padre Ermes Ronchi – All’origine c’è un legame d’amore, relazione a somiglianza della Trinità. A immagine di un Padre che è la fonte della vita, a immagine di un Figlio che mi innamora ancora, di uno Spirito che accende di comunione tutte le nostre solitudini. “Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli…” Immergete, dice Gesù, ogni creatura dentro l’oceano dell’amore di Dio. “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Sono con voi, senza condizioni, dentro le vostre solitudini. Nei giorni in cui credi e in quelli in cui dubiti. Nulla, mai, ti separerà dall’amore.
don Marco Pedron – E’ la Forza più forte perché è la più debole. La festa della Trinità dice: “In Dio ci sono tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo” e tutte e tre sono Dio. Tipico di queste tre persone non è la solitudine (non sono tre dei) ma l’essere in relazione con gli altri due. È la cosa che più cerchiamo nella vita: l’amore! Perché ci sia l’amore servono tre elementi: due persone e una relazione. Ci sono io, ci sei tu, ma se non c’è una relazione, un rapporto forte e profondo, se non c’è l’amore, siamo separati, lontani e non c’è neppure rapporto. Ciò che conta in una relazione è che non ci fondiamo (io e te siamo uguali, la stessa cosa), che non siamo separati (io e te siamo distanti, non c’è rapporto) e che ci amiamo (che ci sia una relazione fra di noi). La prima grande verità della festa di oggi è che tutto è in relazione.
Conosciamo il “dolore dei gemelli”: quando sta male uno l’altro, anche se lontano, lo sente. A volte succede anche fra gli amanti, fra madri e figli, perfino tra gli amici. Qualunque cosa succeda nel mondo ha una vibrazione, un’eco, magari piccola (ma ce l’ha!) in tutto il mondo e su ogni essere. Tutto quello che fai, allora, non lo fai solo a te ma a tutto il mondo. Quando ami, tutto il mondo sente l’onda del tuo amore. E quando prego tutto il mondo diventa più aperto, spirituale, profondo e vicino al Cuore di Dio. Tutto è Uno, cioè, interconnesso (Gv 17,11). L’immigrazione: è una questione irrisolvibile finché si traccerà una linea di confine tra buoni e cattivi, tra coloro che hanno diritto o coloro che non ne hanno. Perché tutto è sempre in relazione, connesso, con il tutto.
La festa della Trinità svela il segreto della realtà: tutta la realtà è trinitaria. Un uomo, una donna: perché ci sia una coppia serve un’altra realtà: che ci sia il legame, l’amore. Una coppia non “muore” se l’amore vive. Le coppie muoiono perché muore “la relazione” e rimane solo il legame giuridico: è una confezione regalo senza regalo.
Al ristorante: un bambino non vuole più mangiare. “Mangia tutto”, gli dice il padre: E ricordati che certi bambini non hanno neanche da mangiare”. Il bambino risponde: “Per forza non hanno niente, se mangio tutto io!”. Ascoltalo, rispettalo, chiedigli il perché, magari neppure i bambini hanno sempre fame.
E’ il legame di fiducia, di amore, di ascolto che costruisce la relazione. Nella preghiera è la relazione con Dio che fa della nostra preghiera semplici parole dette al vento o un rapporto di fede e d’amore. Pregare è una relazione: mi rivolgo a Te e Tu ti rivolgi a me; c’è uno scambio, un fluire, un passaggio.
Ma la festa della Trinità dice un’altra cosa ancora: è l’Amore che sostiene ogni cosa. Disperati o infelici? Perché vorremmo essere amati e amare, e non ci riusciamo. L’amore è la forza debole che sostiene ogni cosa, che è dentro ogni cosa. E’ una forza: perché quando sei amato, tutto si può affrontare. Ma è debole: non si impone, non si può pretendere. Gandhi, con la forza debole (la non violenza) ha ottenuto ciò che gli altri con la violenza non ottennero. Guardo a Gesù Cristo: un amore crocefisso, che non si è difeso,
Eppure quest’amore ha salvato il mondo. A tutti, in ogni caso, diceva: “Anche se tu non mi ami, non ti preoccupare perché io non ritiro il mio amore per te”. “Il figliol prodigo” quando inizia a parlare il Padre lo abbraccia e nel suo silenzio gli dice: “Ti aspettavo”. Da quel giorno capì l’amore: la debolezza del Padre gli entrò dentro. L’amore è la forza più forte che esista ed è la più forte perché è la più debole.
Wilma Chasseur – Ecco cos’è la Trinità: il cielo “dentro” e non fuori. “Ho trovato il cielo sulla terra perché il cielo è Dio e Dio abita nella mia anima” (S. Elisabetta della Trinità). La vita eterna è essere abitati da Dio: è fare l’esperienza degli orizzonti infiniti dell’anima. E la vita eterna sarà che questa esistenza infinita, quella di Dio che ci verrà comunicata per l’eternità. Sarà una sovrabbondanza di vita incredibile: tutte le nostre opere, lungi dal non servire più a niente e di essere messe a riposo eterno appena giunti nell’al di là, sarà proprio dalla contemplazione della Trinità e quindi dalla visione beatifica, che riceveranno la loro totale realizzazione. Sarà Dio stesso che darà loro quello splendore che illuminerà i secoli eterni.
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Parola e vita – Cerco ogni volta di leggere la Parola nella mia vita, e invito a fare altrettanto come indispensabile, altrimenti continuiamo ad ascoltare più o meno interessati o stufi senza che produca frutto. “La nostra preghiera: semplici parole dette al vento o un rapporto di fede e d’amore? Mi sento abitato da Dio?”
Dall’altezza dei miei anni scorgo chiaramente che “mi ha plasmato suo servo dal seno materno poiché ero stato stimato dal Signore, e Dio era stato la mia forza”(Is 49,5). Mi spiego così perché già a sette anni desideravo essere prete e chiesi con forza di entrare in Seminario. Persino la mia attenzione e predilezione per i piccoli l’avvertii, ancora seminarista, in un momento provvidenziale (divino) di debolezza, di malattia che mi allontanò dagli studi e dal Seminario, con la grave incognita sull’iter verso il Presbiterato. Costretto a far niente, osservavo dalla finestra ogni mattina ben presto, anche nel freddo inverno, piccoli contadinelli o pastorelli, con papà in guerra o defunto, che si riscaldavano scherzando tra loro in attesa di chi l’ingaggiasse quel giorno nel lavoro indispensabile per tutta la famiglia. Mi entrarono fortemente nel cuore, e l’amicizia più che fraterna, l’affetto nel relazionarmi con stima e condivisione, marcò di gioia incredibile la mia e la loro vita. Già nonni narrano ancora oggi ai nipotini le fette di pane o i primi scarabocchi sui quaderni che si condividevano la sera tornando dal lavoro. Inizio di un cammino irresistibile fino al giorno d’oggi.
Come questa abbondanza di grazia, sin dal seno materno, non relazionarla con la mamma che, giovanissima a 39 anni, donava la sua vita alla nascita dell’ottavo figlio! E la forte fede del papà, vedovo tanto presto, che, tra tantissime difficoltà, volgeva con immensa fiducia il suo sguardo al Cuore di Gesù davanti al quale teneva sempre accesa la lampada a olio!
“Quando ami, tutto il mondo sente l’onda del tuo amore. E quando prego – sottolinea don Marco – e il mio cuore è unito a Dio, non lo faccio solo per me ma prego davvero per tutto il mondo. E tutto il mondo diventa più aperto, spirituale, profondo e vicino al Cuore di Dio. Se pregassimo di più, se i nostri cuori viaggiassero alla frequenza dell’Amore, tutto il mondo (oltre a noi) sarebbe un mondo migliore.
Prima che la mia biblioteca di vita venga incendiata con la mia rinascita nell’eterno, scrivo e riscrivo la mia vita (Bimbo rimasto bambino … da Gerusalemme a Gerico fino a Betlemme) per gridare a tutti le meraviglia operate dal Signore in me proprio in relazione alla vita di chi me l’ha trasmessa, e per le relazioni vissute con quanti il Signore ha voluto porre lungo il mio cammino.
Paolo Curtaz sottolinea che solo dopo aver ricevuto lo Spirito, possiamo parlare di Dio. Ma il Dio che ci è venuto a raccontare Gesù: Dio che è Trinità, Dio che è unico, frutto della comunione del Padre col Figlio nello Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti. È comunione, festa, famiglia, dono, amore, tensione dell’uno verso l’altro. Solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione.
La mia vita è stata vissuta con un susseguirsi di relazioni con i piccoli più disattesi, e a dismisura si sono moltiplicate le benedizioni divine e le ricchezze spirituali.
“Questa comunione – conclude Curtaz – ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati. Le conseguenze sono enormi. La solitudine ci è insopportabile. E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale.