IV Domenica di Quaresima

 Carissimi sorelle e fratelli, 

 

Pasqua si avvicina velocemente e, come succede raggiungendo la meta, il passo si fa più veloce. Con Gesù, l’appassionato pazzo di una umanità obbligata oramai a celebrare non più la Pasqua del Signore che libera, ma la Pasqua dei Giudei (Gv 2,13)= lideranza che schiavizza traendone profitto, “divorato dallo zelo per la casa del Padre resa casa di commercio”, ho celebrato la 3ª Domenica lasciandomi prendere anch’io dallo stesso zelo e con una lunga predica, a sproposito o a proposito, volevo cacciar via la religione commercio, la fede commercio dalla Casa del Padre. Scandalizzo anch’io, molto meno di Gesù altrimenti i bravi mi crocifiggerebbero (!), quando affermo che i giusti sono pericolosi: loro sono i salvati, tutti gli altri peccatori da evitare. È il contrario del Vangelo, della Bella Notizia della salvezza annunziata ai pastori tra i più rifiutati (Lc 2,10), e confermato da San Paolo che si premura a sottolineare: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io” (RM 1,15).

Troppe volte mi è capitato scontrarmi con persone devote (persino fin troppo) pronte sì a distruggere il tempio in seguito alla morte del marito o figlio: non più in chiesa, via ogni preghiera…. A Dio tutto (si presume di dare!), da Dio tutto si pretende. Non si percepisce che dall’inevitabile fragilità umana nessuno è dispensato… nemmeno il Figlio amato obbediente fino alla morte e morte di croce (Fili 2,8). Un Dio che salva solo le poche pecorelle lì sempre attorno, lasciando perdere il gregge che è tra dirupi sarebbe tutto il rovescio del Buon Pastore. Per noi è così da sempre: ti amo se tu mi ami. Ma Dio, grazie a Dio: “è Dio e non uomo” (Os 11,9). Dà tutto gratuitamente, dice San Paolo: “Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? (Rm 8,32).

Gesù ci ammonisce: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19). Se questo avviene, è Pasqua! Fraternamente. Don Vincenzo

 

Gv 3,14-21 «… Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui…».

 

padre Ermes Ronchi – Dio ci ama tanto da dare suo Figlio. È il versetto centrale del quar­to Vangelo. Il verset­to dal quale scaturisce la sto­ria di Dio con noi: l’amore, divino nel­l’uomo, umano in Dio. Dio ha amato: Noi non siamo cristiani perché a­miamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama. Ha amato me quanto ha amato Gesù. E questo sarà per sem­pre: io amato come Cristo. Dio ha tanto amato, e noi co­me Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; ci impegniamo non per con­vertire le persone, ma per a­marle.

 

don Marco Pedron – Dio ha mandato suo Figlio per me. Nicodemo è un fariseo e fra farisei. L’incontro avviene di notte. Notte è quando la confusione è tale che sei perso; notte è quando non c’è nessuna luce e nessuna speranza dentro di te. Allora è notte. Nicodemo è stimato dal popolo e dal sinedrio. Eppure a lui manca qualcosa. Ma lui non sa cosa. Gesù allora lo centra: “Nicodemo se tu non rinasci “anothen” non puoi vedere il regno di Dio” (Gv 3,3). Anothen vuol dire sia “dall’alto” che “di nuovo”.

1. Di nuovo vuol dire: realizzare il potenziale che sei. Adesso ti partorisci tu”. Questa nascita dipende da te e da nessun altro. Tutti esistono, alcuni anche vivono.

Nicodemo è un uomo dominato dalla legge, da ciò che gli altri si aspettano, dal buon senso comune. Rinascere è far morire tutto ciò che prima sembrava vitale.

Nicodemo qui non ci capisce niente. Ma dopo la morte di Gesù anche lui rinascerà. Sarà proprio lui a provvedere alla sepoltura di Gesù (Gv 19,38-42): non è d’accordo con l’ingiustizia commessa e l’aver toccato un cadavere non gli consentirà di celebrare la festa imminente di Pasqua. Non l’ha seguito da vivo, ma lo ha seguito da morto. Nicodemo è rinato.

2. Dall’alto vuol dire: “Ci serve una prospettiva più ampia, spirituale, per vivere”. Se si ha un motivo per l’umanità per cui vivere, allora si ha una forza irresistibile. Altrimenti ci attacchiamo ai soldi, al successo, ai figli, al coniuge e facciamo di loro la nostra missione e il nostro scopo. Non sono qui per caso o per sbaglio: sono qui per un motivo preciso e specifico. Gesù, individuata la sua visione (il Padre) e la sua missione. Per questo ebbe una forza non sua; per questo nessuno lo fermò.

E per ricordarci chi siamo Gesù cita un esempio: il serpente segno di pericolo, di morte, diventa segno di vita. Così la croce, segno di paura, di morte, di sofferenza diventa segno di vita. Da quando Gesù l’ha affrontata ed è stato risorto da suo Padre, non fa più paura (Gv 3,15).

Cosa dice a me questo vangelo? Guarda in su; guarda in alto e distogli lo sguardo da terra.

E quando mi sento angosciato, solo, depresso, disperato, guardo su e ricordo ciò che Gesù dice ora a me come disse a Nicodemo: “Dio ha tanto amato Marco da dare il suo Figlio unigenito”. Non ti senti al sicuro? Protetto? Non ti senti fra le braccia grandi e calde della Vita? Che c’è da temere?

 

*  *  *  *  *

 

Parola e vita. Per lungo tempo l’evangelizzazione si è nutrita della non Bella Notizia: Dio giudice ti condanna all’inferno! Paolo Curtaz scrive che è diventata connaturale un’orribile visione di Dio. Dio giudice. È una visione semplicistica ereditata dal V.T. eppure efficace: Dio punisce il peccato del popolo.

Gesù rivela qualcosa di inatteso e inaudito: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Non è Dio a punire, ma il peccato stesso. Il peccato è male perché ci fa del male; il peccato distrugge, non è Dio! Dio vuole la nostra salvezza, ad ogni costo. Nessun giudice, nessun vigile. Da bimbo, specie in seminario, era frequente leggere su qualche parete: Dio ti vede! Con qualche disegno di triangolo (Trinità) con dentro un enorme occhio severo lì a scrutarti. Il santo Abate dom Benedetto Calati suscitava ironia quando ripresentava la Predica delle Missioni popolari di non molto tempo fa, e che anch’io ricordo: il santo e zelante missionario con nella mano un macabro teschio lo interrogava: “Peccatore, dove sono ora i tuoi occhi maliziosi, dove la tua lingua….?!”. L’esperienza certa del peccato sempre presente, nonostante i quasi buoni propositi, confrontata con la paura di un inferno che a molti non dà certo, potrebbe averli indotto a lasciar perdere tutto per un vivere in santa pace così come si è. Si è completamente ignorato che Dio ti ama ancor più a motivo del peccato. Felice colpa! Ci fa cantare la Chiesa la notte di Pasqua proclamando lungamente la Storia della salvezza. In Brasile si canta con gioia e fiducia all’Atto penitenziale: “É grande o nosso pecado, porém é maior o teu coração= è grande il nostro peccato e, proprio per questo, si fa grande il tuo cuore.

Ma ancora oggi c’è chi lamenta che nelle Omelie non si parli più dell’inferno. Gesù ne parla solo in Luca 16,23: tra i tormenti dell’inferno viene sepolto il ricco perché disattento al povero. È la mancanza di amore che rende la vita fin d’ora un inferno e lì vi si resta sepolti …in eterno. Parlando delle conseguenze del peccato Gesù afferma piuttosto che si finisce gettati come immondizie nel fuoco della Geenna, luogo dove eternamente bruciavano le immondizie di Gerusalemme.

“Dio ha mandato il Figlio NON per giudicare il mondo ma perché IL MONDO SI SALVI PER MEZZO DI LUI; chi crede in Lui non è condannato”. Dio vede  – ci dice la Liturgia – non i nostri peccati, ma la nostra fede nel Dio di Gesù. 

Ecco il giudizio!