II Domenica di Avvento

 Carissimi, anticipo la mia visita perché tra due giorni torno da voi per condividere il Pane della Parola per la Festa dell’Immacolata. Camminare fino a Betlemme in compagnia di Maria dà più sicurezza. Mi affretto, intanto, per gli auguri natalizi dalla ‘taipa’ (virtuale) di Ieiè. 

Cordialmente. 


Don Vincenzo


Vangelo: Mc 1,1-8 – “Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri… Giovanni battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati… E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».


Ermes Ronchi – La bella notizia (Vangelo) di Marco è una persona, Gesù. A noi spetta conquista­re sguardi di vangelo! E se qualcosa di cattivo o doloroso è accaduto, buona notizia di­venta il perdono, che lava via gli angoli oscuri del cuore.

“Viene do­po di me uno più forte di me” sicuro, dice: viene. Giorno per giorno, continuamente, adesso Dio vie­ne. Si fa vicino nel tempo e nello spazio. Il mondo è pieno di tracce di Dio. Me lo assicura la libertà che cresce da un confine all’altro del­la terra, i diritti umani, il movi­mento epocale delle donne, il ri­spetto e la cura per i disabili, l’a­more per l’ambiente… La buona notizia è una storia gra­vida di futuro buono per noi e per il mondo, gravida di luce perché Dio è sempre più vicino, vicino come il respiro, vicino come il cuore. Profumo di vita.


Don Marco Pedron – Far nascere il…figlio. Il vangelo di oggi ci presenta la figura di Giovanni Battista. Il Battista era figlio di un sacerdote (Zaccaria) e sarebbe quindi dovuto diventarlo a sua volta. Ma il Battista non sarà un uomo del culto, un sacerdote, bensì un profeta. Quando Dio interviene nella storia evita accuratamente i luoghi sacri e i suoi presunti rappresentanti. Dove va il Battista? Va nel tempio (era un sacerdote, un uomo di Dio)? No, nel deserto. Perché nel deserto conta veramente l’essenziale, e ti mette solo davanti a te e a quello che hai dentro. Nel tempio ci sono le belle liturgie, la bella gente, la sicurezza: non ci si converte, non si cambia dentro, si rimane sempre gli stessi e si giustifica religiosamente le proprie iniquità. Ma il deserto, invece, ti dice: “No, amico, devi convertirti e devi cambiare. Qui si vede se ami Dio: se ami Dio cambia il tuo cuore”.

La religione ti dà regole, ti dice che se farai così andrai in paradiso e se farai colà andrai all’inferno; ti dice chi sono i bravi, i puri e gli ammessi e chi invece è cattivo ed escluso. Ma niente di tutto questo c’è in Gesù. Perché la fede ha solo due obiettivi: fede e amore. Fede: dar fiducia agli uomini, scacciare le paure e il male, sentirsi accettati da Dio in ogni caso. Amore: sentirsi amati da Lui sempre e amare ogni creatura… La regola della religione è: “Quanto preghi? Quanto sei fedele alle regole?”. La regola di Gesù è: “Quanto ami? Quanto le fai crescere?

Il Battista annuncia un battesimo di fuoco. Devi confrontarti con tutto ciò che c’è dentro di te e portarlo alla luce. Questo è il battesimo di fuoco. E’ fuoco perché è un bel lavoro immergersi in ciò che sembra morto, senza senso, disperato, per poter far emergere la Vita dalla morte. Nel profondo della morte di questa vita c’è una luce divina che non muore mai. Allora: tutti siamo battezzati con l’acqua ma il vero battesimo (quello di fuoco) è la vita. Nel giorno del battesimo mi viene detto: “Tu sei figlio di Dio” (battesimo d’acqua). Ma poi devo diventarlo e questo è il mio compito e il mio cammino (battesimo di fuoco). Nessuno di noi accetta ben volentieri che il demoniaco è dentro di noi e non fuori. Solamente immergendoci fioriremo e solo bruciando saremo vivi e amore.

Maria è la madre accogliente. Mica è stato semplice per questa donna accettare questo “suo figlio”. Uno “fuori di sé” (3,21), ritenuto dagli stessi familiari pazzo e da eliminare; da altri ritenuto posseduto dal male e dal demonio (3,31); più volte cercano di ucciderlo (3,6 ecc.) e di farlo fuori. Un figlio condannato a morte con tutta la vergogna possibile: eretico e bestemmiatore. Eppure lei ha creduto a quel “figlio”, lo ha cresciuto, gli è stata vicina e non lo ha mai rifiutato.

Anche il Battista aspetta il Messia. Anche il Battista non vede l’ora del suo arrivo. Gesù, arriva. Ma non sarà affatto come lui credeva. A Giovanni Battista non a caso fu decapitata la testa (Mt 14,3-12): per conoscere Colui che veniva (il Signore) dovette perdere la testa, dovette lasciare tutte le sue idee.

Dio vuole nascere in te. Non dire: “Inconcepibile! impossibile! no!” a ciò che succede in te, attorno a te, solo perché non ha il volto che tu pensavi. Perché quello che è concepibile (come dice la parola stessa) è già nato; è l’inconcepibile che chiede di nascere. Ama ciò che è in te e nella tua vita, perché è questo “tuo figlio” che vuole nascere in te.

Pensiero della settimana: Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare fino a quando arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa. (A. Einstein)


Paolo Curtaz – Consolazione e strade– Non facciamo finta che poi Gesù nasce. Vogliamo farlo nascere nella nostra vita, continuamente, rinvigorire la sorgente che abita in noi. Riscoprire il volto di Dio che egli ha raccontato. Isaia richiama all’essenziale: per scoprire la consolazione di Dio bisogna costruire una strada, una strada nuova proprio nel deserto, di osare, di volare in alto.
Vuoi incontrare il Dio di Gesù? non rassegnarti: costruisci un percorso nella tua vita caotica. L’incontro con Dio è gratuito, è dono, è gratis. Ma per lasciarci incontrare dobbiamo rimboccarci le maniche, entrare nel deserto, fuggire da Babilonia. Cristo lo incontriamo se ci diamo da fare, se diamo retta ai tanti profeti che ancora camminano accanto a noi e che ci suggeriscono i percorsi dell’interiorità, ritagliarci qualche micro-spazio per la preghiera!

È serio il Natale, è severo, ha a che fare col dramma di un Dio presente e di un uomo assente. Molti, ahimè, vi hanno rinunciato, hanno abdicato a pensare, a vivere, travolti dalla quotidianità. Dio non si scoraggia e li/ci raggiunge proprio nella quotidianità, diventando uno di noi.

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Parola e vita “a quanti mi domandano ragione della speranza” (1Pt 3,15) che è in me.


Non tarderà molto e il 25 dicembre è già! Svegli e attenti all’invito della scorsa domenica, poniamo in questi fuggevoli giorni passi concreti. Per convertire il proprio cuore ci vuole una lunga lotta interiore e una dura costanza. Vi ricordate gli ebrei? Il loro battesimo d’acqua fu il passaggio del Mar Rosso. Ma ci vollero quarant’anni di deserto per arrivare alla terra promessa… Bisogna discendere nella nostra umanità. L’ha fatto anche Gesù Cristo che è disceso nel fiume del peccato, il Giordano, dove tutti andavano a lavarsi dai propri peccati. (Pedron).

Natale, come ogni nascita, richiede tempo lungo di gestazione. L’Avvento non sia distratto da presepi o alberi da adornare sempre più incantevoli, ma sia tempo di strade da preparare nel deserto.  Mi è capitato di vivere Natali nella semplicità e ricchezza umana di tante Betlemme percorrendo strade nel deserto, non fermandomi alla celebrazione liturgica sempre commovente. Giovanissimo prete avvertivo che il Natale aveva senso tra i piccoli ospiti di Mater Christi in Castellaneta, orfani o in situazioni precarie. Parroco tra i contadini a Conca d’Oro (Palagiano), amavo recarmi a visitare il mio chierichetto Angelo all’ospedale ortopedico “Testa” in Taranto, e baciare stringendo al cuore non il Bambino Gesù manufatto, ma i piccoli degenti che amavo definire i miei Bambini Gesù di gesso a motivo del calco che teneva ben fermo il corpicino con le ossa intaccate da TBC. Nei miei raccontini zingari potete gustare il Natale umile e meraviglioso trascorso tra le tende zingare in Lecce, oppure, meno meraviglioso e sconcertante, ma vero miracolo natalizio, a Marsiglia. 

Vi racconto, invece, quello vissuto con la famiglia di Ieiè in Brasile:

Nel villaggio prediletto del Brejo da Conceição s’era instaurato un feeling con la famiglia del simpatico Ieiè e donna Terezinha. Era il primo Natale in Brasile e, come già vissuto tante volte in Italia, volevo recarmi ad adorare il Bambino Gesù, vero e non di gesso, sorridente per davvero anche se in un habitat precario ma ricco di vita semplice. Sapevo che li avrei rallegrati e proposi di passare il giorno di Natale con loro. Mamma Terezinha leggeva nel sorriso sgangherato di Ieiè la soddisfazione della proposta. Vissi così un Natale indimenticabile, in pieno estate brasiliano, il primo senza freddo e gelo ma pieno di calore umano. La piccola casa di fango, una taipa, era zeppa di bimbi con il neonato Jovaninho dolcemente nel sonno in una rete agganciata alle fessure e già zio di diversi nipotini disseminati qua e là per terra, a divorare qualche pezzetto di gallina in cima a qualche pseudo scodella di sumì. Per me il posto d’onore accanto a papà Ieiè e il piccolo Ivanildo che mamma Terezinha desiderava che mi facesse compagnia in casa insieme a Thiago. Non c’era Panettone né champagne, segni di una festa sopraffatta dal consumismo, ma tanta gioia nei bimbi che si alternavano sulle mie ginocchia.

Fioretti natalizi son dati da vivere anche a ciascuno di noi se sappiamo aprire strade nel deserto privo molto spesso di umanità.



“Mi basta che Tu mi vuoi bene” Ed. Paoline – pagg. 178-105