XXIX Domenica TO

Carissimi,

questa Domenica ricorre la “Giornata Missionaria Mondiale”  e permettetemi di fermarmi nella seconda parte in un …lungo esame: Diamo a Dio quello che è di Dio? Verso l’uomo, moneta preziosa che ha impresso in sé l’immagine di Dio, siamo debitori del Vangelo senza glosse.

 

Don Vincenzo

 

In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Mt 22,15-21

 

 

Pe. Ermes Ronchi: Da Dio hai ricevuto, a Dio restituisci. Alla domanda cattiva e astuta di chi vuole metterlo o contro Roma o contro la sua gente, Gesù risponde giocando al rialzo, come al solito, con due cambi di prospettiva che allargano gli orizzonti della domanda. Con il primo muta il verbo pagare (è lecito pagare le tasse?) in restituire: quello che è di Cesare rendetelo a Cesare. Con il secondo cambio introduce l’orizzonte di Dio.

Pagate tutti le tasse per un servizio che tocca tutti. «Restituisci, perché sei in debito» verso l’intera mia società. Un tessuto di debiti è la mia vita, io ho avuto infinitamente di più di ciò che ho dato. Se Cesare sbaglia, il mio tributo sarà quello di correggerlo; e se ruba gli ricorderò la voce della coscienza e il dovere della giustizia.

Il secondo cambio di prospettiva inserisce la dimensione spirituale. Da Dio hai ricevuto, a Dio restituisci. Davanti a Lui, come davanti all’uomo, non siamo dei pretendenti, ma dei debitori grati.

A Cesare le cose, a Dio la persona. Ad ogni potere umano Gesù dice: non appropriarti dell’uomo, non ti appartiene. L’uomo è cosa di Dio. È creatura che ha Dio nel sangue.

 

Don Marco Pedron: Rendi il suo onore e valore ad ogni essere.

Gesù dev’essere fermato in qualunque modo perché scredita l’istituzione. Quando poi Gesù arriva a dire: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno dei cieli” (Mt 21,31), beh questo è davvero troppo! Bisogna fermarlo! E sono tutti d’accordo su questo: infatti vanno da lui i farisei insieme agli erodiani. Ma dire erodiani e farisei era come dire ebrei e palestinesi, comunisti e fascisti, americani e talebani. Qui però hanno un nemico in comune: Gesù. E il nemico del mio nemico, è un mio amico!

Gesù deve manifestare il suo pensiero sui romani. Qualunque risposta gli si ritorcerà contro. Se Gesù rimane a questo livello qualunque risposta è perdente. In queste situazioni bisogna cambiare il livello della risposta. E Gesù sale di livello: dal piano materiale al piano interiore.

La moneta rappresentava il potere dominante. E Lui: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. (Mt 22,21). E usa il verbo “restituire”, devono restituire all’imperatore quello che è dell’imperatore (le monete). Ma la questione più vera, per Gesù, è un’altra. Perché a Dio devono restituire quello di cui si sono impossessati (“e a Dio quello che è di Dio”): il popolo. Non solo devono regolare i conti con l’imperatore ma anche con Dio. Si sono impadroniti del popolo, lo hanno condotto in schiavitù con regole false e lo tengono in mano con il pretesto della religione, annunciando un Dio che non è il vero Dio. Ridurre Dio ai nostri pensieri o alla nostra testa, è una bestemmia. Nella Bibbia si dice che tu sei fatto ad “immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1,26): tu appartieni a Lui.

Guardate vostra moglie/marito e ditele la verità: “Io non sono tuo e tu non sei mia “.

Guardate i vostri figli e ascoltate la loro verità: “Io papà, io mamma, sono grato a voi per tutto ciò che mi date. Ma io non sono vostro, io non vi appartengo, io non vi devo niente”.

Guardate la vostra religione e ditele: “Ti ringrazio per ciò che mi dai e per la possibilità di mettermi in contatto con l’Altissimo, ma lasciami libero. Non sono tuo: appartengo a qualcuno di molto più in alto di te”. Fatelo con tutte le persone e le cose importanti della vita, dite loro: “Io non sono tuo”. All’inizio vi sentirete molto vuoti, ma poi vi sentirete tremendamente liberi.

Per Gesù è essenziale un’altra verità: dai il proprio valore ad ogni cosa, e ad ogni persona ciò che è suo, cioè il suo valore e la sua importanza.

“A delle suore cristiane in Iraq era stato ordinato di andarsene. Loro hanno risposto: “Noi rimarremo qui con i nostri bambini”. “Ma rischiate grosso, è pericoloso!”. Hanno risposto: “Una vita d’amore è più importante di una vita di tanti anni”. Ringrazio e onoro chi vive così”. La vita non mi è dovuta, è un dono”. Allora la voglio vivere con intensità, pienamente. Voglio inseguire un sogno, lottare per un mondo migliore e sentire che questo mio tempo non è passato invano, ma ha avuto un senso per me e per il mondo.

 

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Parola e vita – Nel 2011 don Marco Pedron notava la risposta eroica delle suore: “Una vita d’amore è più importante di una vita di tanti anni”. Testimonianze coraggiose e commoventi ci vengono offerte oggi in continuazione, eppure si deve denunciare, specie in questo Mese Missionario, la perdita dello slancio missionario concreto, vissuto. Avendo sperimentato ripetutamente vero sulla mia pelle questa angosciosa realtà, capite perché leggendo il tema della GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2014 “Periferie cuore della Missione” cantavo con convinzione e tanta tristezza un vecchio ritornello: “Parole, parole, parole… Parole, parole, parole soltanto parole!”… Se le Periferie sono il cuore della Missione, la Missione è da tempo senza cuore = morta e sepolta.

Pe. Gheddo, comunicando le rispettive chiusure, il 17 giugno 2014: «Chiude la rivista “Ad Gentes”» e, appena qualche mese dopo il 6.10 2014: «Chiude la rivista “Popoli”. Ma la missione continua», testimonia: “La missione alle genti sta perdendo la sua identità e interessa sempre meno, almeno in Italia, eccetto quando ci sono casi di martirio o di persecuzione che riguardano missionari italiani… Ormai tutti sanno, che la Chiesa italiana, con la crisi di fede e di vocazioni sacerdotali e religiose, si chiude in se stessa. Questo è il gravissimo problema dell’ottobre missionario, per noi missionari ma anche per tutta la Chiesa italiana”.

 

Perdonatemi se, da stolto con San Paolo, parlo di me ancora una volta, come sempre. Ogni qualvolta l’urgenza di qualche indispensabile e urgente missione mi seduceva, trovavo il cammino transennato da enorme muraglia. Avvenne già tra i Rom, si è ripetuto per il Brasile. Inutilmente ho cercato di far comprendere che la chiamata era, tramite me sia pure indegnamente, alla mia Chiesa e non alla mia persona. L’evangelizzazione del popolo Rom lo presentavo come dovere imprescindibile della Chiesa. In Brasile la Chiesa accolta come gemella non doveva né poteva essere occasione di elemosina del ricco al povero, ma offerta di ricchezze vere in cambio di vuoti e freddi Euro. Mi si lasciava andare solo come mia idea fissa e soltanto quando venivo sostituito da qualcun’altro: alla pecorella rimasta nell’ovile non doveva mancare mai niente, alle 99 fuori solo (=mai!) se si assicurava anche il caffè finale per impedire l’indigestione alla prediletta.

“In Brasile – mi faceva notare il buon Vescovo – se viene a mancare il prete nessuno si lamenta. Qui da noi basta che la Comunità resta qualche giorno senza Parroco è un via vai continuo di reclami!” Con il SI! richiestomi a rientrare in Diocesi, ultraottantenne, anche nella mia Chiesa la Missione è rimasta senza cuore. Riuscivo a malapena ad accettare la motivazione non vera, ma comprensibile per le nostre ingiuste paure, che la ‘Periferia Zingara’ richiedesse un vocazione speciale, ma la ‘Periferia Brasile’ non era per niente paurosa, anzi! In Diocesi, chiamato per essere segno, cerco in ogni modo di tenere in vita il cuore della Missione, colpito da infarto, sostenendolo con qualche by-pass di alcuni mesi in Missione.

 

Pe. Piero Gheddo continua nella denunzia volutamente provocatorio solo per riproporre con forza il problema: lo scopo dell’animazione missionaria è presentare le testimonianze dei missionari che nelle periferie dell’umanità annunziano Cristo, oppure abbiamo cominciato noi a politicizzare la missione alle genti…Ridurre la ‘Chiesa in missione’ a una Ong mondiale che si interessa dei poveri e dei marginali, delle ingiustizie e violenze contro gli ultimi di ogni società, spesso senza alcun aggancio esplicito a Gesù Cristo… Ma la Chiesa, lo dice spesso Papa Francesco, non è una Ong di carattere sociale-politico-economico-sindacale, ma la comunità dei seguaci di Cristo, che deve andare in tutto il mondo annunziando la Buona Notizia del Vangelo”. È noto con quanta preghiera e ora di adorazione la Santa Madre Teresa di Calcutta dedicava e richiedeva alle sue suore prima di servire Cristo nei poveri!

Ad annunziare il Vangelo vengono inviati i discepoli solo quando, innamorati del Cristo, Crocifisso e Risorto, sono disposti a seguirlo senza alcuna riserva fino alla fine. Gesù stesso ci assicura che verremo giudicati non sul numero dei battezzati o dei convertiti, ma se, uscendo in periferia, “abbiamo dato da mangiare a chi ha fame, abbiamo ospitato i senza tetto…” (Mt 25,35-46). È Lui il carcerato che abbiamo visitato.

 

“Nell’ottobre missionario e nella Domenica della Giornata Missionaria Mondiale – concludo Pe. Gheddo – è permesso riproporre con forza questo problema, perché se ne discuta e si giunga, con l’aiuto di Dio, ad una decisiva correzione di rotta”.