Omelia di Mons. Sabino Iannuzzi durante la Santa Messa per il 25° anniversario dell’ordinazione presbiterale di Don Oronzo Marraffa

Carissimi fratelli e sorelle,

in un anniversario tanto significativo come il venticinquesimo della propria ordinazione presbiterale, si intrecciano inevitabilmente vicende di storia personale e di storia ecclesiale.

È ciò che accade anche per te, caro don Oronzo: il tuo cammino racconta di un servizio pastorale vissuto in diverse esperienze significative e che oggi trova piena espressione in questa comunità del Cuore Immacolato di Maria, che ti è accanto e festeggia con te questo giorno di grazia.

Guardare al percorso compiuto è anzitutto compito tuo, ma per noi è occasione per riconoscere il valore ecclesiale della tua esperienza e, soprattutto, per manifestare un sentimento di profonda riconoscenza al Signore che ti ha scelto, accompagnato e reso forte nel servirlo nel suo popolo.

In questo momento desidero rivolgere un affettuoso saluto alla tua famiglia: alla mamma e al papà, al fratello gemello, alle due sorelle, ai cognati e ai nipoti e – per tutti i parenti – allo “zio prete” il caro don Michele Bianco. La loro presenza – questa sera – ci ricorda che la vocazione – quel progetto particolare di Dio per la vita di una persona – nasce, germoglia e cresce all’interno di una casa, in una famiglia, dove si respira la fede e si impara la non facile arte dell’amore.

Inoltre, un saluto riconoscente va all’intera Comunità parrocchiale del Cuore Immacolato di Maria che ha voluto farsi interprete di questo ringraziamento in occasione del XXV del suo Parroco, ai sacerdoti presenti e ai tanti amici venuti per condividere la gioia di questo anniversario.

San Pio da Pietrelcina, di cui oggi celebriamo la memoria liturgica, alla scuola di Francesco d’Assisi comprese presto cosa significava «non essere semplicemente un uomo che prega, ma un uomo diventato preghiera» (Cf. 2 Celano, 95). Soleva definire la celebrazione della Santa Messa il suo unico “sole” e affermava che «la Messa è per eccellenza la preghiera di tutta la Chiesa, è la grande dichiarazione d’amore che Cristo ci fa». Ed aggiungeva: «il mondo potrebbe stare anche senza il sole, ma non può stare senza la Messa».

Ricordare la sua esperienza ci richiama a riscoprire, anzitutto, la centralità dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione nella vita di ogni presbitero, e ci invita a pregare perché il suo esempio di preghiera e di carità continui ad alimentare il nostro pellegrinaggio di fede, sorretti dal dono di quella speranza che non delude (Cf. Rm 5,5).

Le letture odierne illuminano, con una luce particolare, il mistero della consacrazione sacerdotale.

Il libro di Esdra racconta la seconda ricostruzione del tempio di Gerusalemme dopo l’esilio: il re Dario autorizza e sostiene l’opera, gli anziani, incoraggiati dai profeti, portano a termine l’edificio e il popolo ne celebra la dedicazione con gioia.

Questo episodio richiama ciò che don Oronzo, proprio come «gli israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati» di cui parla Esdra, ha fortemente voluto nella circostanza del sessantesimo anniversario di apertura al culto di questa chiesa: la dedicazione a Dio dell’altare e del tempio.

Un rito che, attraverso l’unzione del crisma, ci ricorda che l’altare è Cristo stesso e che chi presiede l’Eucaristia, il sacerdote, è a Lui configurato. Così come il tempio, una volta dedicato, diventa dimora di Dio, così il sacerdote, consacrato, è scelto per essere il dono di Dio al suo popolo.

Don Oronzo, di certo in questi primi venticinque anni, ha testimoniato tutto ciò ricostruendo – sempre e di nuovo, nel senso biblico del ricominciare – il tempio vivo della Chiesa, il Popolo di Dio a lui affidato (penso a Laterza-Santa Croce e qui a Castellaneta): educando i bambini e i giovani, accompagnando le famiglie, curando la liturgia e testimoniando la carità.

Ed allora, il suo “gesto di consacrazione” ci invita a riconoscere la santità dei luoghi, ma ancor più a comprendere che la vita stessa è chiamata a diventare continua offerta al Signore, perché essa non avrebbe senso alcuno se non fosse interamente “offerta”: una volta ricevuta in dono, va donata a nostra volta. È proprio in questa duplice offerta che la luce di Dio trova spazio nella storia.

Papa Leone XIV, lo scorso 26 giugno, nel discorso ai sacerdoti per la loro giornata giubilare, ha ricordato che il presbitero è anzitutto amico di Cristo: «Le parole di Gesù “Vi ho chiamato amici” (Gv 15,15) non sono soltanto una dichiarazione affettuosa verso i discepoli, ma una vera e propria chiave di comprensione del ministero sacerdotale… La relazione personale e confidente con il Signore, nutrita dalla Parola, dai sacramenti e dalla preghiera, è la radice del ministero… Questa amicizia plasma il cuore del pastore e si traduce in fraternità tra i presbiteri e in apertura missionaria».

Ha anche esortato a creare spazi e proposte forti e liberanti, perché, nonostante le crisi e le fragilità presenti di questo cambiamento d’epoca, Dio continua a chiamare.

Questa sera, allora, mentre ringraziamo per i venticinque anni di presbiterato di don Oronzo, preghiamo affinché questa festa susciti nuove vocazioni: che i giovani, vedendo la gioia di un sacerdote felice, si lascino attrarre dalla bellezza del ministero e trovino il coraggio di dire il loro sì. Il sacerdote, infatti, non è un funzionario di Dio, né un guru spirituale, né un manager del sacro che amministra un potere religioso, indaffarato tra cerimonie e incombenze, senza trovare mai tempo per ciò che davvero conta, ma è un fratello, un testimone credibile, che cammina con il popolo e apre vie nuove al Vangelo.

La breve scena evangelica di oggi ci ricorda che la parentela con Gesù non dipende dai legami di sangue ma dall’ascolto e dall’obbedienza alla Parola: «mia madre e i miei fratelli sono questi».

San Beda il Venerabile affermava che chi accoglie e vive il Vangelo genera Cristo nel proprio cuore.

Nel giorno in facciamo memoria del dies natalis di San Pio siamo invitati a guardare con ammirazione a tutti quei sacerdoti che cercano di vivere in pienezza questa parentela spirituale. Lui, lo stimmatizzato del Gargano, offriva ogni giorno la sua vita nella celebrazione della Messa unendola al sacrificio di Cristo; “instancabile dispensatore della misericordia divina” – come lo definiva Papa Francesco – passava le ore nel confessionale per riconciliare i penitenti.

Il sacerdote – fratelli e sorelle – è consacrato proprio per questo: per essere ascoltatore e annunciatore della Parola, per celebrare l’Eucaristia e per guidare il popolo alla santità.

Papa Leone XIV, nel messaggio per la Giornata di santificazione sacerdotale (27 giugno 2025), ha invitato i presbiteri «a lasciarsi trasformare dal Cuore di Cristo, trafitto per amore, a essere costruttori di unità e di pace e a radicare il ministero nella preghiera, nel perdono e nella vicinanza ai poveri e ai giovani».

L’esempio di San Pio, la dedizione di don Oronzo e la voce del Papa convergono in un unico messaggio: essere sacerdote significa appartenere al Signore e donarsi senza riserve al suo popolo, come «testimoni gioiosi del suo amore che guarisce, accompagna e redime».

La vita sacerdotale, ci ricorda la tradizione della Chiesa, si nutre della Scrittura. «Mia madre e i miei fratelli, sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica», dice Gesù nel Vangelo.

San Girolamo avvertiva che «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (Commento ad Isaia, prologo) e raccomandava ai presbiteri: «Leggi con molta frequenza le divine Scritture; anzi, che il Libro Santo non sia mai deposto dalle tue mani. Impara qui quello che tu devi insegnare» (Ep. 52,7), perché – come ribadiva Sant’Agostino – nella lettura biblica è Dio che parla al nostro cuore.

Anche don Oronzo, come sappiamo, ha fatto della Parola la bussola del suo ministero, anche attraverso il servizio delle comunicazioni sociali, aiutando molti a incontrare Cristo vivo, anche nel mondo del digitale, pur se provocatoriamente asserisce: «La mia fede è differente!».

Guardando alla sua storia – ricca di impegni, servizi e ministeri nella Chiesa e nella nostra Diocesi (sarebbe lungo elencarli!) – riconosciamo come essa sia intessuta di attenzione, formazione e accompagnamento.

La comunità che oggi lo festeggia è la testimonianza concreta di questo servizio fedele.

Così come la presenza di tanti sacerdoti e amici manifesta la stima per il suo impegno e il desiderio di continuare a camminare insieme.

Ed allora, come per Israele o per questo Tempio da poco dedicato, la consacrazione – e con essa i venticinque anni che oggi celebriamo – non è un punto di arrivo, ma sempre un nuovo inizio: diventiamo noi stessi tempio di Dio e continuiamo a offrire la nostra vita.

Con voi, allora, voglio affidare don Oronzo ed il suo ministero al Sacro Cuore di Gesù e alla materna intercessione di Maria, qui venerata nel mistero del Suo Cuore Immacolato.

Ringraziamo il Signore per il dono del suo sacerdozio e chiediamo che questo inno di ringraziamento diventi fermento di nuove vocazioni.

Perché, come insegnava San Pio, nessun sacrificio sia troppo grande pur di celebrare quotidianamente la Messa, affinché Cristo possa essere generato nelle nostre azioni. Amen!

 

 

X Sabino Iannuzzi

 

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