XIX Domenica del Tempo Ordinario

 

Carissimi, 

la catechesi di Gesù su una esigenza indispensabile per la stessa vita, viene proposta, e lunga­mente, proprio in questo tempo di ferie e di distrazioni. Non desistiamo, però, di implorare da Gesù, Pane di Vita, di darci fame di questo Pane. E troviamo il modo come ubbidire all’invio di Gesù: «Uscite subito per le piazze e per le vie della città e conducete qui poveri, storpi, ciechi e zoppi» (Lc 14,21) fuori da tanto tempo.  Don Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,41-51)

Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

 

padre Ermes Ronchi – Quel pane vivo disceso dal cielo. Il verbo di questo Vangelo è «mangiare».

Mangiare è questione di vita o di morte. Avere Dio dentro, che mi trasforma in Lui. Dio in me: il mio cuore lo as­sorbe, Lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Mangiare il pa­ne di Dio è nutrirsi di Cri­sto e di Vangelo. «Io non sono ancora e mai il Cri­sto, ma io sono questa infinita possibilità» (Turoldo).

 

don Marco Pedron – La realtà non si cambia, la realtà si vive. Gesù parlava del “pane disceso dal cielo” e i Giudei non potevano accettare che quell’uomo venisse dall’alto. Quando protesti, chiediti sem­pre: “Cosa dovrei accettare ma non riesco?”. La realtà non si cambia, la realtà si vive. La realtà è che al­tri sono più di te, e tu dici di accettarti ma vorresti essere come loro. La realtà è che siamo importanti ma che la vita va avanti anche senza di noi. E noi, invece, vorremmo essere gli unici, essere ricordati nel cuo­re delle persone e anche nei libri di storia. La realtà è che tutto inizia e che tutto finisce perché tutto evol­ve. Pensi di essere tu ad agire, pensi di essere tu a scegliere. E, invece, ti ritrovi ad essere bisognoso, ti ri­trovi ad elemosinare amore in mille e mille modi mascherati. E’ la realtà. La realtà è quella che è.

Anch’io contribuisco a formarla e a crearla, ma lei è molto più grande e molto più saggia di me. Ho la pretesa di cambiare la realtà mentre devo vivere la resa alla realtà. La realtà, Dio, la Vita, è più grande di noi; e fede, fiducia, significa accettarla, accoglierla, fidarsi di ciò che ci fa incontrare e lasciarsi portare. Forse tutto ha un senso anche se noi non lo capiamo. Qualunque cosa ti propone la realtà, accetta­la.

Un detto cinese dice: “Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda solo il dito”. Se i Giudei avessero ac­cettato quella realtà “pazza” (Gesù si definiva come veniente da Dio) si sarebbero salvati dal buio!

Per loro Gesù non può che essere il figlio di Giuseppe; Gesù dirà: “Siete ciechi… Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo… e se non cambierete modo di ve­dere morirete nei vostri peccati” (Gv 8,23-24). Se tu non sai andare oltre, cioè dietro ciò che sembra, al­lora tu hai decretato la morte della tua anima.

La domanda che Gesù pone è: “Che cosa nutre veramente?”. La grande fame è d’amore. Sono bisognoso d’amore. La grande domanda che attanaglia tutti noi è: “Perché vivo?”.

La grande fame è donarsi. Allora sì che si sopravvive.

 

Pensiero della Settimana: Perché abbiamo così tanto e siamo infelici?

 

Paolo Curtaz – Pane che sazia. Col suo gesto egli voleva invitare i discepoli a mettersi in gioco, a dare del proprio di fronte ai problemi; la gente ha capito, al contrario, che Dio avrebbe definitivamente risolto le loro difficoltà. Gesù pretende di essere l’unico in grado di saziare la nostra fame del cuore, fame che non può essere saziata dal fare ma dal credere che Gesù è l’inviato dal Padre.

Tutti abbiamo un’idea di Dio: un Dio potente, glorioso. Gesù il Nazareno, invece, sconcerta per la sua normalità. Così è Dio, sempre diverso da come ce lo aspetteremmo. Vogliamo i miracoli, ed egli si na­sconde nella quotidianità, chiediamo di non soffrire, ed egli soffre con noi, lo accusiamo del dolore dell’innocente, ed egli ci chiede di sollevarlo, quel dolore.

Quale Dio? Gesù parla di Dio con verità perché lui è la presenza stessa di Dio. Per me avere abbracciato il Vangelo, essermi arreso a Dio, ha coinciso con una vita nuova che continua, ha visioni di profondità e di amore impensabili. Diventare persone nuove, come dice Paolo nella seconda lettura, persone che imitano Gesù, che scelgono radicalmente il dono di sé nell’equilibrio e nella gioia. In questo percorso ci dona un cibo per sostenerci, che ci aiuta ad attraversare il deserto, che ci sazia il cuore.

Le nostre messe diventino stazioni di servizio sulla strada verso il regno.

 

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Parola e Vita. «Signore, dacci sempre questo pane». È il facile equivoco: in massa alla ricerca del miracolo che sazia una vita destinata a finire. «In verità, in verità vi dico – rispose Gesù – voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete sa­ziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,26-37). In quel tempo una grande folle seguiva Gesù vedendo i segni che faceva (6,2). Oggi la grande folla corre, anche con il grande caldo, ad ascoltare Papa France­sco per la semplicità evangelica del suo essere e parlare, ma nelle nostre chiese manca abitual­mente la grande folla. Masse incalcolabili di giovani, d’altronde, la notte della domenica si preci­pitano nei night club affamati di pane che perisce e che fa perire fino a estasiarsi con ecstasy,  mentre disertano volentieri il Banchetto che offre il Pane, quello che dura per la vita eterna. Ep­pure, forse per motivi di costume cristiano, in maggioranza sono battezzati, frequentano anche corsi di Iniziazione di ‘dottrina cristiana’ più che di vita cristi-ana, di vita pervasa di Cristo vivo, ma non vedono segni che manifestino e facciano sperimentare la presenza appassionata del Figlio dell’uomo desideroso di dare il vero Pane disceso dal cielo.

«Che cosa dobbiamo fare – s’interrogava la gente – per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose: Questa è l’opera di Dio, credere in colui che egli ha mandato». “Credere”. Credere non a una dot­trina, più o meno convincente, ma credere, fidarsi e affidarsi a Cristo che rivela il volto vero di Dio, Uno che sa soltanto amare appassionatamente, costantemente. E sentire che con lo stesso amore avvolge ogni creatura senza alcuna esclusione. Appassionatamente convinto, aiutato, tra l’altro e non solo, da pe. Ronchi, don Pedron… che continuo a citare in modo stringato i lunghi commenti[1], ritorno alla mia insistente provocazione: finché in tanti partecipano a un momento di Celebrazione Eucaristica, anche se occasionalmente per un Battesimo o una Esequie o altro an­cora, facciamo in modo che sia davvero ciò per cui è stato istituito: Banchetto dell’Agnello che toglie il peccato del mondo offerto a tutti. In modo particolarissimo accogliamo con sentita tene­rezza quelli che provvidenzialmente entrano in chiesa, e annunziamo loro nei modi possibili il Vangelo: “Gesù ancora oggi torna a sedersi e mangia a tavola con tutti: nessuno si deve sentire escluso, né occorre essere puri e neppure è necessario lavarsi le mani. Sei peccatore? Vieni a ta­vola! Sei impuro? Vieni a mangiare! Sei fuori dalla religione? Siediti con noi! Per quanto tu ti sen­ta sporco, indegno, fallito o per quanto tu abbia sbagliato, rinnegato il Signore, Lui viene per te. Lui viene per amarti, Lui viene proprio perché tu hai bisogno del suo amore!”. Ma c’è di più, Gesù dice: “Guardate che Dio è così. Dio non vuole un banchetto di brava gente; Dio vuole un banchet­to dove ci siano tutti: “Misericordia io voglio e non sacrificio, giudizio o esclusione” (Pedron). Per molto tempo, purtroppo, abbiamo annunziato un non Vangelo = la non Bella Notizia: “Non ‘mangi’ chi non viene a Messa la domenica! Oppure chi non….” escludendo proprio quelli più in-fermi e con radicata inappetenza di cibo spirituale. Come sarebbe meglio, invece, aiutarli ad av­vertire la sconvolgente tenerezza del buon Papà che è corso incontro proprio a quelli che ha vi­sto arrivare dopo lunga attesa, e, questa volta a differenza del figliol prodigo, senza avere nem­meno fame, sazi fin troppo dell’altro pane. Diamo loro la gioia del Padre che li riveste dell’abito battesimale accompagnandoli al Banchetto da figli prediletti. Potrebbe avvenire ancora quanto successo nella sinagoga in Nazareth dopo l’insegnamento di Gesù: «E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità» (Mt 13, 58) perché di fede, forse, ce n’è come uno stoppino fumigan­te (Mt 12,20), se non proprio sotterrata dopo la festa dei Sacramenti. Intanto è stato annunziato il Vangelo e presentato il vero volto del Padre capace di smuovere dalla saccenteria dell’auto suf­ficienza propria dei figli sazi. In circostanze diverse cercheremo poi di fare sperimentare la festa dell’abbraccio del Padre nel sacramento della Riconciliazione liberato dall’incubo di un processo. Con Dio, come con l’abbraccio di ogni papà, la festa continua.

Credere perché sperimentato: Cristo non è una dottrina che poi si dimentica, ma l’incontro con una Persona viva oggi come sempre. Dopo ogni incontro niente è come prima. Se questo è legge fisica, quanto più sotto l’azione dello Spirito!

 

 

[1] http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php