2^ Domenica dopo Natale

 Carissimi amati in Cristo, mancando il tempo per una preparazione previa alla festa dell’Epifania, ci accompagni il Vangelo di Giovanni di questa domenica. Siamo sempre nella gioia del Natale, Dio Parola fatto uomo, carne, la parte più mortale assunta nel divino. Ed è per tutti, senza esclusione, anzi gli ‘esclusi’ sono i privilegiati. Papa Francesco continua anche con scelte concrete a privilegiare le ‘periferie’ di ogni genere’ Non attardiamoci nel ripetere la Lieta Notizia a quanti già la conoscono. Abbiamo persino resi sordi, ciechi, storpi tanti fratelli, tutti battezzati, con un ‘vangelo’ diverso dal Vangelo Gesù (Marco 1,1) venuto ‘per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi’ (Luca 4,18). I Santi Magi d’Oriente, particolarmente i Pastorelli di Betlemme, mai proclamati santi, annunzino anche a noi ‘quello che era stato loro detto di quel bambino’ (Lc 2,7). Con abbraccio fraterno.

Don Vincenzo  

Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta’. E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.. (Gv 1,1-18)

PedronGuardati attorno perché Lui è qui.

Giovanni non racconta nulla della nascita di Gesù; cerca di spiegare il senso della nascita di Gesù per gli uomini: Dio è qui! Guardati attorno e guarda bene perché Lui è attorno, vicino, dentro di te. Se Dio è dentro di te (se io sono divino), come puoi ancora dire: “Faccio schifo’!’Ma ti rendi conto: Dio è in te! 
“Ma io non lo vedo!”, allora vuol dire che i vostri occhi sono chiusi. E se rimarranno chiusi non lo vedrete mai! Immersi nell’acqua, morirete di sete.

E quando gli occhi sono chiusi… attenzione perché tutto è possibile. L’ideologia nazista ha ucciso sei milioni di ebrei e provocato la seconda guerra mondiale (sull’elmetto dei nazisti c’era scritto: “Dio è con noi!”). Un giorno dissero a Marx: “Hanno creato il marxismo e un gruppo che studia Marx”. Allora egli ribatté: “Non mi riguarda. Sono antimarxista. Il mio problema non è il marxismo, il mio problema sono i proletari e gli oppressi”.

L’incarnazione dice: “Il criterio di divinità è l’umanità”. Non mi importa cosa tu dica, se sei di destra o di sinistra, cristiano o religioso. Se favorisci, onori e rispetti l’uomo, bene. Altrimenti sei contro Dio. 
La domanda per sapere se uno è cristiano è: “Sei battezzato? Credi in Dio”. Ma la vera domanda è: “Quello lì, ama gli uomini?”. Se è “sì”, allora crede davvero in Dio. 
Pensiero della Settimana : Se non vedi Dio, chiudi gli occhi che guardano fuori e apri quelli che guardano dentro.

Ronchi In ogni uomo un frammento di Dio.  In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Giovan­ni inizia il suo Vangelo con una poesia, con un can­to, con un volo d’aquila che proietta subito Gesù di Na­zaret verso l’in principio e verso il divino. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nul­la senza di lui. 
Un racconto grandioso che ci dà un senso di vertigine, ma che poi si acquieta dentro una parola semplice e bella: accogliere. Dio non si merita, si accoglie. L’uomo di­venta ciò che accoglie in sé. Se accogli vanità divente­rai vuoto; se accogli disor­dine creerai disordine at­torno a te, se accogli luce darai luce. 
Dopo il suo Natale è ora il tempo del mio Natale: Cri­sto nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso: na­sca figlio! Dio non può che generare figli di Dio.

E il Verbo si è fatto carne. Non solo uomo, ma di più: carne, esistenza umana, mortale, fragile ma solidale. E se tu devi piangere, anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire anche lui conoscerà la morte. Da allora c’è qualcosa di Dio in ogni uo­mo. E destino di ogni creatura è diventare carne intrisa di cielo.

CurtazLuce e tenebre. La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.

Natale è dramma: Dio viene e l’uomo non c’è. Pochi si accorgono, ancora meno lo accolgono. È già il mistero di contraddizione, è già il crocefisso (non per niente i magi portano la mirra per imbalsamare i cadaveri…) questo bambino.

La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Dio insiste, Dio non si dà per vinto, Dio esagera, alza il tiro, offre una soluzione, si dona ancora e sempre. Nelle tenebre della depressione: le tenebre non vincono. A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio. Sono già figlio. Solo che non lo so. O non lo vivo. Natale è la presa di coscienza della mia figliolanza, della mia dignità, del fatto che Dio si racconti e che sia splendido. 
Gesù è già nato, ha svelato il volto di Dio, è morto e risorto, ha salvato il mondo, ogni uomo. È che il mondo non lo sa. 
Gesù è nato, a noi – ora – di nascere alla fede, infine.

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In ascolto: ‘A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio. Sono già figlio. Solo che non lo so. O non lo vivo’. È Parola di Dio. È verità che crediamo con gioia e commozione, ma’ C’è sempre un ma che sconvolge tutto.  Se già lo viviamo in noi così poco, ancor meno lo riscontriamo nei fratelli. ‘In ogni uomo un frammento di Dio’: i nostri fratelli indiani salutano con le mani giunte davanti al volto: namaste’ che significa “mi inchino a te”, ‘le qualità divine che sono in me si inchinano alle qualità divine che sono in te‘. Il mio carissimo don Renato, nomade attualmente tra i nomadi in Bangladesh, in mancanza di pane e vino in una stazione ferroviaria, pensò bene di celebrare l’Eucaristia, rendimento di grazie al Signore, in adorazione davanti a un nomade che dormiva su una panchina. Trascrivo una pagina della para-liturgia che trovate in Internet: ‘L’uomo, nostra seconda Eucaristia’(andando a leggerla vi si aprirà il cuore): Se devo mettermi in adorazione di fronte a ogni uomo perché in ciascuno è Dio, mi chiedo ancora: inginocchiarsi di fronte al pane consacrato esposto nella mia chiesetta e inginocchiarmi di fronte a uno che la giustizia umana chiama criminale è la stessa cosa? io penso che è la stessa cosa. È lo stesso Cristo sull’altare e in quella situazione irriconoscibile, nella persona che si è caricata di tanti crimini … Se un pezzo di pane consacrato cade per terra o nel fango, certo è irriconoscibile, ma è ancora consacrato, e mi posso inginocchiare davanti ad esso, perché l’apparenza, lo sporco non distrugge Dio.

Nella periferia di una città ho visto un «Gesù» di 30 anni ubriaco che picchiava la moglie. Il giorno seguente ho visto un «Gesù» di 7 anni: ha preso una pietra e l’ha scagliata a tutta forza contro la madre. Mi viene da pensare: «Forse sbaglio a dir “Gesù”: lui non fa il male!». Non è lui che fa il peccato, ma ha pur voluto addossarselo, ha voluto essere lui il colpevole di tutto questo, perché sapeva che solo lui avrebbe potuto ottenere il perdono e si è presentato al Padre con mani e piedi inchiodati per amore su una croce. Il male c’è e ci scandalizza, ma è già stato vinto.

Non presumo di salvarmi senza meriti, ma presumo di salvarmi con i meriti di Gesù Cristo. E alla fine, il giorno del giudizio, quando il giudice chiederà: «Chi ha messo quelle bombe su quelle piazze, chi ha ucciso tanta gente?», qualcuno alzerà la mano e dirà: «Papà, perdonami, sono stato io …». E lui,

Gesù alzerà la mano per me, per te, per tutti coloro che «hanno perso la testa»; ma poi se ne sono accorti e l’hanno confessato ad alta voce e, col ladrone crocifisso, hanno ancora la forza di gridare: «Signore, ricordati di me … ». Se poi vogliamo saperne di più, diventiamo superbi e giudici. Ma di una cosa siamo certi: la consacrazione di Gesù non ha escluso nessuna di queste misere creature e nostri fratelli; e di un’altra cosa siamo tristemente certi: della nostra presunzione di essere migliori di loro. Dobbiamo ammetterlo: la nostra tentazione è sempre quella di giudicare il cuore di Dio con i parametri gretti e limitati di chi non sa amare. È sconcertante, ma dobbiamo affermarlo: noi non sappiamo amare. O, più precisamente, non vogliamo saperlo: è troppo scomodo.

Natale è presa di coscienza della mia figliolanza, della mia dignità divina perché figlio (1Gv 3,1). Prendiamone coscienza nella concretezza della vita e esprimiamola nei rapporti di stima e rispetto verso chiunque, specie se caduto nel fango. Anche se ci manca la fede forte di don Renato, che ‘senza borsa, senza sacca da viaggio e senza calzari’ (Lc 22,35), con una salute sconquassata va in giro per il mondo, ci basta quel briciolino di fede come un granellino di senapa, e spostiamo la montagnadella superbia che ci acceca.

‘La Parola è diventata carne e ha abitato fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre’ (Gv 1,14). Immersi in tanta luce, irradiamola nei fratelli. Vi abbraccio con immensa gioia. Don Vincenzo

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don Vincenzo