Omelia di Mons. Sabino Iannuzzi per le esequie del Maresciallo Marco Lomagistro

Carissimi fratelli e sorelle,

siamo qui, intorno all’altare del Signore, sepolcro aperto e segno di resurrezione, ma anche dinanzi alla salma del nostro fratello Marco Lomagistro, figlio di questa comunità laertina.

Siamo qui per affidarlo alla misericordia del Padre e per condividere – per quanto possibile – il dolore della sua famiglia: di mamma Nicoletta e di papà Luigi, così come della sorella Annalisa, dei nonni e dei familiari tutti; dei colleghi dell’Arma dei Carabinieri, presso la quale Marco era in servizio come Maresciallo di Stazione a Tursi; e dell’intera comunità civile e militare qui convenuta.

La sua morte, improvvisa e tragica, ci lascia sgomenti e, allo stesso tempo, suscita, nella mente e nel cuore, non poche domande, rimpianti e lacrime.

Ma proprio per questo siamo venuti qui nella casa di Dio: perché, quando le parole umane mancano, la Parola di Dio, lei sola, continua a parlarci, a consolare, a riaccendere nel cuore un piccolo lume di speranza.

In questo momento desidero farmi voce della vicinanza dell’Ordinario Militare per l’Italia, Mons. Gianfranco Saba. Egli, attraverso di me, rivolge a voi – cari familiari di Marco, come pure ai colleghi dell’Arma – le sue più sentite condoglianze e la certezza della preghiera. L’intero Ordinariato Militare, come la nostra Chiesa di Castellaneta, si stringe attorno a voi. La Chiesa non vi lascia soli nel pianto!

La prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, ci ha detto parole che sembrano scritte per un giovane come Marco: «Il giusto, anche se muore prematuramente, si troverà in un luogo di riposo… Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera» (Sap 4,7.13). Agli occhi di Dio non conta la durata cronologica della vita, ma la sua qualità: il bene seminato, il servizio svolto, la dedizione, l’amore donato. Marco è vissuto poco agli occhi del mondo, ma ha portato il peso di responsabilità importanti, ha servito lo Stato e la comunità, ha cercato – con le fragilità di ogni cuore umano – il bene degli altri.

La Scrittura ci invita a guardarlo così: non fermandoci all’ultima ora, ma contemplando l’insieme di una vita, che Dio conosce fino in fondo. «La grazia e la misericordia sono per i suoi eletti» (Sap 4,15), abbiamo ascoltato. E noi vogliamo credere che oggi questa grazia lo avvolga completamente.

Il salmista ci ha fatto pregare: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla… Anche se camminassi in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me» (Sal 22).

Oggi tutti noi ci sentiamo come immersi in una “valle oscura”: il lutto, lo smarrimento, i tanti “perché” senza risposta. E, allo stesso tempo, non possiamo non pensare anche alle valli oscure che, nella vita, possono attraversare il cuore di una persona: momenti di fatica, di solitudine, di paura. Il salmista però ci ha assicurati: Dio non abbandona nella notte, perché è sempre con noi!

Il Buon Pastore – è di questo ne siamo certi per fede – non ha lasciato solo Marco nelle sue prove interiori; lo ha accompagnato nel travaglio del cuore e ora lo conduce ai «pascoli erbosi» e alle «acque tranquille» del suo Regno.

Con questa immagine di luce e di pace possiamo immaginare Marco finalmente sereno, accolto da Colui che solo può calmare le tempeste del cuore.

Infine, nella pagina del Vangelo abbiamo ascoltato parole di Gesù che oggi dobbiamo tenere ben strette: «Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori… Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,37.39).

È la risposta più forte alle nostre paure sul destino di Marco.

Gesù è venuto per non perdere nessuno, per custodire ogni vita affidata al suo amore. Marco, nel Battesimo, è stato consegnato a Cristo; e Cristo non lo caccia fuori, non lo respinge, non lo dimentica. Solo Lui conosce quanto dolore, quanta fatica interiore potesse abitare il cuore di questo nostro giovane fratello.

A noi, oggi, è chiesto una sola cosa: affidarlo alla volontà del Padre, che vuole la vita e non la morte.

La Chiesa, docile alla luce dal Vangelo, ci esorta anche a guardare con misericordia le vite che ci appaiono spezzate, le storie che noi riusciamo a comprendere fino in fondo. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che solo Dio conosce pienamente le circostanze, i condizionamenti, le fragilità che pesano sul cuore di una persona e che possono diminuire la responsabilità personale.

E aggiunge un’affermazione che oggi consola profondamente: non si deve mai disperare della salvezza eterna di nessuno; Dio può aprire, fino all’ultimo istante, una strada al suo perdono e alla sua pace (cfr. CCC 2283).

È ciò che facciamo oggi per Marco: non disperiamo, ma preghiamo.

Fino all’ultimo momento della sua esistenza terrena, la misericordia di Dio ha avuto tutto il tempo di raggiungerlo, di toccarlo, di accoglierlo come un figlio.

Carissimi genitori e familiari,

il vostro dolore è grande, e nessuna parola umana di certo può colmarlo.

Ma vorrei che nel cuore rimanga almeno questa certezza: Marco è nelle mani di Dio, non nel nulla.

La sua vita non è stata inutile, né cancellata: è custodita nel cuore del Padre. Conservate con gratitudine il bene che vi ha donato: il suo sorriso, la sua generosità, il suo servizio.

Lasciate che, pian piano, il “grazie per il dono di Marco” conviva con le lacrime per la sua mancanza.

A voi, colleghi dell’Arma, dico: la Chiesa vi è vicina. Avete perso un comandante, un collega, un amico. Onorate la sua memoria continuando a servire con lealtà e prendendovi cura gli uni degli altri. Il vostro è un servizio esigente, che espone a fatiche e ferite interiori: non abbiate paura di chiedere aiuto, di sostenervi, di restare uniti. Anche questo può essere un frutto di speranza che nasce dal dolore: una maggiore fraternità, un’attenzione di prossimità più grande a chi, accanto a noi, sta male e spesso non ha la forza di condividerlo.

Fra poco, sull’altare, offrirò il Pane e il Calice del Signore anche per Marco.

In quel gesto, tutta la nostra povera preghiera si unirà all’eterno sacrificio di Cristo.

Chiederemo che al nostro fratello sia aperta la porta della vita eterna: la vita che Gesù promette a chi crede in Lui e che culminerà nella risurrezione dell’ultimo giorno.

E chiederemo per noi la grazia di non lasciarci schiacciare dal dolore, ma di restare saldi nella speranza.

Affidiamo Marco alla Vergine Maria, Madre di misericordia: lei che ha conosciuto il dolore ai piedi della croce, consoli i vostri cuori e presenti questo figlio al volto del Padre.

E ripetiamo ancora, per lui e per ciascuno di noi, le parole del Salmo con cui oggi abbiamo pregato:

«Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla…

Anche se camminassi in una valle oscura,

non temerei alcun male,

perché tu sei con me» (Sal 22).

Amen!

+ Sabino Iannuzzi