XV Domenica TO/A

Carissimi, parlare del Cammino vissuto la settimana scorsa in Terra Santa sui passi di Gesù, mi diventa difficile. È un evento che lo si può soltanto vivere. Mi sembra come scrivere la Bibbia: racconti i fatti di un evento, ma le meraviglie e le mozioni dello Spirito vissute le vivi solo vivendole e rivivendole: Nazareth dove il Verbo si è fatto Carne: pienamente uomo Lui pienamente Dio appassionato dell’uomo fino a volerne rivivere gioie e lacrime, amicizia e incomprensione, donazione e infedeltà. Cafarnao salendo fino a Gerusalemme con la folla ‘affamata e assetata senza pastore’ e con lideranza ostile. Pasqua toccata col cuore, impressionato e emozionato ancor più che con i piedi, nel Cenacolo luogo dell’amore sino alla fine (Gv 13,1); nel Getsemani, giardino del tradimento e dell’abbandono; nell’oscura prigione di Caifa prima e di Pilato poi, fino al Calvario e alla tomba vuota del Santo Sepolcro! Avverti di vivere non tanto una commovente celebrazione, ma di esserne coinvolti con il cuore di Pietro e di Maria di Magdala. Ancora con l’animo stracolmo cerco di pormi accanto a voi come terreno buono seminato abbondantemente dalla Parola.   Don Vincenzo

 

Mt 13,1-13 Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda».

 

Don Marco Pedron: Non è tanto il seme che conta ma il terreno.

La parabola è semplice: ci sono quattro terreni. La strada è l’impenetrabilità. Qui non può attecchire niente. Qui non può nascere niente. I sassi sono il facile entusiasmo, le persone volubili. Le spine sono le condizioni esterne soffocanti, cioè la persona è sottoposta a grosse pressioni e non ha una struttura di personalità sufficientemente forte.

Il terreno buono: qui e solo qui il seme può portare frutto. Dice Gesù: le mie parole cadranno sui vostri cuori ma in molti dei vostri cuori non attecchiranno. Dove cresceranno, però, faranno meraviglie.

Il seminatore“Molto di quello che dico andrà perduto. Non mi devo scoraggiare. Quindi io faccio la mia parte e so che non tutto dipende da me”. Se non la capisci è perché il tuo cuore è chiuso e ottuso. La parabola è per chi vuol (può) capire: “Chi ha orecchi intenda” (13,9). C’è tanta luce per chi vuol vedere e tanto buio per chi non vuol vedere.

Per ascoltare il vangelo bisogna fare proprio ciò che Gesù faceva: sedersi, avere cioè tempo, calma e pace nel cuore e nell’anima. Bisogna distaccarsi dalla moltitudine di pensieri, di preoccupazioni, e concentrarsi su quelle parole che abbiamo davanti. E infine ci dobbiamo entrare con il cuore, con la vita… e ci diranno molto di più di quanto pensiamo.

Io sono il seme e mi chiedo: Se vivo nella strada o nei sassi, come posso essere fertile?

Io sono il terreno: di fronte alla stessa cosa (seme), ciascuno (terreno) reagisce in maniera diversa.

 

P. Ermes Ronchi – Dio come lo rivela Gesù: un Dio contadino che diffonde i suoi germi di vita a piene mani. Ogni cuore è una zolla di terra buona, adatta a dare vita ai semi di Dio. Ma quante volte ho fermato il miracolo! Io che sono via calpestata, campo di pietre e sassi, io che coltivo spine nel cuore…

Il primo errore lo compio quando sono strada, uno che non si ferma mai. Il secondo errore è il cuore poco profondo, un cuore che non conserva, non custodisce, non medita. Il terzo errore è l’ansia delle ricchezze e del benessere.

Ma il centro della parabola non è negli errori dell’uomo, il protagonista è un Dio generoso, che non priva nessuno dei suoi doni. Nasce allora la gioia e la fiducia che per quanto io sia arido, spento, sterile, Dio continua a seminare in me, senza sosta. Amo questo Dio contadino, pieno di fiducia nella forza del seme e nella bontà del pugno di terra che sono io, al tempo stesso campo di spine e terra capace di far fiorire i semi di Dio.

 

Paolo Curtas: Il seme della Parola. Parola che riempie, che scuote, che converte, che penetra come una spada a doppio taglio per giudicare e illuminare, per svelarci il vero volto di Dio, per svelarci a noi stessi.

Sconforta vedere così tante persone ignorare i vangeli e seguire la profezia dell’ultimo veggente di turno, e non riflettere sulla Parola, per ricordarci che Dio non si stanca di noi, che l’efficacia delle sue parole non sono determinate dalla nostra capacità di ripeterle, ma di accoglierle.

Una Parola efficace. Isaia, parla allo scoraggiato popolo di Israele profugo in Babilonia. Nessuno pensa seriamente che si possa tornare a Gerusalemme, ormai. La profezia, allora, si alza con fermezza: la pioggia e la neve fecondano la terra e tornano in cielo solo dopo avere compiuto la propria missione. Così sarà della Parola di Dio. Certo: i tempi di Dio non sono i nostri, ma l’efficacia delle sue promesse è indiscutibile. Isaia invita anche noi a non scoraggiarci in questi tempi difficili. È efficace la Parola di Dio, ma se non la conosciamo non può fecondare il nostro cuore e portare frutto.

 

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Parola e vita: Non è tanto il seme che conta ma il terreno. In Terra Santa con sentita commozione ho sperimentato in tantissimi l’efficacia della Parola viva e più tagliente di ogni spada a doppio taglioessa scruta e converte i sentimenti (cfr Ebrei 4,12) se capaci, però, a fare proprio ciò che Gesù faceva: sedersi, avere cioè tempo, calma e pace nel cuore e nell’anima. Se occupati in altro può capitare di conciliare uno stupendo cammino di fede con qualche …anello sottratto a qualche disattendo ambulante. Il cuore umano, se chiuso nel proprio guscio – ho spesso sottolineato – è duro più della pietra che pure, batti batti, si apre! Il lievito dei farisei (Mt 16,6) potrebbe essere presente ancora oggi in persone osservanti auto gratificanti: “Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo…. (Lc 18,12) e questo, attentissimi nel non fare il male lasciando perdere il bene che va cercato, non permette loro di rendersi conto né tanto meno di accettare qualche fraterno aiuto: “Ma che male c’è?”.

Ancora peggio e con maggiore incapacità all’ascolto della Parola accade per gli scribi di oggi scrupolosi osservanti delle norme più che essere attenti alle necessità delle persone,nonostante le suggestioni che vengono da Papa Francesco, chiudono il regno dei cieli davanti agli uomini; essi non vi entrano, e non lasciano entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci (Matteo 23,13).. La Parola che ha reso santi i Santi, resta inefficace con i pseudo santipseudo giusti.

Si spiega così come mai tanti buoni italiani vorrebbero l’eliminazione dell’Operazione Mare sicuro per lasciare annegare, come deterrente, quanti fuggono dalla disperazione! E quanti santi preti al sentirmi ripetere che gli Zingari mi hanno convertito perché lo Spirito opera quando ci si ferma nelle periferie, (mi è capitato il mattino stesso della visita dello Shoà) mi chiedono se li ho convertiti. Zingari vuol dire ladri, extracomunitari vuol dire gente che viene, a dir poco, a renderci più poveri… Si vuole la conversione degli altri mentre è richiesta la nostra, e noi, una volta convertiti (Lc 22,32), convertire i fratelli. Peccatori siamo anzitutto e più noi, eletti per grazia, chiamati a essere sale che da sapore alla terra (Mt 5,13); gli altri meno o più peccatori, certamente non sono sale… altrimenti il sale per il sale diventa disgustoso!

Visitando con tormento e inquietudine lo Shoà, il museo dell’olocausto in Gerusalemme, alla spontanea e immediata reazione alla pazzia hitleriana che faceva esclamare a Papa Francesco: “Il Padre conosceva il rischio della libertà; sapeva che il figlio avrebbe potuto perdersi… ma forse nemmeno il Padre poteva immaginare una tale caduta, un tale abisso!” invitavo a stare attenti all’Hitler che c’è nel nostro cuore. Isaia invita anche noi a non scoraggiarci in questi tempi difficili. È efficace la Parola di Dio, ma se non la conosciamo o l’ascoltiamo con il cuore sassoso, non può fecondare il nostro cuore.

Approntiamo il terreno per Domenica prossima per dare al seme la capacità di produrre il cento, o il sessanta o, almeno, il trenta per uno.