Omelia per il Conferimento dei Ministeri dell’Accolitato e del Lettorato a Molfetta

18-12-2022

Carissimo don Gianni, Rettore di questo nostro Seminario Maggiore,

cari fratelli nel sacerdozio e seminaristi,

carissimi fratelli e sorelle tutti,

 

è per me motivo di gioia poter presiedere – nel giorno del Signore, Pasqua della settimana – questa eucarestia comunitaria, durante la quale istituirò alcuni fratelli nel ministero degli Accoliti e dei Lettori.

Siamo alla IV domenica di Avvento ed il nostro cammino incontro al Veniente, dopo l’invito alla conversione e la testimonianza di vita di Giovanni Battista, si arricchisce dell’annuncio dell’incarnazione del Signore, della sua venuta nella carne e nella storia, attraverso: la profezia di Isaia allo scoraggiato Acaz, con il segno della «vergine che concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele» (Cf. Is 7,14) e l’annunciazione angelica al “giusto” Giuseppe, della nascita di un figlio da Maria per opera dello Spirito Santo.

Si tratta di una manifestazione particolare di grazia che San Paolo – nella seconda lettura – scrivendo ai Romani, testimonia come propria confessione di fede che contiene l’annuncio di Gesù Cristo, «nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti» (Rm 1,3-4).

Questo annuncio chiede di essere accolto nella vita con fede ed obbedienza.

Se Acaz, all’invito del Signore di chiedere un segno, con il suo fermo diniego «non lo chiederò» (Is 7,12), manifesta ed esprime tutta la sua incredulità; Giuseppe, che «era uomo giusto» (Mt 1,19) e «stava considerando queste cose» (Mt 1,20) – cioè di fare un passo indietro e di «ripudiare Maria in segreto» (Mt 1,19) – in uno stato di ricerca, in un atteggiamento di ponderazione e di preghiera, crede all’angelo e gli obbedisce.

Si tratta della testimonianza – da parte di Giuseppe – di una fede incrollabile in Dio che gli permette di accettare una situazione umanamente difficile e per tanti aspetti incomprensibile. Solo nella fede, Giuseppe comprenderà ed accoglierà il volere di Dio che gli chiede di prendere con sé sua moglie e il bambino ed entrare anch’egli nel progetto di Dio; è già sposo ed ora – pur non essendo genitore – sarà padre effettivo (e per noi esemplarità di paternità) del Figlio di Dio, dandogli il nome: «e tu lo chiamerai Gesù» (Mt 1,22).

L’esempio di quest’uomo mite e giusto ci esorta ad alzare lo sguardo per spingerlo al di là dei limiti e delle schiavitù umane che spesso impediscono di percepire la bellezza della realtà. «Come Giuseppe, che non si arrese ai dati del reale ed accogliendo il messaggero del Signore che gli garantiva il percorso della storia con l’invito a «non temere» e a continuare a riporre la sua fiducia in Dio, è il prototipo del vero realista, dobbiamo imparare ad accogliere la realtà facendovi abitare la potenza del desiderio e del sogno, perché solo così la vita diviene vivibile» (Cf. L. Manicardi, Giuseppe, “uomo giusto” (Mt 1,19). Dalla paternità di Giuseppe alla paternità oggi, in Rivista del Clero italiana 6/2012, p. 436).

Poiché – come san Paolo ricordava a tutti quelli che erano a Roma ed oggi a tutti noi – siamo «amati da Dio e santi per chiamata» (Rm 1,7), cioè abbiamo ricevuto il dono di partecipare alla santità stessa di Dio entrando in comunione con Lui che è il Santo, dobbiamo recuperare la logica sorprendente del Signore che, lontano da piccoli o grandi calcoli, ci spinge ad una rinnovata apertura a nuovi orizzonti, verso Cristo, accogliendo il dono della sua Parola che non si può rifiutare e quasi nemmeno commentare.

Con l’incarnazione del Verbo, il mondo e la storia sono stati totalmente trasformati in novità di vita. Giuseppe ci insegna ad accettare di entrare interamente in questa logica, nei tempi e nei modi di Dio, e – come sottolinea l’evangelista Matteo – «fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24).

È questo il senso ed il significato autentico della gioia del Natale che ci apprestiamo a vivere, al quale – in questa celebrazione – se ne aggiunge un secondo: l’accoglienza del dono di Dio che si attualizza attraverso le persone di questi nostri fratelli scelti e tra poco istituiti per il servizio ministeriale alla Chiesa, che attraverso le loro stesse vite, raggiungerà l’intero popolo di Dio. Perché ogni ministero della Chiesa è sempre e solo per il servizio al popolo di Dio.

Ancora una volta – anche questa mattina – il Signore manifesta in modo misterioso la sua presenza d’amore; agisce in mezzo a noi e, con la tenerezza che gli è propria, cerca di trasformare completamente le nostre vite per renderle sempre più conformi al suo progetto d’amore.

Come San Paolo, carissimi fratelli seminaristi che tra poco sarete lettori ed accoliti, sforzatevi di essere «servi di Cristo Gesù, apostoli per chiamata, scelti [ed eletti] per annunciare il vangelo di Dio» (Cf. Rm 1,1). Come Lui è in mezzo a noi con la Sua Parola e con il dono di Sé nel Sacramento dell’Altare, così voi siete chiamati a servire il popolo in ordine alla Sua presenza. Con la vostra vita e con il vostro impegno quotidiano siete chiamati a testimoniare l’importanza imprescindibile della Parola di Dio e della realtà sacramentale, in particolare dell’Eucarestia, facendo sì che il “Verbo della Vita” raggiunga quante più persone e che il “Pane di Vita” venga accolto nel modo più opportuno e fecondo.

Nel cammino di vita intrapreso, impegnatevi a vivere il dono di questa ministerialità con passione e parresia; allenatevi in questo “esercizio di servizio”, soprattutto in vista dell’essere, domani, se Dio vorrà, ministri ordinati della Chiesa.

Come il Signore che parlò ad Acaz e gli propose di chiedere un segno (Cf. Is 7,10-11), cosa possiamo chiedere oggi al Signore per tutti voi?

Che sappia modellare la vostra vita, rendendovi sempre più “servi inutili”, dal «cuore aperto, capaci di grandi slanci, generosi nel donarvi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze» (Papa Francesco).

Nella sua Lettera a San Giuseppe, il Venerabile Tonino Bello affermava: «io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza. La carità ha fatto il resto in te e in lei».

Il Signore continua a scommettere su di noi, fragili creature, per realizzare il suo Regno di Amore e ci invita a fidarci gli uni degli altri, ad essere “comunità ministeriale”, a servirci reciprocamente, con uno sguardo di speranza.

La Vergine Maria, qui venerata sotto il titolo di Regina Apuliae, come ai servi alle nozze di Cana, vi esorti a fare sempre la volontà del Figlio e vi renda capaci di spendervi nel vostro nuovo ministero. Amen!

 + Sabino Iannuzzi, Vescovo