XVIII Domenica del Tempo Ordinario

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,24-35) 

…la folla si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»

 

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don Marco Pedron – Sono qui per teIl vangelo ci presenta un brano di Gv che non racconta l’istituzione dell’eucarestia ma ne approfondisce il senso nel capitolo 6, quello che in queste domeniche leggeremo. L’eucarestia (l’abbiamo visto domenica scorsa) è un dono d’amore per tutti. A quel tempo ci si lavava le mani.

Bisognava, cioè, purificarsi perché altrimenti se con le mani impure toccavi un cibo, mangiandolo, ti rendevi impuro. Ma, in Mc 7, c’è proprio una discussione enorme su questa cosa. Addirittura gli scribi vengono a posta per questo da Gerusalemme. Non è un semplice sacerdote di villaggio ma è la “Santa Sede” dell’epoca, che da Gerusalemme scende per l’inquisizione: i discepoli di Gesù prendono cibo senza lavarsi le mani (Mc 7,1-23). “Bisogna essere degni per accedere”. Se sei puro, purificato, in regola, allora puoi accostarti alla tavola. Altrimenti no.

Ma Gesù dice: “No, è l’amore di Dio che ti fa puro; è Dio che viene da te per farti puro”. Dio è un dono per tutti, gratuito: Lui viene perché siamo ammalati, bisognosi, e viene per guarirci. Il massimo lo si raggiungerà con la lavanda dei piedi, la parte del corpo più sporca. Gesù si alza e va a lavare ciò che c’è di più immondo. Questa è la buona notizia. Per quanto tu ti senta sporco, Lui viene per te. Lui viene per amarti, ama tutti e soprattutto quelli più “ammalati” perché questi ne hanno più bisogno. Alcuni citano il passo di 1 Cor 11,17-33, dove San Paolo dice che bisogna essere degni per accedere all’eucarestia: “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore” (27). Paolo inizia dicendo: “Perciò” ed è collegato alla denuncia che Paolo fa nei versetti precedenti. C’era una comunità dove i ricchi mangiavano e si ubriacavano, e i poveri stavano a guardare. Cioè non c’era la condivisione. Paolo si rifà all’ingiustizia di una comunità dove si faceva la comunione senza che ci fosse comunione fra gli individui.

“Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà” (27). La vita è la risultante delle nostre scelte. Ciò che costruisci te lo ritrovi. Di cosa si nutre l’anima? Di silenzio, di stupore, di preghiera, di libertà, di autonomia, di amore, di cielo… di Dio. Se non la coltivate, la perderete.

Quale segno ci fai perché possiamo crederti?” (30). Poiché non crede, chiede un segno al quale lui si sottometterà. Ma Dio non vuole sottomessi, vuole uomini liberi. E poiché Gesù non soddisfa questa loro richiesta, si butta sul classico tema del passato, a ciò che è stato. Il sottomesso preferisce andare nel sicuro, non è capace di vivere il nuovo.

Non è questione di essere ingolfati di cibo ma pieni di vita. Non sono le cose che ti faranno felice. Nessuno ti può far felice perché tu non lo sei.

E Gesù: “Io sono il pane”. Lui viene da noi sempre perché sa che ne abbiamo bisogno. L’amore è questo, nient’altro: “Io sono qui per te. Io sono qui per aiutarti, amarti, darti una mano, guarirti, nutrirti, servirti, abbracciarti”. Ogni volta che andiamo dal sacerdote con la mano aperta noi diciamo: “Io ho bisogno di te”. E lui venendo non dice altro: “E io non vedo l’ora di venire. Io sono qui proprio per te”.

 

Paolo Curtaz – Colui che sazia. È stordito Gesù, turbato. La merenda del ragazzo, donata con generosità, non ha spinto la gente ad imitarlo. Anzi. gli si fanno incontro per incoronarlo re. Gesù fugge, scompare quando lo manipoliamo. Spesso cerchiamo Dio sperando che ci risolva i problemi, e senza mettere in gioco nulla di noi stessi. Gesù è tagliente: a volte il modo di esprimere il suo amore è un sevizio alla verità, tagliente e inatteso.

Gesù aggiunge: cercate il pane vero, quello che sazia. Esiste quindi un pane che sazia, e uno che lascia la fame, la fame del successo, di denaro, di approvazione, Meglio seguire, allora, la fame interiore, quella di senso, e la storia che Dio solo può dare. La folla replica: cosa dobbiamo fare? Fare o non fare, a questo abbiamo ridotto la fede, a morale. Gesù sa che prima del fare c’è l’essere e il credere. Ecco cosa “fare”: “credere” in colui che il Padre ha inviato. Chiedono: quale segno fai perché possiamo crederti? Non è una preghiera autentica, non converte il loro cuore, non sono ancora disposti a mettersi in gioco, neanche un po’. Gesù replica: è lui il pane di vita, l’unico che sazia.

Parola e Vita – «Signore, dacci sempre questo pane». «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». E per secoli è stato presentato come un Precetto da osservare il Banchetto che offre il Pane che dà vita, privati persino, come non clausola per una vita cristiana, del dono della Parola, senza nemmeno stimolare l’appetito per un alimento indispensabile. Anche la mamma obbliga a mangiare il bimbo con inappetenza, ma ne dà la ragione: “Se non mangi, muori!”. Per osservare il Precetto domenicale, s’insegnava una volta alla dottrina, bastava essere presenti da dopo la Liturgia della Parola. Non si evidenziava (anzi!), la necessità del Pane della vita. La fede si puntellava di moralismo, di dottrina, e si veniva ritenuto cattolico praticante chi osservava il Precetto. La maggior parte, al contrario di quello che avveniva ai tempi di Gesù, non vedendo più i segni che Gesù compiva sugli infermi (cfr Gv 6,2), notando, al contrario, un vivere spesso farisaico, sperimentando d’altronde di nessun nutrimento l’andare o meno al banchetto, in massa ci si è allontanati.

Due settimane fa terminava la sua testimonianza terrena un grande profeta del nostro tempo, il piccolo fratello Arturo Paoli, obbligato al silenzio perché scomodo. Mi è stato dato di sentirlo personalmente a riguardo. Non risparmiava critiche, imputando alla Chiesa una magnificenza di apparati e manifestazioni a suo giudizio inutili, e difendendo un’altra teologia «nata a Nazaret dalle mani callose di Gesù e non nelle accademie». «La Chiesa – sosteneva – sta perdendo le masse popolari, sempre più accusata di essere protettrice di ricchi e potenti, di coloro che hanno e non vogliono dare» e che «non è giusto morire di fame in una società dove c’è tanta gente che muore per il troppo mangiare», e ancora: «sulla croce dell’economia capitalista è stato inchiodato il povero». Lo stesso Papa Francesco – è stato testimoniato durante le sue Esequie –  nel suo ultimo viaggio in Sud America, diceva: «Dobbiamo chiedere scusa a fratel Arturo per le ingiustizie ricevute da certi poteri anche della chiesa. Solo così possiamo fare memoria per non ripetere gli stessi sbagli».

Mi faccio scudo di don Marco Pedron per tornare, come fa lui, sul Vangelo di domenica scorsa e insistere sulla necessità che la celebrazione domenicale sia davvero Celebrazione della Pasqua del Signore per un cammino di liberazione e costruzione del Regno, ‘Banchetto’ dove si vada per mangiare. È questione di alimento, altrimenti si muore! È tempo di tornare alla fonte, al Vangelo per una fede più vera nel Dio di Gesù Cristo, come Lui, e Lui solo, poteva rivelarcelo. Un Dio che non condanna i peccatori, anzi se ne prende cura particolare. Un Dio che non vuole essere servito e riverito con frequenti sacrifici. Fa pena notare che, in genere, troviamo in chiesa gente per bene. I poveracci, i pubblicani… sono fuori e nemmeno li cerchiamo, occupati e soddisfatti quando la Liturgia è stata solenne e ben celebrata. Eppure basta un minimo di conoscenza del Vangelo e balza agli occhi un Dio che in Gesù viene accolto proprio dai peccatori e condannato dai pseudo giusti; un Dio che va accettato come Colui che “mi lava persino i piedi se voglio aver parte con Lui” (Gv 13,8), e che mi chiede misericordia e non sacrifici (Mt 9,13). Divento purtroppo cattivo quando incontro anime devote che cercano animosamente di amare il Signore, pronte a ogni sacrificio per Gesù, ma incapaci di scorgere in un extracomunitario il volto stupendo del Cristo: “Dio non ha bisogno di essere amato. È Lui che ci ama! (1Gv 4,10). Dio non vuole essere servito. È Lui che ama servirci! (Mt 20,28). Servi piuttosto colui che non sopporti!”.

È discorso molto duro ma inevitabile se cerchiamo, anche se con tanti limiti, d’essere discepoli. 

 

Carissimi, Perdonatemi, ma don Marco Pedron ancora questa volta mi sprona. 

 

don Vincenzo