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Tornare ad usare il cuore

Grazie al prezioso contributo di studiosi come quelli della nota Scuola di Palo Alto, è stato possibile riconoscere come ogni evento comunicativo rechi in sè sia una dimensione legata strettamente al contenuto, sia una connessa alla relazione.
Quando comunichiamo qualcosa dovremmo essere più attenti non solo al messaggio che intendiamo inviare, ma anche al modo che scegliamo per inviarlo.
Per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, Papa Francesco ha scritto un messaggio in cui mette al centro il “parlare con il cuore”.
Nell’attuale sovraccarico informativo (overload information, per gli amanti del gergo) si corre il rischio di dare sempre meno importanza a queste due dimensioni poiché, a mio modesto avviso, la nostra comunicazione potrebbe essere centrata troppo su noi stessi e non sui nostri interlocutori.
Una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte” come scrive Papa Francesco chiede un cambio di prospettiva circa la comunicazione da intendersi, pertanto, come un atto di amore e di carità che non come la spedizione e consegna di un pacco postale.
Occorre ripensare la comunicazione come quell’esperienza in cui l’emittente compie una sorta di “esodo” da sé per mettere al centro il proprio interlocutore cominciando dall’ascolto (il primo passo del cammino sinodale ha forse a che vedere con la comunicazione del Vangelo?) e facendoci costruttori di ponti più che di muri.

Con l’espressione “parlare con il cuore” Papa Francesco non cede a mielosi romanticismi, anzi. Egli attinge come sempre al tesoro della Sacra Scrittura per ricordarci che il cuore non è solo la sede
dei sentimenti, ma anche dei pensieri (si pensi ai “superbi dispersi nei pensieri del loro cuore” nel Magnificat), delle parole e delle azioni, delle scelte e decisioni.
Come ho scritto altrove, “il Papa mette in guardia da una comunicazione strumentalizzata “affinché il mondo ci veda come noi desidereremmo essere e non per quello che siamo” specialmente sulle piattaforme social e nell’anno centenario della sua proclamazione a patrono dei giornalisti cattolici invita a rifarsi a San Francesco di Sales (1567-1622), “santo della tenerezza” che seppe coniugare verità e carità testimoniando nelle varie forme di comunicazione da lui adottate umanità, mitezza e pazienza verso i suoi interlocutori in un contesto in cui – si era a Ginevra all’inizio del 1600 – le forti controversie tra cattolici e calvinisti erano all’ordine del giorno”.
Se è vero che lo strumento è il messaggio come affermava McLuhan, la comunità ecclesiale nel suo essenziale servizio di comunicazione del Vangelo deve approfittare dell’opportunità offerta dal cammino sinodale per compiere un percorso di ascolto e dialogo, ma anche di riconciliazione interna. Non credo esista la comunità perfetta, ma può esistere la comunità in cammino e riconciliata. E questo la rende credibile.

Oronzo Marraffa

ps: la credibilità è – secondo Guido Gili – la conditio sine qua non per l’efficacia della comunicazione.