XV Domenica del Tempo Ordinario

 Carissimi, dopo alcune settimane di qua e di là tra luoghi del mio nomadismo o in preghiera, rieccomi in casa. Di don Marco non sono riuscito a sintetizzarlo più di tanto: sono pagine e pagine stupende di esperienze vive che non posso riscrivere. Sta a voi, volendo, riprenderle. Sempre in cordata.

 

Don Vincenzo

 

Marco 6,7-13: Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro». E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

 

padre Ermes Ronchi – A due a due per annunciare la luce. Partono i discepoli a due a due. Perché, se è solo, l’uomo è portato a dubitare perfino di se stesso. Partono forti di una pa­rola e di un amico: “Ordinò lo­ro di non prendere nient’altro che un bastone”. Solo un bastone a sorreggere il passo e un amico a sorreggere il cuo­re. «Bagaglio leggero impone il viaggio e cuore fi­ducioso. Domani non so se qualcuno aprirà la porta ma confido nel tesoro d’amore disseminato per strade e città, mani e sorrisi che apro­no case e ristorano cuori…» (M. Marcolini). Invece le cose, il denaro, i mezzi, lun­go i secoli hanno spento la creatività della Chiesa. L’annunciatore deve essere infinitamente piccolo, solo così l’annuncio sarà infinitamen­te grande. Ecco il punto di appro­do: la casa, il luogo dove la vi­ta nasce ed è più vera, E non deprimetevi per una sconfitta. All’angolo di ogni strada germoglia l’infinito.

 

don Marco Pedron – Vuoi seguirmi?. Gesù manda i Dodici a fare ciò che lui stesso ha fatto. Lo ascoltavano e imparavano da lui, presi dalla passione di questo uomo che rivoluzionerà la loro vita. Quasi tutti erano gente “lontana”, “pecore senza pastore” (6,34) e dice: “Voi che nessuno vi vuole, venite da me!”. “Non vali per nessuno?”. “Per me sì!”. Alzati, cammina, prendi il tuo lettuccio e vivi la vita e la tua strada con le tue gambe; tu puoi tornare ad amare; tu non sei morto”.

Gesù non ha categorie sociali preferite, sceglie e lo possono seguire solo persone disponibili che si lasciano mettere in gioco e sconvolgere. E’ per questo che non vi sono personaggi del potere religioso o politico che lo seguono. Gesù è radicale: o tutto o niente.

Gesù chiedeva due cose: la prima, di lasciare la propria casa. Lasciare la casa fisica e la casa mentale (i modelli, le idee, le credenze della famiglia, i genitori affettivi e interni). Per Gesù la famiglia non è la cosa più importante. Vi è qualcosa di più importante: il regno di Dio, Se l’approvazione dei tuoi genitori, del tuo capo, dei tuoi parrocchiani… è più importante della libertà, della verità e del seguire la tua strada, allora non puoi seguire Gesù. Preparati quindi a deluderli, ad essere rifiutato perché non secondo le loro aspettative. Dev’essere così!

La seconda, La decisione: “Seguimi!”. Cioè: c’è qualcosa che “ti prende”, seguila, senza fare domande, senza voler assicurazioni, previsioni o garanzie sul futuro. I discepoli erano degli innamorati perché solo gli innamorati o i pazzi potevano operare scelte simili: Lui era tenero con i piccoli e i derelitti; Lui non aveva paura di toccare i lebbrosi e le donne; Lui era tenace e irremovibile quando c’era da difendere la dignità delle persone; Lui era appassionato della verità, se ne infischiava delle regole stupide o disumane e se c’era da trasgredire lo faceva senza tanti sensi di colpa; Lui si schierava e non temeva di prendere posizione quando c’era da farlo. Tutto questo fu chiamato “buona novella”, cioè vangelo.

Gesù voleva che i discepoli vivessero così, da innamorati, da infuocati, bruciando d’amore e di vita, perennemente nell’insicurezza, nel rifiuto e nel pericolo continuo di morte. Si segue Gesù perché ti fa affrontare e vincere le tue paure, perché ti senti veramente te stesso, perché dà senso alla tua vita.

Poi Gesù li invia. Gesù li pensa come dei “pescatori di uomini” (1,17): gli uomini pieni di paura, in balia dell’odio, come dei pesci che vengono salvati per poter ritrovare il vero volto aldilà delle deformazioni e del potere del Male.

La domanda è ovvia: la chiesa è guaritrice? è un balsamo per i cuori feriti degli uomini? Perché la chiesa è nata per questo e se perde il suo centro, la motivazione per cui Lui l’ha voluta, non è più chiesa di Gesù.

Gesù dà loro delle istruzioni che indicano uno stile diverso, nuovo. Non pane, non…  : cioè non dovevano essere autosufficienti, ma dovevano accettare l’aiuto. Ma anche essere accolti, essere poveri, essere vulnerabili, perché solo quando sei dall’altra parte allora sai, conosci, comprendi, le cose.

Niente bastone per difendersi dagli aggressori. Persone di pace, non violente e non aggressive. Il vangelo non è imposizione è solo una proposta di pace.

 Scuotere la polvere di sotto i piedi: “Avete detto di no: noi accettiamo il vostro no e voi prendetevi le conseguenze”. La domanda di allora è la domanda di oggi: 

“Vuoi seguirmi?”. Non è questione di andare in paradiso, di essere bravi. E’ una  possibilità, una proposta.

 

Pensiero della Settimana: Quando la Vita chiama da qualche parte c’è un’unica risposta: “Sì”

 

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Parola e Vita. Ho vissuto nei giorni scorsi una esperienza che mi ha coinvolto. Matteo, un sinto che avevo conosciuto ragazzino molti anni addietro in una situazione drammatica di famiglia, mi aveva chiesto d’incontrarmi in qualche suo viaggio pastorale nel Sud per rivivere un momento di accoglienza indimenticabile. Nei primi anni ’90 la mamma con i figli erano dovuti scappare via da un padre spessissimo ubriaco e violento con tutti. Le Piccole sorelle, che condividevano la vita nomade con loro, l’indirizzarono presso la mia comunità in San Basilio (TA). Dopo alcuni mesi, dietro l’insistenza del marito, risalgono al Nord. Con la Comunità d’accoglienza ci eravamo da poco stabiliti su Monte Sant’Elia, ed ecco riapparire nuovamente madre e figli per la solita vita impossibile: il sinto irrimediabilmente violento. Mentre condividono con gioia la vita della Comunità, da San Basilio ci mettono in avviso dello zingaro apparso ripetutamente in cerca della famiglia. Giocoforza obbligare madre e figli a starsene nascosti nel grande bosco mentre avremmo assicurato il papà che la famiglia era andata via non si sa dove. Da noi ancora per alcuni mesi e… si rassegnano a tornare. Poco tempo dopo la svolta: il papà, convertito al Vangelo da Pastori zingari della Chiesa Evangelica, era completamente diverso. Qualche rara telefonata della mamma in una situazione rappacificata, ed ecco che il giovane Matteo desidera incontrarmi anche per condividere la gioia del suo cammino come candidato Pastore. Non più nel Campo Nomadi della grande città, li ho incontrati la settimana scorsa nel podere comprato dove hanno sistemato i loro prefabbricati, tutti sposati con figli. Meraviglia: con il papà solo un lontano ricordo delle peripezie su e giù dal Nord per rintracciarci… e, in seguito, come per San Paolo sulla via di Damasco, l’incontro stupendo con Gesù: parla, quasi incredulo lui stesso, dello stravolgente avvenuto dopo quell’incontro! Per una vita più serena e anche laboriosa, si sono allontanati, ma solo fisicamente, dal gruppo: i cugini, mi dice Matteo, meravigliati, ci ritengono sbalestrati di testa.

Capite l’attualità dell’esperienza con il Vangelo di questa domenica: Mandati a predicare il vangelo ad ogni creatura (Marco 16,15) scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano. La forza del Vangelo, della Bella Notizia di Dio che gratuitamente ci ama fin da quando eravamo peccatori (Rom 5,8) opera guarigioni senza confini di religioni o popoli.

A differenza del mio servizio da navigatore solitario, anche se non sterile, la Chiesa Pentecostale da anni si è resa nomade con diversi Pastori ‘zingari’. Alla mia frequente suggestione tra amici: “Ho testimoniato e pubblicato per due volte la mia vita tra i Rom per suscitare soprattutto la necessità irrinunciabile di un servizio pastorale”, inevitabilmente mi sento aggredito: “…sono tutti ladri!… Stanne certo lo sono nella stragrande maggioranza”.  Se ‘ladri’ lo sono dovrebbe essere motivo di maggiore nostra attenzione. O, forse, già da tanto la nostra evangelizzazione più che esperienza del Risorto, è diventata Corso di Dottrina cristiana a quanti sono nel gregge!. Consacrassimo almeno l’1% del nostro tempo al 99% che non ci cerca! Una volta da noi c’era l’incontro con le famiglie per la Benedizione Pasquale, nei più quasi dimenticata. Eppure siamo tutti invitati a una Nuova Evangelizzazione… oggetto di suggestive discussioni pastorali, senza muovere i piedi.

 

Ben venga la sottolineatura di Paolo Curtaz: «Come Amos, ognuno di noi è strappato alla sua quotidianità per diventare profeta. Siamo mandati a preparare la venuta del Signore, attraverso la nostra esperienza». E Gesù stesso ne sottolinea le condizioni: «Comunione “a due a due”. Convivenza, fatta per amore al Vangelo. Essenzialità. La Chiesa vive in relazione e in funzione del suo Maestro e Signore, attenta a occuparsi del compito affidatole: costruire il Regno in attesa del ritorno del Risorto. Dimorare: Gesù chiede di stare, di vivere con, di appartenere a questo mondo, fecondandolo e facendolo crescere come fa il lievito con la pasta».

«Chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due. E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano» …ancora oggi.