XIV Domenica TO/A

Fratelli e sorelle carissimi,
partendo per la Terra Santa, terra della Promessa che sancisce la fedeltà di Dio, anticipo, come già annunziato, la mia visita per condividere il Pane che ci alimenti nella settimana successiva. In cammino uniti nella preghiera, vi abbraccio. 

 

Don Vincenzo

 

6 luglio 2014- 14ª Domenica – Vangelo: Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te… Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». 

 

Don Marco Pedron – Un’esplosione di giubilo di Gesù. Un attimo prima non riusciva a comprendere niente. Gesù pensava di poter cambiare la religione del suo tempo, ma… Dagli scribi è considerato un bestemmiatore (9,3). I farisei non possono negare ciò che compie (miracoli, guarigioni) e così lo accusano di stregoneria, attaccano inoltre la sua reputazione (“è un mangione e beone”, 11,19).

Se Tiro e Sifone (città pagane, nemiche storiche di Israele) avessero visto ciò che voi avete visto (i miracoli) si sarebbero già convertite” (11,20-22). Gesù è deluso: Con tutto quello che avete avuto la fortuna di vedere! Ma come fate a non credere? Chi non vuol vedere, non vuol vedere. Chi è “ricco” di sé, di come le cose dovrebbero essere e andare, non può vedere.

Qui c’è il volto umano di Gesù, che, come tutti noi, non capisce e non si dà spiegazione di certi comportamenti. Qui c’è il salto: o lo fai a partire da ciò che hai dentro o mandi tutti a quel paese e molli.

La sinagoga non solo dominava le persone ma faceva credere loro che essere dominati fosse un bene. Anche Gesù non ha potuto nulla contro quelli che si credevano mandati da Dio, e, paradosso, in nome di Dio proprio Lui, il Figlio di Dio, è stato ucciso da quelli che si ritenevano gli inviati di Dio.

S. Teresa d’Avila diceva: “Dio ci liberi da quelli che si credono santi; se quel signore non fosse così “santo”, sarebbe più facile convincerlo che si sbaglia”.

Ciò che stupisce di Gesù è la sua reazione. In una situazione di delusione e di scoraggiamento, lui innalza un inno alla vita e si lascia stupire da ciò che Dio fa: vedere tutto il bene e la meraviglia che c’è nel mondo. C’è il male nel mondo, certo, e più cerchiamo e più ne troviamo. C’è il bene nel mondo, certo, e più cerchiamo e più ne troviamo. Tutto dipende dai tuoi occhi: cosa cerchi? Perché troverai nient’altro ciò che cerchi. Il pessimismo o l’ottimismo non è dovuto a ciò che succede fuori ma a ciò che tu hai dentro.

Non permettere che i fatti della vita induriscano o inacidiscano il tuo cuore. Tienilo vivo; tienilo libero.

L’esperienza di Dio è così grande che l’unico sentimento adeguato è lo stupore. Lo stupore è questione di fede: vedo i problemi, le difficoltà, il negativo, ma non permetto che tutto questo distrugga ciò che sono, la mia felicità, il Dio che mi abita dentro. Lasciatevi stupire da quello che vi circonda.

 

Ermes Ronchi – E’ guardando i piccoli che s’impara l’arte di benedire. I piccoli sono coloro che ce la fanno a vivere solo se qualcuno si prende cura di loro, come i bambini. Dio è vicino a ciò che è piccolo, ama ciò che è spezzato. Quando gli uomini dicono: “perduto”, egli dice: “trovato”; quando dicono: “condannato”, egli dice: “salvato”; quando dicono: “abbietto”, Dio esclama: “beato!” (Bonhoffer). 
Per entrare nel mistero di Dio vale più un’ora passata ad addossarsi la sofferenza e il mondo di uno di questi piccoli, che anni di studi di teologia. Per imparare a benedire di nuovo il mondo e le persone, bisogna imparare a guardare i piccoli, la gente da poco, il loro cuore vero, e lì troveremo innumerevoli motivi per benedire, ragioni grandi perché il lamento non prevalga più sullo stupore

«Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» .

Gesù non porta precetti nuovi, ma una promessa: il regno di Dio è iniziato, ed è pace e gioia nello Spirito (Rm 14 ,17). «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». A vivere si impara, imparan­do il cuore di Dio. Imparate dal mio modo di amare: umile, senza arro­ganza, e mite, senza violen­za.

 

*  *  *  *  *

 

Parola e vita – “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.” L’ho ripetuto ancora altre volte e non mi stanco di testimoniare: la mia vita è cambiata profondamente da quando mi è stato fatto dono di condividere le difficoltà, le peripezie, il rifiuto, la libertà, le ricchezze dei rifiutati, di quelli che non contano. Grato, certamente, per i tantissimi anni di formazione in Seminario, ma fin dagli anni di Liceo se non fosse per l’infermità che mi allontanò dagli studi, sarei rimasto un bravo e stimato seminarista, già prete a 22 anni… ma vuoto, immaturo di vita, di sapienza vera. È la costante di ogni chiamata: uscire dalla propria terra, dal luogo dove ti senti sicuro, protetto, tra chi condivide i tuoi ideali e scontrarsi con situazioni di sofferenza, di miseria, di piccoli senza cultura ma umani e che ti aiutano a essere umano più che erudito. In quegli anni, impedito negli studi, passavo il tempo accanto a contadinelli, pastorelli condividendo momenti semplicissimi e stupendi di vita, accolto nelle loro povere famiglie come uno di casa. In Seminario rientrai dopo tre anni con preparazione culturale sfracassata, ma molto, molto in avanti in formazione umana e sapienziale. Quei pastorelli, oramai nonni, mi rammentano i primi scarabocchi su quaderni, mai avuti tra mano, rientrando la sera, o le saporose fette di pane con marmellata (anni difficili di guerra) preparate dalla zia; addirittura l’altro giorno mi stupì il ricordo di chi persino mi ricordava che le prime scarpe, per i piedi sempre scalzi, gliele avevo regalate io. L’invito: “Esci dalla tua terra e va! (At 7,3)” si è ripetuto ogni qual volta mi sono sentito sicuro in traguardi raggiunti, sospinto verso il Regno che è dei piccoli. “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che mi ha posto accanto a tanti piccoli e umili che mi hanno offerto la ‘chiave’ del Regno”. E con quanta convinzione cerco di esortare, specie i fratelli preti, a preferire il servizio negli ospedali, nelle carceri, tra i clochard… ancor prima del dottorato, oppure vivere qualche tempo in preparazione al Presbiterato in terra o luogo di missione.

Ma certe ricchezze le intravedi soltanto se, ciechi fin dalla nascita, ti lasci spalmare gli occhi da Gesù con il fango preparato con sputo (Gv 9,6). “Tutto dipende dai tuoi occhi: cosa cerchi? Per imparare a benedire il mondo e le persone, bisogna imparare a guardare i piccoli, la gente da poco, il loro cuore vero, e lì troverai innumerevoli motivi per benedire, ragioni grandi perché il lamento non prevalga più sullo stupore”. Chi è “ricco” di sé, di come le cose dovrebbero essere e andare, non può vedere. Andare dai Rom, o tra le baracche delle periferie del Brasile, non guarito, ci sarà da recriminare non poco e si andrà per insegnare loro cose che già sanno e risentite tantissime volte dagli intelligenti, incapace di cogliere ricchezze umane sconosciute. Mi è per questo capitato di accettare rassegnato di starmene solo tra i rifiuti e non con accanto gli incapaci di stupore. È impossibile far cogliere agli altri le meraviglie vissute; le puoi solo raccontare ma non trasmetterle. È l’impossibilità, sottolineo sempre, per un cieco a estasiarsi avvolti da uno stupendo tramonto, o per un sordo di gustare una toccata e fuga di Bach al pianoforte!

“Una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo” (Gv 9,25) non mi stanco di testimoniare ripubblicando e riscrivendo la mia esperienza. Papa Francesco esorta i sacerdoti a essere pastori con l’odore delle proprie pecore (Messa crismale 2013), e le pecore emano odore soltanto se le ami condividendone la vita, altrimenti …ti tappi il naso!

 

Ho creduto, ho amato, l’ho vissuto. L’avete provato, l’avete amato, l’avete vissuto anche voi. Benediciamo insieme il Padre, Signore del cielo e della terra, perché ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli.