XXV Domenica TO

Carissimi,

nel silenzio dell’Eremo camaldolese “San Giorgio” a picco sullo stupendo Lago di Garda, vengo a farvi visita per condividere con voi il ‘Pane’ saporoso di questa domenica. La “Parabola degli operai”, cercati e chiamati a ogni ora, ci spalanca l’ampiezza del cuore di Dio che non si rassegna nel vedere dei disoccupati, fosse solo l’ultima ora. Fraternamente.

 

Don Vincenzo

 

Mt 20,1-16 «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna… Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati.. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?… Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.  Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno…».

  • Pe. Ermes Ronchi – Dio non si merita, si accoglie- Il mondo è vigna e passione di Dio; io sono vigna e passione di Dio, di cui ha cura uscendo per ben cinque volte. Il punto di svolta è nel momento della paga: comincia dagli ultimi della fila e dà a chi ha lavorato un’ora sola lo stesso salario concordato con quelli dell’alba. È un Dio buono (ti dispiace che io sia buono?). «E mentre l’uomo pensa secondo misura, Dio agisce secondo eccedenza» (Carlo Maria Martini). Non segue la logica della giustizia, ma lo fa per eccesso, per dare di più. Non è giusto. Ma la bontà va oltre la giustizia. La giustizia non basta per essere uomini. Tanto meno basta per essere Dio. Neanche l’amore è giusto, è altra cosa, è di più. 

Se l’operaio dell’ultima ora lo sento come mio fratello o mio amico, allora sono felice con lui. Se invece mi ritengo operaio della prima ora e misuro le fatiche, se mi ritengo un cristiano esemplare, che ora attende ricompensa adeguata, allora posso essere urtato dalla retribuzione uguale. Drammatico: si può essere credenti e non essere buoni! Davanti a Lui non è il mio diritto o la mia giustizia che pesano, ma il mio bisogno. Allora non calcolo più i miei meriti, ma conto sulla sua bontà.

Dio non si merita, si accoglie!

  • Don Marco Pedron – Dio non premia, Dio ama. Non è facile accettare un Dio che anziché premiare i buoni e castigare i malvagi fa invece “sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni(Mt 5,45), 

Un Dio del genere sembra ingiusto, come il padrone della parabola narrata da Gesù (Mt 20,1-15).

L’accordo è: un denaro al giorno. Non molto, ma quanto bastava ad una famiglia per sfamarsi . Ma poi succede qualcosa di imprevisto. Il padrone esce di nuovo in cerca di altri operai. Non lo fa per la necessità della vigna, ma perché essi sono ancora disoccupati e senza lavoro. Essere senza lavoro voleva dire non mangiare. Lui non ne aveva bisogno, ma loro sì!. Sa che se un uomo non lavora una giornata, tutta la famiglia non mangia.

Quelli delle sei del mattino, che hanno lavorato undici ore in più, erano certi “che avrebbero ricevuto di più” (Mt 20,10), e ritengono il padrone ingiusto. Dio non dà secondo i meriti ma secondo i loro bisogni, perché il suo amore non è concesso come un premio, ma come un regalo. Non guarda il merito ma il cuore. E Lui vuole amare tutti.

Gesù questa parabola innanzitutto per gli apostoli: è duplice e chiaro.

1. Accompagnare non è seguire. Seguire è far penetrare il messaggio nel proprio cuore. Tanta gente “accompagna Gesù”, va in chiesa, ma non lo segue: non è imbevuta del suo messaggio.

2. Dio ama tutti. Quelli della prima si ritenevano i prediletti, i migliori. Gesù dirà chiaramente ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo: “I pubblicani e le prostitute vi passano davanti nel regno di Dio” (Mt 21,31).

Impossibile accettare questo: che Dio potesse amare e accogliere quelli che la religione rifiutava, uno che si converte l’attimo prima di morire e nella vita ne ha fatte di tutti i colori.

“Non è mica giusto. E allora io perché ho faticato!?”. Tu l’hai fatto per premio, per dovere.

Il cuore di chi ama dice: “Che fortuna! Che contento che sono che ce l’ha fatta anche lui!”.

  • Paolo Curtaz – Dal merito alla grazia. Incomprensibile. Stabilisce con loro “quanto è giusto”. Questo il problema vero: quanto è giusto? Loro hanno faticato tutta la giornata, questi ultimi solo un’ora, ricevono lo stesso salario, che ingiustizia! Non chiedono di più, esigono per gli altri di meno. Se la prendono con i deboli: chiedono di dar loro di meno. Meno di ciò che è indispensabile per vivere. Il padrone è buono. Con la logica del merito: “Dio mi ama e mi premia perché mi comporto bene”. Convertirsi alla bontà. Gioiamo per la grazia di poter lavorare nella vigna, gioiamo per la possibilità che altri fratelli anche all’ultimo possano accogliere la grazia che ci ha trasformati. 

Quando la smetteremo di usare la calcolatrice nel relazionarci fra di noi e con Dio capiremo cosa significa diventare discepoli. Il Regno è gratis,

  • Wlma Chasseur – Che gioia essere nella vigna fin dal mattino. DIO conosce solo la gratuità: dobbiamo contare solo sulle nostre… mani vuote (“dopo aver fatto tutto quel che dovevate fare, dite: siamo servi inutili” (Luca 17,10) . Se ci presentiamo alla porta del Regno, rivendicando la salvezza come un dovuto, allora non siamo più servi inutili, ma neanche… utili per la nostra salvezza. Poter fare il bene è già una grazia (“senza di Me non potete fare nulla(Gv.15,5)). Ed è già un anticipo del regno dei Cieli poter lavorare tutta la giornata per il Signore. 

 

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Parola e Vita: Se l’operaio dell’ultima ora lo sento come mio fratello o mio amico, allora sono felice con lui”. Restano perplessi i miei fedeli tutte le volte che esprimo la mia gioia: Godo nel credere che si salva molto più facilmente chi mai viene a Messa la domenica, mai prega… Nei suoi confronti il Buon Papà-Mamma ha preoccupazione e compassione: non solo non si nutre di Pane vero, ma persino manca di appetito. E se talvolta capita di assistere a qualche liturgia, resta annoiato: inappetenza profonda. È nei nostri confronti che il Signore si comporta con più severità: A chi vien dato tolto, molto gli viene richiesto. E di batoste ne avrà tante se non è fedele! (Lc 12,47-48). È un discorso che scandalizza come scandalizzava il Padrone della Parabola: “Perché allora vengo a Messa?!”, mi si fa osservare. Santa Messa domenicale sempre presentata come dovere-Precetto altrimenti pecco e …vado all’inferno! A differenza di chi a Messa non viene mai e non per questo si sente peccatore. Ignoranza grassa, direbbero i dottori della legge, ma ignoranza povera per i non abituati; questi ritengono di peccare se commettono adulterio, se uccidono, se rubano, se testimoniano il falso, se non onorano il padre e la madre, sul dire di Gesù in Luca 18,20. Ricordo spessissimo la risposta del buon vecchietto alla brava suora che lo incentivava perché si recasse a Messa: “Ma io non ho questa abitudine!”, inconsapevole risposta a tanti che a messa ci vanno per abitudine.

«Un padrone di casa uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna… Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri… Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre… Uscito ancora verso le cinque… ». Un padrone che esce continuamente. Pastori che Papa Francesco continua a stimolare perché vadano nelle periferie dell’umanità, impediti, purtroppo, da una pastorale che li tiene inchiodati al proprio ufficio, pressati dalle esigenze ininterrotte delle 99(!). Nella mia vita nomade ho con angoscia atteso che si desse almeno l’1% del proprio tempo a quanti vivono ai margini.

Ma il tuo Vescovo ha ne proprio tanti da fare stare un prete tra gli Zingari e, per giunta, mussulmani?” mi chiedeva un Vescovo in Jugoslavia. Capita anche in Italia che chi è fuori resta fuori e non lo si cerca. “Se proprio ci tieni, vieni tu a trovarmi in ufficio!” fu la risposta mentre lo sconosciuto parrocchiano si sarebbe aspettato: “Zaccheo, oggi vengo a casa tua!”.

Continua il mio sogno: una Chiesa sedentarizzatasi (il 100% alle 99) che trovi come impiegare l’1% del proprio servizio a quanti restano fuori (99% della popolazione).