2^ Domenica di Quaresima

 Carissimi, impegnato a un incontro regionale di preti, vengo da voi qualche giorno prima. Se vi riesce, leggete questa volta il lunghissimo messaggio di don Marco, almeno le mie sottolineature: vale la pena. Nella seconda parte torno con le meraviglie che ho vissuto e che mi incantano sempre. Vi abbraccio e mi fermo… camminando con voi.
Don Vincenzo

 

IIª di Quaresima

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. E fu trasfigurato davanti a loro. E apparvero Mosè ed Elia che stavano conversando con lui. E Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, è bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia»…  Mt 17,1-9

 

Ermes Ronchi  Dalle tentazioni alla trasfi­gurazione: dal buio delle tentazioni attraversa­to fino alla luce di Dio. Volto di sole per dirci che Dio ha un cuore di luce. Volto di sole è anche il volto dell’uomo. L’entusiasmo di Pietro fa capire che la fede per essere forte e viva deve discendere da uno stu­pore. Il divino traspare nel fondo di ogni essere (Teilhard de Chardin) e gronda di luce ogni volto di uomo (Turoldo).

 

Don Marco Pedron  Vedere la bellezza del mondo. Prima del vangelo di oggi Gesù si scontra con Pietro. Gesù dice: “Vado a Gerusalemme mi uccideranno…” Allora interviene Pietro: “Tu sei il Messia, l’eletto di Dio e Dio manderà i suoi eserciti per te”
Gesù deve correggere la loro visione perché “vedono” in Lui quello che non è: un Messia trionfante. E nonostante tutto quello che Gesù fa e dice, loro continuano a vederlo così. 
Mosè rappresentava la Legge. Gli apostoli “vedevano” in Gesù il nuovo Mosè. Proiettavano su di lui le loro attese e le loro speranze. Pietro colloca al centro non Gesù ma Mosè. Questa era la grande aspettativa sua e degli apostoli: Gesù sarà il nuovo Mosè che libererà con la forza il suo popolo dalla schiavitù dei Romani e dall’ingiustizia religiosa dei farisei. Mosè ed Elia non si rivolgono ai discepoli; dialogano direttamente con il Cristo: la Legge e i Profeti, non hanno niente da dire se non attraverso Gesù. Viene abolita l’antica alleanza; tutto ciò che Dio deve dire lo dice attraverso il suo “prediletto figlio, nel quale si è compiaciuto”. I tre “caddero a terra” segno di disfatta. Le loro pretese e aspettative vengono deluse e si infrangono. Gesù però si avvicina a loro, li tocca e li rialza. I tre sono guariti dalla falsa visione che avevano su di Lui. Finalmente lo possono vedere per quello che è, svestiti delle loro idee e proiezioni su di lui. 
Quanti matrimoni nascono così! Lei sposa lui perché vede in lui colui che le garantisce sicurezza e forza. Quello di cui lei ha bisogno, non quello che è lui. E, infatti, poi lui si rivela come uno che magari più che forte è violento, uno che non sa essere affettivo. “Non sei più quello di una volta; non eri così prima di sposarci!”. Sì, lo è sempre stato; tu vedevi quello che avevi bisogno di vedere, quello che serviva a te vedere”. 
La proiezione ci impedisce di vedere l’altro per quello che è, ci impedisce di amarlo.

Tu hai la tua idea di prete: ne arriva uno nuovo. Proietti la tua idea su di lui: non è come tu vorresti. Allora dici: “Non mi piaci!”. No, non ti ha deluso lui, è che tu ti eri illuso e avevi visto in lui cose che non c’erano.

Dio non è il forte: ma per tanti secoli abbiamo proiettato su di lui le nostre immagini di padre e di società. Così ne è nato un Dio da temere, che vuole l’ubbidienza dei suoi sudditi e che può arrabbiarsi o anche punirti se non fai come lui dice. Ma il suo regno è la libertà e la verità al centro del nostro cuore e della nostra vita. E’ un’altra cosa. Il grande passaggio della vita è poter vedere le cose, le persone e Dio stesso, per quello che sono e non per ciò che noi vogliamo che siano.

La grande conversione per gli apostoli è stata quella di “perdere Dio”, quello dell’A.T., per “vedere” il vero, e nuovo per loro, volto di Dio. La trasfigurazione è vedere cose che si possono vedere solo con il cuore. Dio è amore, dice l’evangelista Giovanni. Cioè: solo chi sa aprirsi e vivere l’amore può capire Dio. E tutti quelli che non sanno dischiudere il cuore non potranno che avere il concetto di Dio, ma non sentirlo. Lo stupore dice quanto siamo vivi. Trasfigurazione è vedere le persone per quello che realmente sono, la loro figura come è stata creata da Dio, non deformata dalle angosce della vita. 
Se vi capita di piangere di gioia, di sentirvi così felici da toccare il cielo, da poter dire: “Signore sono così felice, che adesso potrei anche morire, perché quanto ho vissuto mi basta, mi riempie”; se vi capita di essere così pieni, così ricchi da sentirvi in cielo, immensi, da chiamare le stelle sorelle, e i pianeti fratelli, da sentirvi caldi come il sole, o profondi come il mare, beh sappiate che questa è trasfigurazione.

 

Pensiero della Settimana: Basta una semplice credenza non vera, basta un vedere ciò che non c’è per vivere, credendo che sia vita, una vita che non esiste e di illusione. 

 

Wilma Chasseur  Pietro, Giacomo e Giovanni, sul Tabor, furono così rapiti da quella luce che non volevano più scendere. E noi? Quanti piccoli Tabor anche nella nostra vita! Questi piccoli punti luce saranno come altrettante stelline che vi illumineranno la via.

 

Paolo Curtaz  Benvenuti sul Tabor per ricordare a tutti dov’è la meta, per fuggire il rischio, di concepire la preparazione alla Pasqua come un susseguirsi di mortificazioni e di volti tristi. E Dio solo sa di quanta bellezza abbia bisogno il nostro orribile mondo. E noi! 
Spaventa vedere in giro tanta bruttezza. La terra di santi come don Bosco, Francesco d’Assisi… ha lasciato il posto a uomini dagli ideali meschini, a egoismi istituzionalizzati, a mentalità piccine. Siamo travolti dall’orrido, ci serve urgentemente qualcosa di splendido. 
È la bellezza di Dio ciò che da sempre attira gli uomini, che Gesù ci consegna come la bellezza affettuosa e compassionevole di un padre, di una madre che ama i propri figli. 
Sul Tabor la bellezza di Dio li travolge, per un attimo. Per farlo, come suggerisce il Padre, dobbiamo ascoltare. Ascoltare il Figlio, ascoltare la Parola, ascoltare noi stessi, ascoltare ciò che di bello ha da dire l’uomo, ogni uomo. E la Quaresima è, appunto, il tempo dell’ascolto. Buon cammino, seguaci del Dio bellissimo! 

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In ascolto: “Signore sono così felice, che adesso potrei anche morire, perché quanto ho vissuto mi basta, mi riempie”. So che credete alla mia gioia e alle mie meraviglie, e allora posso trascrivervi il canto degli ebrei “Dajenu = Ci sarebbe bastato” adattato alle meraviglie da me vissute, e che ho cantato di cuore celebrando due anni fa il mio 60° di sacerdozio:

“Di quanti beni mi ha colmato il Signore:

  • Mi sarebbe bastato, dopo i primissimi anni sacerdotali tra i piccoli del mio paese, condividere l’inizio del cammino parrocchiale dei contadini insediatisi nella Riforma Agraria in Palagiano!
  • Mi sarebbe bastato aver stretto al cuore tanti Bambini Gesù ingessati incontrati nell’ospedale per TBC ossea!
  • Aver riscaldato il cuore di tanti piccoli orfani ospiti in Istituto senza la dolcezza della mamma! Mi sarebbe bastato.
  • Aver assaporato tra i Rom la libertà di chi sa vivere senza ‘niente’: né casa, né auto, né elettricità, né letto, né… “Mi basta una coperta!”! Mi sarebbe bastato.
  • Aver condiviso tra i terremotati le lacrime di mamme obbligate ancora a vivere mentre il morire quella notte, schiacciate dal proprio tetto, sembrava loro molto più facile del dover vivere con tanto strazio! Mi sarebbe bastato….

E di quanti altri beni, incisi profondamente nella mia vita e non scritti, mi ha colmato il Signore vedendomi stupire davanti alla sua presenza in tanti ‘piccoli.

E con quanta commozione, lasciando tre anni fa il servizio pastorale in Brasile, ho vissuto il giorno di Natale entrando nella baracca, come a Betlemme, a Maceiò (Brasile) accanto alla giovane mamma malata, già menina de rua sfruttata e abbandonata. L’ho incontrata nella baracca accanto alla fogna puzzolente dove vive il figlio menino de rua tra topacci e droga di colla. Lo sguardo quasi sorridente della mamma, grata per la visita semplice, mi offrì la consolazione di un dono lungamente implorato dal Bambino nella cappellina delle suore, lì nel segno manufatto di gesso, anche se poi il menino randagio fuoriuscito dal canalone della fogna, mi permise solo di stringergli la mano nella quale avevo lasciato cadere una vuota monetina, mentre avrei tanto desiderato che mi dicesse almeno il nome come accettazione di una amicizia ambita. Impossibile mi era addentrarmi nel canalone per un fuggevole momento di vita, impossibile diventava l’amicizia che richiede condivisione.

Solo se Trasfigurati con gli stessi sentimenti del Cristo che umiliò se stesso facendosi servo dell’uomo, di ogni uomo immagine unica e irrepetibile di Dio, specie se sfigurato da tante miserie, ci si sente avvolti da una luce che ci illumina e illumina di sorriso.