi più di Giovanni Battista …se non Gesù!

Il cammino d’Avvento ci dia luce e gioia di scoprire sempre meglio “chi sono?” per permettere che Dio scelga, utilizzi me, come un violino, per suonare la sua sinfonia.