Domenica dopo Natale

 Sorelle e fratelli sempre amati, con la gioia del Nuovo Anno che si apre con la festa liturgica di Maria Madre di Dio, lascio alla riflessione personale l’ascolto della Parola, fatta uno di noi e, come Maria, viverla da testimoni della Luce apparsa a Betlemme. Con il cuore sempre pieno di speranze nonostante le ‘tenebre’ che tentano di soffocarle – testimonia Giovanni nel Vangelo – permettiamo al divino che abita in noi di spalancarci le ali e volare verso l’Infinito. 

Don Vincenzo


“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio.


E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. (Gv 1,1-18)


Pe. Ermes Ronchi – In ogni uomo un frammento di Dio. Un racconto grandioso che ci dà un senso di vertigine, ma che poi si acquieta dentro una parola semplice e bella: accogliere. “Ma i suoi non l’hanno accolto, a quanti invece l’hanno ac­colto ha dato il potere di di­ventare figli”.

«Accogliere» verbo che ge­nera vita, perché l’uomo di­venta ciò che accoglie in sé. Se accogli vanità divente­rai vuoto; se accogli disor­dine creerai disordine at­torno a te, se accogli luce darai luce.

Dopo il suo Natale è ora il tempo del mio Natale: Cri­sto nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso: na­sca figlio! Il Verbo di Dio è come un seme che genera secondo la propria specie, Dio non può che generare figli di Dio.

E il Verbo si è fatto carne, non solo uomo, ma di più: carne, esistenza umana, fragile ma solidale. E se tu devi piangere, anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire anche lui conoscerà la morte.

Da allora c’è un frammen­to di Logos in ogni carne, qualcosa di Dio in ogni uo­mo. C’è santità e luce in o­gni vita. Il Verbo entra nel mondo e porta la vita di Dio in noi. Ecco la vertigine: la vita stessa di Dio in noi. Dio nella mia carne. E destino di ogni creatura è diventare carne intrisa di cielo.


Don Marco Pedron – C’è un progetto su e in te: per questo ci sei. “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1). Il Verbo è il Logos, e vuol dire: progetto e parola. “All’inizio c’è un progetto”: prima di creare ogni cosa Dio aveva un progetto. Allora: “Tu non sei qui per caso. Tu sei qui perché Dio ha un progetto su di te. Dio ha bisogno di te: per questo ti ha creato”.

“In lui (cioè nel Logos-Progetto) era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). Il progetto è Vita e la vita è la caratteristica prima degli uomini. Prima di Gesù gli “uomini di Dio” erano gli uomini di preghiera, quelli che si mortificavano. Ma da Gesù gli “uomini di Dio” sono quelli vivi, che sanno piangere, emozionarsi, che provano amore, misericordia, che si innamorano, che hanno slanci, che sanno stupirsi: e più un uomo è vivo e più è pieno di Dio.

“A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Ecco il progetto di Dio per ognuno: “Diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Noi non siamo i servi di Dio ma i serviti da Dio. Si diventa figli di Dio amando gli altri.

Venne ad abitare in mezzo a noi: Dio non è più nella chiesa, in un posto prestabilito, ma “in mezzo” al popolo. Alla samaritana dirà: “E’ giunto il momento in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Gv 4,21-23). “Come di unigenito dal Padre” (Gv 1,14). Dio è come Gesù. Tutto ciò che Gesù non è, non viene da Dio. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14). si può tradurre come “pieno di amore vero”. Dio ama di un amore fedele.


Paolo Curtaz – Venne la Parola. Quello che abbiamo letto è il volo di un’aquila.


La Parola. Dio è ed è da sempre. E la sua Parola ha creato e continua a creare. Parole che hanno diviso il caos, all’inizio. Parola che è diventata corpo, in Cristo. Che, quindi, non è un uomo spirituale, un poveraccio che ha patito tanto. Ma la Parola che Dio rivolge agli uomini. E ha imparato la nostra lingua.
Natale è dramma: Dio viene e l’uomo non c’è. La Parola ha parlato, l’uomo non ha ascoltato. La riflessione giovannea parla di un fallimento. Che però non sconfigge Dio, né lo deprime.


 

 

 

Luce e tenebre: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”, si sottolinea non il rifiuto delle tenebre, ma l’ostinazione e la forza della luce. Dio insiste, offre una soluzione, si dona ancora e sempre. Bello, bellissimo. “Le tenebre non vincono”. A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio… Sono già tutto ciò che potrei desiderare. Natale è la presa di coscienza della mia dignità, del fatto che Dio si racconti e che sia splendido. Viene la Parola.


Parola e vita – In ogni uomo un frammento di Dio.


“Un uomo vide un pulcino d’aquila ferito, ne ebbe pietà e se lo portò a casa. L’aquila crebbe nel pollaio con le altre galline, certa di appartenere alla loro razza. Un giorno fu condotta sull’orlo di un precipizio e tenuta sospesa nel vuoto: ne fu impaurita, come lo sarebbe stato ogni animale terrestre. Ma poi i suoi occhi si fissarono sul sole e si aprirono; allora ricordò chi era, spalancò le immense ali e volò via nel cielo… L’aquila e la gallina sono i simboli di due aspetti fondamentali dell’esistenza umana: la dimensione della realtà quotidiana, limitata e concreta, e quella dell’utopia, dell’ideale, del desiderio di infinito… L’uomo è a un tempo aquila e gallina, spirituale e materiale, e rifiutare o negare una delle due dimensioni significa la mancata realizzazione di sé attraverso quella sintesi di trascendente e immanente che ha come modello la figura di Gesù Cristo” (Leonardo Boff).


Si sperimenta continuamente attorno ma anche in noi stessi la dimensione della realtà quotidiana, limitata e concreta, e quella dell’utopia, dell’ideale, del desiderio di infinito: nati con frammento divino, a Sua immagine, starnazziamo, rinchiusi nel pollaio, sbattendo le ali senza volare fino a non percepire più il frammento di divino in noi.

L’Apostolo Giovanni in questa domenica annunzia che la Luce splende ancora tra le tenebre affinché gli occhi si aprano sulla nostra identità profonda ma reale. I pastori, impauriti dallo splendore della Luce celeste che li avvolgeva, accolgono l’annunzio della nascita di salvezza nel Bambino avvolto in fasce in una mangiatoia; e loro senza indugio si recano a contemplare il Salvatore. Anche noi accogliamo senza indugio il Verbo fatto carne per acquisire il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12).

Non manca chi, invece, troppo religioso, troppo spirituale vola talmente in alto, proprio là dove Dio invece è sceso e, smarrito, non Lo incontra. È attraverso la sintesi di trascendente e immanente che si realizza in noi la dimensione di figli sul modello di Cristo Dio-Uomo.

In me si è realizzata concretamente la sintesi tra la dimensione limitata e concreta, e quella dell’utopia, quando incontrando il popolo Rom con meraviglia mi son reso conto del prezioso e stupendo frammento di divino in loro che ignoravo. Ho testimoniato la meraviglia pubblicandola per due volte augurandomi che si spalancassero le immense ali per volare verso la Luce che avvolge le periferie. Mi si ascolta ma… non si è creduti abbastanza tanto si fa insistente l’invito di Papa Francesco nel deserto a recarsi nelle periferie.

“C’è un progetto su e in te: per questo ci sei” ci fa notare don Marco. Rileggendo la mia vita noto con insistenza la presenza di una Luce che ogni qual volta rischio di stare a starnazzare nel pollaio, mi tira fuori, mi conduce sull’orlo di precipizi (zingari, tossicodipendenti, terre sconosciute…), fissando il ‘sole’ mi libera dalle paure, e mi spalanca le ali per volare nel ‘cielo’. Utopie, ideali, desiderio d’infinito… non so! Spalanco le ali e volo, tra giorni, in Brasile.


Buon Anno 2015! spalanchiamo le immense ali e… voliamo.