Il testo dell'omelia pronunciata da Mons. Iannuzzi durante la celebrazione eucaristica per la chiusura dell'anno civile 2022

Omelia di Mons. Vescovo per la Santa Messa di ringraziamento a Castellaneta

SANTA MESSA DI RINGRAZIAMENTO

PER LA CHIUSURA DELL’ANNO CIVILE 2022

Castellaneta, Parrocchia Cuore Immacolato di Maria, 31 dicembre 2022

OMELIA

Carissimi fratelli e sorelle, Mons. Vicario generale, reverendi confratelli sacerdoti, diaconi, religiosi e seminaristi,

siamo qui raccolti come Vicaria di Castellaneta per celebrare questa eucarestia e ringraziare insieme il Signore per l’anno civile che sta per concludersi.

Viviamo questo passaggio, da un anno all’altro, nella luce dell’ottavo giorno del Natale, unico grande giorno celebrativo, in cui siamo invitati a fissare i nostri occhi sulla Vergine Maria perché, in Lei e da Lei, si realizza il compimento del prodigio dell’Incarnazione: l’Eterno Figlio del Padre ha assunto in pienezza la nostra umanità, diventando figlio dell’uomo e così Maria è diventata per noi la Madre di Dio.

Questa sera, facendoci eco dell’intera Diocesi, dobbiamo anzitutto elevare una memoria grata a Dio per il dono del Papa emerito Benedetto XVI, “umile servitore nella vigna del Signore”, questa mattina volato al cielo, che per quasi otto anni, ha esercitato con pazienza e amore il ministero petrino e con la stessa dedizione ha continuato a sostenere la Chiesa con l’offerta della preghiera e della sofferenza fino alla fine dei suoi giorni. Mercoledì 4 gennaio, alle ore 18.30, in questa stessa Chiesa celebrerò con tutta la nostra Comunità ecclesiale una Santa Messa in suo suffragio.

L’apostolo Paolo – nella seconda lettura scrivendo alla comunità del Galati – ci ha annunziato la bellezza della temporalità rispetto all’evento del mistero: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).

È questo il senso ed il significato di questo nostro ringraziamento: Dio, nel tempo opportuno per la redenzione dell’umanità, mandò il suo Figlio – veramente e realmente incarnato in una donna – pienamente inserito nella storia di quel popolo dell’alleanza, offrendo a tutti la possibilità di essere Suoi figli adottivi. E, tutto questo, grazie all’opera del sì di Maria alla divina maternità che, coinvolgendoci nella grazia di Dio, ci ha spalancato le porte di questa appartenenza tutta particolare.

Infatti, attesta sempre San Paolo che siamo figli perché lo Spirito del Figlio, mandato nei nostri cuori, per mezzo della fede e del battesimo, grida in noi: «Abbà! Padre!» (Gal 4,6). Con questa invocazione prettamente intima e confidenziale – in lingua aramaica, la lingua propria di Gesù – è espressa una relazione di familiarità con un Padre che mai ci abbandona.

“Abbà! Padre!” è lo stesso grido orante (di preghiera) con cui questa sera potremo rivolgerci al Signore elevando il nostro ringraziamento per tutti i doni che in quest’anno ci ha elargito e continuerà a provvederci.

Pur se il nostro tempo è attraversato dalle crisi a motivo della pandemia da Covid-19, dall’emergenza climatico-ambientale, dalle situazioni geo-politiche – con l’urgenza del dono della pace soprattutto in terra d’Ucraina – e della crisi economico-sociale, che sembrano rendere meno libere e vere le parole della gratitudine, non dobbiamo lasciarci condizionare, perché qualcosa di più grande e di essenziale ci viene proposto nella pagina evangelica.

Anche i pastori – che abbiamo già incontrato la notte di Natale – certamente non avevano un elenco rassicurante di benefici da annotare dopo aver trovato «Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). Da Betlemme, questi uomini – nomadi per vita – non portano via nulla che possa garantirgli garanzia alcuna per il futuro. Il loro ringraziamento non è mosso dal senso del dovere o dall’intento di persuadere chi li ha beneficati a continuarlo a fare. Eppure, annota Luca che «se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,20).

Il percorso di ritorno, alla loro quotidiana incertezza, disegna nel buio una scia nuova e luminosa di dignità e di bellezza, di coraggio e di letizia. Sono uomini che non cresceranno economicamente, non avanzeranno in una posizione sociale, non sanno se ci sarà un miglioramento di vita. Ciò che, invece, sarà certamente cambiato per loro, è stato il rapporto con l’esistenza e con tutto ciò che esiste… Hanno avuto la possibilità di riconoscere nella promessa ricevuta personalmente il segno eloquente di una bontà incondizionata.

È questo il senso stesso della benedizione del Signore che Mosè, Aronne e i suoi figli sono incaricati di far giungere al popolo d’Israele, come ricorda la prima lettura. È la possibilità – certa – di un incontro con Dio da vivere nella reciprocità di un riconoscimento: «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia» (Nm 6,25).

E’ l’inizio del tempo nuovo, rigenerato dall’alto: il tempo della grazia!

Rinnovando l’esclamazione invocativa “Abbà! Padre!”, questa sera riconosciamo ancora una volta la vicinanza del Padre che non ci lascia mai soli nella tempesta… e non lo saremo mai, quand’anche dovessimo affrontare ancora prove più grandi e più dure. La sua promessa diventa per noi una garanzia: «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Con questa certezza, il canto del Te Deum, dobbiamo elevarlo con umiltà, sincerità e fierezza, senza fare acrobazie interiori per nascondere le ferite del passato e le preoccupazioni del futuro. Possiamo e dobbiamo farlo con realismo e speranza.

I pastori da quell’incontro se ne tornarono “glorificando e lodando Dio”. La glorificazione e la lode di Dio sono il miglior “vaccino” per ogni forma di crisi, di indifferenza e di tristezza. Sono la maniera più efficace per distoglierci dall’autocommiserazione e dal risentimento, che sono le cause più pericolose di ogni conflitto e prevaricazione.

Introdursi nel rendimento di grazie del Signore è il modo più sano per lasciarsi alle spalle ogni tribolazione ed aprirci con fiducia al nuovo che ancora ci sarà donato.

O gloriosa Theotòkos,
genitrice di Dio Maria,
nostra unica speranza, a te ci affidiamo al termine di questo anno.
Rivolgi a noi i tuoi occhi di misericordia
ed aiutaci ad adorare e ringraziare il tuo Figlio Gesù
e come i pastori sostienici nel glorificare e lodare Dio
per il tempo nuovo che ci attende. Amen!

Sabino Iannuzzi