XX Domenica TO

 20ª Domenica T.O. 17 agosto 2014

 

Sorelle e fratelli carissimi, eccomi fedele all’appuntamento settimanale. Spero di non trovare il cuore chiuso per ferie. Anzi approfitto per chiedervi di accompagnarmi in Jugoslavia, fuori dalle città, meglio tra i monti del Montenegro, a Župa da mamma Pašana. Respirerete aria non inquinata, né rumori assordanti. A me fa tanto bene, ne farà anche a voi. Vi aspetto. 

 

Vincenzo prete.

 

Mt 15,21-28: Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola… Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

 

Ermes Ronchi   –La grande fede della donna delle briciole. Gesù, uomo di incontri. Incontri che trasformano. La convinzione assoluta di quella donna che tutti, anche i pagani sono amati, per Dio non esistono figli e no. È l’umiltà di chi va in cerca solo di briciole.

“Donna, grande è la tua fede!” Invoca altri dei, Baal e Astarte, ma per Gesù è donna di grande fede. Non si arrende ai silenzi di Gesù. Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che professano. Il diritto supremo davanti a Dio è dato dalla sofferenza e dal bisogno, non dalla razza o dalla religione.

In Gesù si modificano l’ampiezza della sua missione e il volto del Padre. Una donna pagana «converte» Gesù; lo porta ad accogliere come figli i cagnolini di Tiro e di Sidone, lo apre ad una dimensione universale. Tu sei pastore del dolore del mondo. Gesù cammina e cresce nella fede, imparando qualcosa su Dio e sull’uomo dall’amore e dall’intelligenza di una madre straniera. Da un dialogo fra stranieri prima brusco e poi rasserenante, emerge un sogno: una casa dove nessuno, neppure i cuccioli, ha più fame. Dove non ci sono noi e gli altri, uomini e no, ma solo figli e fame da saziare. Dove ognuno, come Gesù, impara da ognuno. Sogno che abita Dio e ogni cuore buono.

 

Paolo Curtaz –  Cani e guru. Lo straniero ci inquieta, ci scomoda, ci preoccupa, ci inquieta. Ha abitudini diverse dalla nostra. Come Israele che si considerava un popolo eletto, scelto da Dio in mezzo agli altri popoli. Ma questa particolarità, si era trasformata in Israele in una chiusura ossessiva: nessuna alleanza con altri popoli era possibile. Fu l’esilio in Babilonia a cambiare prospettiva. Anche ai tempi di Gesù la situazione era simile. I primi cristiani dovettero litigare non poco per capire quale fosse la volontà di Gesù. Il confronto fu aspro ma, grazie allo Spirito, alla cocciutaggine di san Paolo e al buon senso, si capì che il cristianesimo era rivolto all’intera umanità.
Gesù tratta duramente una donna cananea. Eppure alla risposta della cananea Gesù si scioglie, le rivolge un complimento che mai aveva rivolto ad un israelita! È grande la sua fede, grande perché ha superato la prova. È come noi, la cananea. Non le importa molto di chi sia Gesù, di cosa faccia, di cosa parli. Ha un grave problema e Gesù, dicono, potrebbe risolverlo. Come facciamo noi quando, tiepidi e scostanti, ci troviamo di fronte ad un grave problema e, subito, diventiamo fervorosi: sgraniamo rosari, promettiamo pellegrinaggi, accendiamo ceri votivi per convincere la distratta divinità ad occuparsi di noi. Ed è lì, in quel momento, che Dio tace. Io mi sarei offeso, me ne sarei andato maledicendo quell’arrogante profeta. La donna no, riflette. È proprio un cane nel chiedere un favore senza farsi mai vedere. Ha ragione, il Maestro. Ma a volte anche i cani possono leccare le briciole che cadono dalla tavola dei figli. Sorride, ora, Gesù. Questa donna ha capito. La Parola di oggi ci insegna che Dio vuole dei figli, dei discepoli, non dei devoti che ricorrono a lui solo quando sono in difficoltà! Il nostro Dio non è un potente guru da blandire, ma un pastore che sa dove condurci!

La Parola di oggi ci guarisce dalle derive xenofobe che aleggiano nella nostra Europa. Tutti siamo stranieri davanti a Dio. E chi sa che la nostra testimonianza di fedeltà e di pazienza, come lo è quella di Gesù, non diventi per il fratello non credente stimolo alla riflessione e all’accoglienza del Rabbì che ci ha cambiato il cuore.

 

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Parola e vita. “Una donna pagana «converte» Gesù; lo apre ad una dimensione universale. Da un dialogo fra stranieri emerge un sogno: Una casa dove nessuno, neppure i cuccioli, ha più fame. Dove ognuno, come Gesù, impara da ognuno. Sogno che abita Dio e ogni cuore buono” (Ronchi).

Mi diventa impossibile, ascoltando in preghiera questa pagina del Vangelo e meditando la riflessione che ci propone pe. Ermes Ronchi, non richiamare alla mente la pagina del Diario della mia vita (“Bimbo rimasto bambino” Storia di un bimbo rubato dagli …Zingari) tra le più significative per testimoniare senza stancarmi: davvero i Rom, cagnolini stranieri ai quali facciamo fatica persino a far loro raccogliere le briciole della nostra mensa, sono proprio loro che hanno stravolto completamente la mia vita. E a quanti restano ammirati della mia conversione li esorto a ringraziare gli Zingari; è loro tramite che lo Spirito ha operato in me.

Si è tutti in feri! Non vi dispiacerà affacciarvi su questo stralcio di vita nomade che vi propongo più completo in Allegato.

 

“Gli Zingari hanno convertito me!”

 Senza l’arrivo dei Rom sarei rimasto nella mia Parrocchia in un servizio, certo, importante e indispensabile, esplicato tra l’ammirazione di tutti, ma non avrei maturato una formazione umana plurietnica che mi ha permesso di sperimentare e testimoniare ad altri la ricchezza delle razze diverse spesso disprezzate perché non conosciute. Tante e tante volte a quanti mi chiedono se la mia presenza tra gli Zingari avesse maturato qualche conversione, subodorando un nascosto e radicato razzismo che ritiene la nostra essere la civiltà vera, il nostro modo di vivere quello più umano, lascio allo Spirito di Dio, unico capace di conversione quella vera, di verificarlo. “So soltanto una cosa certa, ve lo assicuro: gli Zingari hanno convertito me!”.

 

Nostalgia e non solo.

Rileggendo il mio diario di viaggio si nota marcata la nostalgia della vita nomade già vissuta specialmente nel Montenegro dove, fuori dal ‘comodismo e consumismo’ occidentale, potevo ancora condividere la mia predilezione tra il popolo nomade. Stralcio alcune pagine dove si respira aria fresca anche nella precarietà e con momenti non sempre pacifici.

 

Nikšic (JU), 6 ottobre 1987.

 “Anche quest’anno …finalmente, sono tornato in Jugoslavia. Con Mate siamo saliti a Župa da mamma Pašana accampata con il suo poverissimo straccio di tenda tra le belle e gelide montagne montenegrine. La luna andava alzandosi illuminando e rischiarando sempre più quel minuscolo accampamento zingaro tra i monti. Rivivevo i momenti belli vissuti nei primi tempi tra loro insieme a Bahiram presso Bileca o Trebinje. Nonna Pašana ha sempre preferito la sua vecchia e sgualcita tenda al camper anche quando sostava in Italia. Mentre Mirsad arrostiva della carne, e le uova saltellavano nell’acqua bollente, io celebravo la mia gioia nel vedere che ci sono, …ma per quanto tempo ancora(!), Rom capaci di vivere senza ‘niente’: né casa, né auto, né elettricità, né letto, né… “Mi basta una coperta!” è stata la sorridente conclusione di Pašana. Non potevo non compiangere i suoi parenti Zingari che in Italia mi ripetono con arroganza: “No! Non farei mai più quella vita così miserabile!”. Poveri ‘drogati’ da un ‘comodismo’ irreversibile.

Era già notte quando siamo rientrati nella casa-baracca di Emro illuminata non più dalla splendida luna, attorno al piccolo televisore portato dall’Italia, surriscaldati da una arroventata cucina approntata in lamiera da loro stessi. “Oh! Come si sta bene qui – mi veniva da ripetere – c’è tanta luce, tanto caldo, persino il ‘giocattolo TV’ per grandi e piccoli…. Ma non c’è la luna, non più i monti, non c’è più l’aria limpida e fresca. “Qui è bello, ma …non è tutto bello!”.

 

Brlja, 09/10/1987.

Miserie, sofferenze, problemi umani tanti, proprio tanti. Basta porsi in ascolto accanto a persone deboli, povere, con un ascolto altrettanto debole, povero, inutile e subito si evidenziano sofferenze e miserie proprio tante. È però indispensabile porsi anzitutto nella stessa situazione di debolezza e di povertà altrimenti ci passi accanto senza che nemmeno sfiori la sofferenza degli altri come capitò al sacerdote della parabola (Lc 10,30-37).

Mi è apparsa così questa mattina al mercato la figura del Papas ortodosso, ieratico con la sua lunga veste nera, i suoi lunghi capelli e barba bianca anche se agli altri doveva apparire molto più umana di quello che sembrava ai miei occhi smaliziati. Certamente strideva con quella massa di persone, specie donne e ragazzi zingari šiftaira con i loro scarcassati carrettini in attesa di qualcosa da trasportare per conto dei compratori. Tra i tanti notavo Senad, piccolo povero zingarello abbandonato ben presto dal papà e dalla mamma divorziati. Come ogni giorno Senad è in attesa che qualcuno gli dia da vivere, e ogni giorno, oramai da anni, c’è sempre stato Qualcuno. E come Senad, qui a Nikšic, tanti altri.

Se almeno i consacrati fossero attenti facendosi carico delle sofferenze umane come Madre Teresa in Calcutta prontissima nel condividere le piaghe dei miserabili perché donna e non perché santa. Si costuma proclamare ‘santi’ quanti vivono il Vangelo senza orpelli, collocandoli il più lontano e il più alto possibile tra due ceri accesi che …bruciano(!) per giustificare la nostra ipocrisia: “Hanno agito loro così perché santi!”.

Lì alla periferia di Nikšic c’è una nuova e bella chiesa cattolica costruita con il contributo del dopo terremoto, con accanto l’abitazione delle suore in servizio all’ospedale. Nel centro della città sorge la monumentale chiesa ortodossa… Accanto ai poveri, però, tra le innumerevoli baracche c’è Gesù benedetto ma invisibile e sconosciuto, se non proprio disprezzato, persino dai suoi amici.

In baracca da Emro, attorno al tavolo arricchito di salame, di birra, di poco formaggio, Mate, incoraggiato anche dalla mia presenza, cerca di aiutare spiritualmente Rudy in crisi specie dopo aver abbandonato ancora una volta la moglie con i suoi tre bambini: “Sono molto ladro – ripeteva crucciato – mi sono sposato tre volte mentre Dio comanda di non lasciare la propria moglie per un’altra. Che io vada pure dove Dio mi getta!”. Mate, che con me aveva a suo tempo tradotto in romanès pagine del Vangelo, gli parla della donna prostituta da tutti condannata ma non da Dio, amata e perdonata da Gesù. Gli parla del ladrone dal cuore buono: “Dio dice anche a te – conclude- non peccare più; non fare agli altri ciò che tu non vuoi che gli altri facciano a te!”. Catechesi che non avrei mai nemmeno immaginato nel cuore e sulla bocca di uno zingaro, grazie alla presenza dello Spirito anche là dove riteniamo esserci solo peccato. Mi è sembrata una catechesi molto più sapiente, mi perdoni il Signore, di quella dottissima tenuta questa mattina dal Parroco durante la celebrazione eucaristica: riuscivo ad afferrare qualche parola, con la mia ignoranza di slavo: parlava di “…nichilismo …Zaratustra…”. Avevo l’impressione di una omelia ben preparata, molto dotta, ma fuori completamente dal mondo, fuori dall’uomo, fuori, Dio non voglia, da Dio! Avrei almeno desiderato che mi avesse chiesto qualcosa sulla mia presenza tra gli Zingari, che mi avesse presentato alla piccola comunità parrocchiale non certo per elogiarmi ma per aprire uno spiraglio al problema di una doverosa presenza tra i tantissimi poveri fuori in periferia. Niente! Era soddisfatto che da parte mia non c’era stata alcuna richiesta di concelebrazione per un problema giuridico: non avevo con me nessun documento di Curia che attestasse la mia identità di prete.

Nel pomeriggio ho partecipato, invece, con emozione ad altre offerte sacre molto diverse e molto più vive: l’anziana Bula nella sua sgangherata baracca di cartone, persino scoperchiata, raggomitolata nel suo dolore dalla cima dei capelli alla punta dei piedi, dopo essere stata scaraventata fuori del suo carretto dall’imbizzarrita cavalla, con lievi lamenti che fuoriuscivano dai poveri stracci: “Sar o Del kamel (come Dio vuole)! Dio sa…!”. Intanto Šaban, zingaro šiftaira, mi vuole nella sua baracca stracolma di bimbi, per raccontarmi della festa solenne celebrata qualche giorno prima in occasione della circoncisione del neonato Kiko. Lo trovo mentre dondola qualcosa come culla e con orgoglio mi mostra la cicatrice nella carne del bimbo, segno di una offerta che lo consacra al Signore. Quanta differenza con il rito liturgico celebrato con impeccabile cerimoniale in chiesa: offerta qui di un sacrificio che avverto più vivo, forse perché senza troppe leggi o rubriche da osservare. San Vincenzo de’ Paoli testimoniava: “La vera fede si conserva proprio tra la povera gente!” e anche in Jugoslavia, con rigoroso regime comunista, ho tanto spesso sperimentato una sentita presenza di Dio”. Alla scritta su una parete in Italia di qualche benpensante molto istruito: “Dio è morto, Nietzsche è vivo!” qualcuno aveva poi sottoscritto: “Nietzsche è morto, Dio è vivo!”.