Omelia di Mons. Sabino Iannuzzi per l’Ordinazione Diaconale di Tommaso Cavaliere, Francesco Dall’Arche e Michele Mingolla

Carissimi fratelli e sorelle,

il Signore che ci ha convocato per celebrare l’eucarestia continua ad elargire il dono della sua generosità a questa nostra Chiesa che è in Castellaneta: il diaconato di questi nostri tre fratelli Tommaso, Francesco e Michele, che con gioia grande e non poca trepidazione, fidandomi dell’aiuto di Dio – come avete ascoltato -, li ho eletti per il servizio ministeriale alla Chiesa.

Pertanto, il nostro primo ringraziamento, questa sera, non può che essere per Lui, il Signore, al quale vogliamo affidarli perché porti a compimento l’opera che ha iniziato in ciascuno di loro; così come alle rispettive comunità parrocchiali da cui provengono e a quelle di esperienza apostolica; alle loro famiglie – che cordialmente saluto e ringrazio per la collaborazione al dono dei loro cari a servizio del Regno di Dio – e a quanti, in questi anni, hanno contribuito alla loro formazione ed in modo particolare alla comunità e ai formatori del Seminario Regionale Pio XI di Molfetta; così come a Mons. Renzo Di Fonzo, Vicario generale, ai presbiteri presenti, ai diaconi e ai seminaristi, al Coro Diocesano, alle autorità civili presenti e a tutti voi che siete qui per far festa con noi.

Carissimi Tommaso, Francesco e Michele avete intrapreso il vostro cammino da luoghi diversi; avete percorso strade diverse a motivo delle vostre storie personali, della diversità di indole e delle scelte iniziali della vostra vita, per le persone che avete incontrato e che certamente hanno lasciato nell’animo, nel cuore e nella mente il loro segno.

Un giorno, però, le vostre strade hanno incominciato ad incrociarsi: non certamente per interessi comuni, ma perché avete prestato ascolto ad una medesima “Voce”, quella del Santo d’Israele, che, come al Profeta Isaia, ha fatto risuonare forte in voi la sua Parola: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare» (Is 48,17), al fine di percorrere quel cammino di alleanza e d’amore con il Signore ed ottenere, come abbiamo pregato al Salmo Responsoriale, «la luce della vita».

Ed ora tutti e tre siete qui con noi per rinnovare, insieme, nella celebrazione sacramentale l’incontro con Lui e riconoscere la sua ora per la vostra vita, il tempo opportuno, cioè il segno manifesto dello stile sapiente di Dio, «riconosciuto giusto per le opere che esso compie» (Cf. Mt 11,19), di cui una è proprio il “servizio” che con l’ordinazione diaconale vi è affidato.

Come i contemporanei di Gesù, soprattutto in questo tempo liturgico d’Avvento, sollecitati dalla figura di Giovanni Battista, siamo invitati non solo a compiere opere di penitenza e conversione, ma ad accogliere la gioia evangelica che sboccerà dal riconoscere che Lui, il Signore stesso, non si è vergognato d’essere additato come «un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori», e vuol intraprendere – con ciascuno di noi – quella relazione di festa che non si potrà mai rimandare a domani – come vorrebbero invece i ragazzini capricciosi della parabola evangelica – ma celebrare nell’oggi della vita e della storia.

Carissimi Tommaso, Francesco e Michele, con il diaconato che state per ricevere, «senza perdervi d’animo» (2Cor 4,1), siete esortati ad invocare e cercare il Signore, «secondo la misericordia che ci è stata accordata» (2Cor 4,1), attraverso il servizio della Comunità, della Parola e della Carità in vista del presbiterato.

Papa Francesco, parlando del ministero dei diaconi, lo definisce il “sacramento del servizio”, perché «se non si vive questa dimensione del servizio, ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto. E poco a poco si mondanizza. I diaconi ricordano alla Chiesa che è vero quanto scoprì Santa Teresina: la Chiesa ha un cuore bruciato dall’amore. Sì, un cuore umile che palpita di servizio» (Cf. Papa Francesco, Discorso ai diaconi…, Roma, 19 giugno 2021).

Vivere «l’ora» di questo ministero è un servizio che richiede di essere fatto con perseveranza, nella gioia, con abnegazione totale e tanta gratuità, perché è annuncio di Cristo e del suo Vangelo, con lo stile raccomandato da San Paolo nella seconda lettura, sforzandoci di vincere una tentazione sempre insidiosa per ogni evangelizzatore: «noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo vostri servitori a causa di Gesù» (2Cor 4,5).

Come potete ben immaginare, il servizio diaconale non sarà per voi un tempo provvisorio o di passaggio (i famigerati “almeno sei mesi”, come prescrive il Codice di Diritto Canonico), una prova da superare o l’insieme di una serie di azioni da compiere. Fra poco assumerete impegni pubblici ai quali risponderete: “lo voglio”, “lo prometto”. E’ molto importante per voi e per la Chiesa. Ma, vi dico che non sarà il loro oggettivo adempimento a fare di voi dei buoni diaconi e dei buoni sacerdoti. Non sarete bravi semplicemente perché pregherete la Liturgia delle Ore, perché sarete ministri solenni all’altare, perché resterete celibi… Tutto questo non vi basterà di sicuro se il diaconato non si concretizzerà in uno stile di vita da assumere, che darà identità, sapore e colore a tutta la vostra vita.

Vivete coerentemente questo servizio ed allenatevi in esso: ne gusterete certo la bellezza! Proprio nel suo esercizio ed attraverso di esso diventerete immagine del Cristo, servo del Padre e degli uomini. Sarà proprio sul servizio che si giocherà tutto il vostro ministero. Non a caso Gesù, agli apostoli che gli chiedevano di poter «accrescere la loro fede», concluse dicendo: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc. 17,10).

Ricordatevi sempre che «noi però abbiamo questo tesoro – che è il dono della grazia che appartiene a Dio – in vasi di creta» (2Cor 4,7) e che le tentazioni saranno sempre in agguato. Penso a quella “sottile deformazione”, che può attecchire in quanti hanno ricevuto il ministero sacro: il ritenersi superiori, il sentirsi possessori di una scienza che rende inattaccabili, pretendendo rispetto, riverenza ed obbedienza incondizionata. A volte, a questi ed altri comportamenti possono aggiungersene altri non improntati a spirito di servizio, quali la saccenza, l’arroganza e la prepotenza. Per non cedere all’insidia di questa trappola, occorre considerarsi sempre servi e chiedere al Signore il dono dell’umiltà, perché senza umiltà non saremo mai veri ed autentici ministri, consapevoli che «questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi» (2Cor 4,7). Il Salmista, non a caso, assicura la via della beatitudine per «l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte» (Sl 1).

Carissimi Tommaso, Francesco e Michele, tra poco, dopo l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione, quando sarete già rivestiti della dalmatica, simbolo di quel grembiule con cui Gesù si è cinto i fianchi ed ha lavato i piedi dei suoi discepoli e che vi esorto a non riporre mai nel ripostiglio delle cosidette cose inutili o superflue, porrò nelle mani di ciascuno di voi il libro del Vangelo di Cristo, del quale diventerete gli annunziatori. Ricevendo questo “Libro dei Libri”, da oggi e per ogni giorno della vostra vita, immergetevi in quell’acqua sorgiva ed uscitene totalmente – sempre e di nuovo – intrisi per aspergerne il mondo spesso inaridito.

Parola e Carità, Carità e Parola siano un binomio coerente ed inscindibile del vostro vivere, perché la Parola non si esprime necessariamente con le parole, ma anche e principalmente con gesti, che pur essendo acusticamente silenziosi, comunicano la verità più bella: quella dell’Amore e dell’Amore vero.

L’ordinazione diaconale di questi nostri tre fratelli, questa sera, diventa un richiamo provocatorio per tutti quei giovani che sono ancora nel tempo “delicato” ed “avvincente” della ricerca.

Come loro tre – e lo sussurro con cuore di padre e di pastore a tutti i giovani qui presenti – non abbiate paura di rispondere “sì” al Signore che sta passando nella storia personale della vostra vita e soprattutto desidera incontrarvi! A volte la Sua proposta può sembrare un sacrificio che richiede rinunzie troppo dure, ma ricordatevi quello che dice Gesù: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Non lasciate cadere nel vuoto questa esortazione: pensateci! Potrà essere la scelta per la vostra felicità senza fine.

Carissimi Tommaso, Francesco e Michele assicurandovi la preghiera dell’intera Chiesa diocesana, vi auguro di continuare con gioia e perseveranza in questo cammino, senza perdere mai di vista l’essenziale, che, come cantano i Gen Verde, dovremmo tutti assumere come impegno di vita:

«Guardiamo a te che sei
Maestro e Signore
chinato a terra stai,
ci mostri che l’amore
è cingersi il grembiule,
sapersi inginocchiare,
c’insegni che amare è servire…»

La Vergine Maria che solo ieri abbiamo contemplato nel mistero del suo “immacolato concepimento”, lei che si è fatta “la serva del Signore” vi aiuti a coniugare ogni giorno la bellezza di imparare:

«che il più grande è chi più sa servire,
chi si abbassa e chi si sa piegare,
perché grande è soltanto l’amore».

Amen!