2^ Domenica del T.O. / A

 IIª Domenica del T.O – 19 GENNAIO

Carissimi amati fraternamente, mi affretto a visitarvi mentre cerco di chiudere le valigie che, con l’aiuto di Dio, mi accompagneranno in questi giorni fino in Brasile. Dopo aver celebrato il Natale con i  miei, mi reco a celebrare la Pasqua con chi ‘voglio. Finché il Buon Dio continua a darmi salute sufficiente torno volentieri dove avverto maggiore servizio. Vi rivisiterò, spero fino a Pasqua, ben più caldo d’estate brasiliano. Con grande abbraccio.  Don Vincenzo

Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio». Gv 1,29-34   

RonchiDio sacrifica se stesso per l’uomo. 

Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Ecco l’agnello, ecco il piccolo animale sacri­ficato, il sangue sparso, la vit­tima innocente. Appare il capovolgi­mento totale portato da Ge­sù: in tutte le religioni l’uomo sacrifica qualcosa per Dio, o­ra è Dio che sacrifica se stes­so per l’uomo. Dio non esige la vita del peccatore, dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. E dal suo costato a­perto sulla croce non esce vendetta, ma sangue e acqua, sangue d’amore, ac­qua di vita, la capacità di a­mare sempre e comunque. Gesù è vittima d’amore. Scri­ve Origene: «Dio prima ha sofferto, poi si è incarnato», ha sofferto vedendo il male che l’uomo ha e fa’, ha sofferto per amore. Ha sfidato e smascherato la violenza, con l’amore.

Don Marco PedronBuono come un agnello

Nel Vangelo di Giovanni il Battista non è il precursore come negli altri tre, ma il testimone. Il Battista dice: “Io so che è lui; lo so perché io ho visto. Per questo io posso testimoniare”. Il testimone in tribunale è colui che ha visto. E’ certo perché ha visto. Tu cos’hai visto di Dio? Cos’hai visto accadere sulla tua vita? Se Dio non ti ha fatto nuovo, più libero, più vero, se non ti ha sanato, come puoi dire di conoscerlo? Se l’hai incontrato, allora Dio esiste, altrimenti no, come diceva Andrè Frossard in un suo libro: “Dio esiste io l’ho incontrato”.  Qui il Battista rende testimonianza a Gesù: “E’ lui l’agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo”.

A novantanove anni Dio conclude con Abramo un alleanza e annuncia ad Abramo che sarà padre di una moltitudine di popoli (Gen 17, 5). Lui e tutto il suo popolo accetta l’alleanza. Il nome Abramo ad un certo momento diviene Abraham e Sarai diviene Sarah: in entrambi si aggiunge una “h” (het). L'”h” è il nome divino (i-h-w-h): se non c’è Dio nella loro vita, non c’è fecondità. Non può nascere nulla se non c’è lo Spirito che scende su e dentro di te. Dio mantiene la promessa e quando Abramo ha cento anni, sua moglie Sara gli partorisce un figlio: Isacco. Per un ebreo la discendenza, un figlio, è la cosa più importante che ci sia. Un giorno Dio dice ad Abramo: “Abramo, Abramo, prendi tuo figlio (e sottolinea), il tuo unico figlio che ami, Isacco, e offrilo in olocausto” (Gen 22,2). Abramo non capisce più niente, è chiaro: si deve solo fidare. 
Un uomo è stato lasciato da sua moglie perché lei aveva un altro… Ma la lezione per quest’uomo è: “Che cosa ho fatto perché rimanesse? Come l’ho amata perché potesse stare con me?”. E la sua risposta è stata: “Niente!”. Lui ha imparato. Non se n’è andata perché lei è “cattiva”, ma perché lui non ha fatto nulla per tenerla e per amarla. Adesso però sa. 
Un padre dice: “Mio figlio non mi viene mai a trovare… Quando veniva suo figlio si lamentava sempre che era solo, e che non veniva mai a trovarlo, e che… Per forza il figlio non ci andava più. Ma adesso lo sa. 
Non dire mai: “Ingiusto!”. Dì: “Qual è la lezione della Vita per me in questa situazione?”. Ogni passaggio di vita ci costringe a far morire qualcosa. Dovrà sacrificare il “suo figlio” perché quel suo figlio non è suo, ma del Signore. Dovrà cioè smettere di possederlo, di considerarlo suo. L’agnello, allora, è il simbolo della vulnerabilità, della debolezza che devo pagare per crescere, per diventare spirituale, puro.

L’espressione della messa “agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” per noi vuol dire: “Dio è morto a causa dei nostri peccati”. E ci sembra che Dio si sia offerto per noi a causa della nostra cattiveria’ Soffrire è buono perché così espii i tuoi peccati e i tuoi sbagli!.  Ma: l’espressione “l’agnello di Dio” vuol dire un po’ il contrario di quello che noi pensiamo. Vuol dire: “Dio è buono come un agnello; Dio non ti farebbe mai del male; Dio è bontà, tenerezza”. Dio non è vendicativo. Dio non è violento: mai vorrà il tuo male. L’agnello non faceva paura: Dio è così. Per nessun motivo al mondo lo devi temere. Lui sta sempre dalla tua parte, Lui non abbandona mai. L’agnello era simbolo di dono: il latte, la lana e la carne; Dio è così: tutto quello che ha te lo da.

E qual è il peccato che viene a togliermi, che l’Agnello porta via? Il nostro peccato sono il limite, la paura, i condizionamenti. Allora Lui, come una Grande Madre, Buono come un Agnello, ci prende per mano perché noi possiamo affrontare tutto questo. E se qualche volta ci mette alle strette, ci dà una tirata d’orecchie è solo perché ci vuole bene e perché vuole che diventiamo grandi, adulti e soprattutto felici. 
Paolo Curtaz: Eccolo. Giovanni è rimasto turbato nel profondo quando ha visto in fila tra i penitenti il suo parente. Vede Gesù venire verso di lui, l’atteso, mischiarsi come se nulla fosse alla folla dei penitenti. Si era sbagliato il Battista. Il Messia non sarebbe venuto per gettare la pula nel fuoco, ascia pronta ad abbattere l’albero che non dà frutto (Lc 3). Il Messia, quel Messia, avrebbe zappato e concimato l’albero, in attesa di un improbabile cambiamento. È sempre così inatteso il nostro Dio, sempre così diverso. Gesù è il figlio di Dio. Egli è la presenza stessa di Dio. 

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In ascolto‘Se Dio ti ha fatto nuovo, più libero, più vero, se ti ha sanato, puoi dire di conoscerlo. Se l’hai incontrato, allora Dio esiste, altrimenti no!’. Tutto il mondo vedendo la trasformazione operata dallo Spirito in Benedetto XVI e nella Chiesa con Papa Francesco, si è maggiormente aperto all’ascolto di Dio.

Quando mi è stato fatto dono, bruciato dalla passione che mi ardeva dentro e mi spingeva a un cambiamento radicale di vita ‘nomade con i nomadi’, (a dire di don Marco Pedron nella scorsa settimana)ricevuto il Battesimo di Spirito Santo e fuoco che non mi permetteva di tirarmi indietro di fronte a una ingiusta discriminazione pastorale nei confronti di un popolo disprezzato ed emarginatoho umilmente e sinceramente testimoniato che mi sono sentito più amato da Dio e dai fratelli. Ed erano i piccoli, credetemi, che notando quanto avvenuto in me testimoniavano: ‘Come è vero che Dio esiste!’. E in me sono venute meno tante paure e ho visto crescere la mia maturità umana e spirituale.

Questo ci costringe necessariamente a far morire in noi tante false sicurezze. Da lupo che divora prede innocenti per possederle, a umile e mite agnello che dona tutto se stesso nel servizio quotidiano. Poter ripetere, con i propri limiti, con il carissimo don Tonino Bello: servo inutile a tempo pieno.

Se è vero, ed è vero, che i tuoi figli non sono tuoi (Gibran), ugualmente e a maggior ragione una parrocchia non è del parroco, una città non è del sindaco’ Solo servi perché i figli crescano ed abbiano vita la più sana; servi per servire e non padroni della comunità: ‘Finchè il parroco sono io, si fa così!’ lo si è ripetuto chi sa quante volte.

Con insistenza, allontanandomi dal Brasile, ho ribadito: ‘Il Cristo, la comunità cristiana in Santana siete voi. Il parroco è la guida, il responsabile, ora uno, ora l’altro; dà una testimonianza con i propri limiti e ricchezze, poi va via e ne arriva un altro. Voi comunità continuate a essere presenza del Cristo arricchendovi e crescendo attraverso i vari impulsi che ricevete’. Lasciare la parrocchia nata e cresciutacon me nei primi 15 anni, è costata a me e alla comunità lacrime come se appartenesse a me. Ma la comunità è cresciuta e io mi sono ridimensionato: servo di un gregge che ha un Pastore vero prima ancora d’essere generata. Avviene con i genitori, e ancor più con noi pastorelli non esenti da uguale fragilità, esserne convinti ma atteggiarsi a padroni.

‘Disturbo?’  mi vien chiesto ogni qual volta qualcuno mi vuole incontrare. E io immediatamente: ‘Mi devi disturbare. Sto qui per questo’. Per San Vincenzo de’ Paoli i poveri erano i suoi padroni. San Camillo de Lellis lo si incontrava nelle corsie in atteggiamenti di vera e propria adorazione dei malati, tanto era il rispetto che ne aveva, e da loro si faceva benedire e perdonare i peccati! Se il capo-ufficio ( ‘io parroco!)è dietro la scrivania, difficilmente avverte che viene pagato per servire

 

 

 

Gesù disse loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve. (Luca 22,25-27).

 

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don Vincenzo

NUOVO INDIRIZZO DI DON VINCENZO: donvincenzodeflorio@gmail.com
 
ATTENZIONE
Carissimi,
può darsi che vi sia arrivata o vi arriverà una mail a firma di don Vincenzo De Florio, che è partito per il Brasile; in questa mail si legge che ora si trova in Costa D’Avorio (!) e chiede un contributo economico per le sue necessità. L’e-mail è chiaramente falsa perché già in passato una fantomatica associazione londinese gli ha sottratto denaro dal suo conto personale con questi sistemi di hacker, quindi non rispondete, né comunicate dati personali e bancari e…non inviate denaro!
Grazie!