3^ Domenica di Avvento

 Carissime/i, la mia visita settimanale scusando l’incomodo, sperando che non abbiate posto avanti la porta: ‘Non bussate! Sono ‘cattolico”.

 

3ª Domenica di AVVENTO

Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Gesù rispose: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano’, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me». Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «’In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. (Matteo 11,2-11)

don Marco Pedron: Questo vangelo ci presenta il grande dubbio del Battista. Quando crolla tutto a te sembra la fine. È veramente drammatico, ma il venire meno di alcune certezze è necessario perché qualcosa di nuovo e di più vero possa nascere. Per lui il Signore avrebbe rimesso a posto tutto ciò che c’era di negativo e di male nel mondo; premiati i giusti, condannati i corrotti; una scure che taglia ed elimina tutto ciò che al mondo è guasto. Il Battista si aspettava un Messia, forte, potente, deciso, intransigente. Gv Bt è profondamente deluso: Non era come lui credeva, non sa più cosa pensare, rimane sconcertato. Einstein diceva che ci sono tre gradi di religiosità: quella fondata sulla paura; quella fondata sui sentimenti sociali e quella cosmica.
Il primo livello: viveva molta gente al tempo di Giovanni Battista. È la religione del Dio giudice, pronto a punire e condannare. Un Dio da “tenere buono” perché gestisce e può mandare la malattia. È la religione del bambino che ha paura di tutto. In questo stadio religioso non c’è crescita della persona: Dio è lassù ed è da temere. Se possiamo teniamolo buono. 

Il secondo livello: è quello di Giovanni Battista. Dio non può lasciare impunite certe violenze e situazioni. Che se Dio è Dio allora deve intervenire. Dio vuole dall’uomo responsabilità, giustizia, fratellanza. È un Dio che ci fa arrabbiare di fronte a certe ingiustizie, di fronte ai bambini che muoiono di fame, al napalm lanciato dagli Americani sui civili irakeni: “Ma dove sei Dio? Come puoi permettere tutto questo”. Risposta: “Sono lì in quei bambini e in quei civili!”. È un Dio che ci muove verso gli altri. Vedo il disagio e non posso starmene fermo. Ma quando Dio non ascolta più le tue richieste è giunto il momento di cambiare la tua immagine di Dio. E’ un Dio che mi fa cambiare. Dio è in me e io, cambiando, lo lascio venire fuori. Dio è quaggiù ed è in noi. 
Se non sono mai andato in crisi, in difficoltà nel mio credere allora credo ancora come quand’ero bambino. Il tuo credere va in crisi? Bene, sano. La vita ti chiama ad approfondire, a trovare un Dio più vero, a progredire nel cammino di fede, a scoprire un’immagine meno falsata e lontana.

“Beato colui che non si scandalizza di me”. Scoprirò che è novità, che si trova dove meno me l’aspetto; distruggerà le mie certezze religiose.

“Che cosa siete andati a vedere?”“Che cosa vado a vedere in chiesa? Cosa cerco?”. “Morbide vesti e discorsi” o cerco verità, libertà di vedermi per quello che sono realmente, Gesù? Chi incontra Gesù cambia vita.

ciechi vedono: ma quanta meraviglia ci circonda! e non riusciamo a stupirci, a commuoverci.

‘Gli storpi camminano’. Quanta gente sa che dovrebbe fare delle scelte ma la paura blocca le gambe. Tocca alle mie gambe alzarsi e andare. Alcune persone sono rimaste attaccate al passato;

Chi si fida di Lui si alza in piedi e parte.

Pensiero della Settimana – Peccato è dire: “Non si può”; “Ho paura”; “Non ce la faccio”; “Troppo difficile”; “Non è per me” e non provarci neppure.

Ermes RonchiIl vero miracolo, un piccolo seme. Giovanni è colto dal dub­bio, eppure Gesù non per­de niente della stima im­mensa che nutre per lui: «È il più grande!». Ed è di conforto per tutti i nostri dubbi: io dubito, e Dio continua a volermi be­ne. Io dubito, e la fiducia di Dio resta intatta. 
‘Sei tu colui che deve venire?’. Gesù non risponde con argomentazioni, ma con un elenco di fatti: dove il Signore tocca, por­ta vita, guarisce, fa fiorire. Sta a noi ora moltiplicare quei segni mettendo tempo e cuore nell’aiutare chi soffre, nel curare ogni germoglio che spunta. Non pensiamo di ottenere da Dio risposte che cancel­lino ogni dubbio. La sua ri­sposta è semplice, abbi pazienza, co­me contadino d’inverno. Dio si mostra, non si dimostra. La fede ha bisogno di un capi­tale di testimoni per essere creduta. Forse noi non sia­mo più creduti, perché sia­mo una canna che si piega a tutto, così lontani da Giovanni del deserto, profeta che si fa do­manda, ma che nulla piega se non il soffio di Dio.

Wilma Chasseur – Il maestro in questi Vangeli è Giovanni Battista. Uno che probabilmente non sapeva né leggere né scrivere e viveva nel deserto. Lo era perché diceva di non esserlo e ne indicava un altro. E lo indicava ai propri discepoli. Questa sì che è vera “maestria”; la maestria dell’umiltà: solo essendo umili si è maestri. Diventare maestri… nella misura in cui ci convertiremo. Non si ricercherà più la propria autoaffermazione ma invece del male e del proprio “io” sceglierà sempre il bene dell’altro.

Paolo Curtaz – Giovanni minacciava la vendetta di Dio, il fuoco divorante. Gesù, invece, propone un perdono incondizionato, rimette le colpe. È sempre radicalmente diverso da come ce lo immaginiamo. Gesù ci svela il volto di un Dio celato, pieno di ogni tenerezza e sensibilità, elenca i segni messianici profetizzati da Isaia. Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della presenza di Dio. Anch’io ho visto nelle pieghe del nostro mondo corrotto e inquieto gesti di totale gratuità, vite consumate nel dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni di solitudine ed egoismo. Prepararsi al Natale significa, accorgersi che il Regno avanza, è presente, che io posso renderlo presente. Dieci giorni per dire a chi non sa se Dio c’è: «Dio c’è, guarda come ha cambiato la mia vita, guarda come il dolore non mi ha sfiancato, guarda che bella la neve che cade, guarda come sorride, contento, tuo figlio, guarda quanto ti voglio bene…»

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Riflettendo“Beato colui che non si scandalizza di me”. Gesù portava scandalo. Lui ci svela il volto di un Dio pieno di ogni tenerezza e sensibilità verso l’uomo creato a sua immagine. Venivano meno alcune certezze, perché qualcosa di nuovo e di più vero potessero nascere. La persona, l’uomo prima della Legge: ‘Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!’ (Marco 2,27). Eppure mi capita tanto di frequente incontrare fratelli agguerriti nel difendere la legge, nel conservare tradizioni o comportamenti non sempre evangelici. Papa Francesco crea disappunto in non pochi con il suo stile conciliare permanente, con una vita semplice che lo fa camminare con le sue scarpe nere portandosi da sé la borsa di lavoro. È causa di scandalo proprio ciò che di lui affascina.

Siamo ormai a metà del nostro percorso alla riscoperta del nostro Natale e con la 3ª Domenica veniamo sollecitati a rallegrarci. Il profeta Isaia invitava alla gioia persino il creato: ‘Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa’ Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi’ (35,1-6). E noi continuiamo a ripeterlo ai fedeli, quelli abitualmente presenti che smarriti di cuore non sono, né avvertono di essere ciechi o storpi. Gli altri,sordi, ciechi, storpi, sono fuori, li incontriamo ma evitiamo il disturbo. Devo sinceramente ringraziare il Signore che avendomi immerso tra tanti storpi ho potuto rallegrarmi con loro nel vedermi aprire gli occhi e camminare. Mi viene connaturale, oramai, credermi sul serio peccatore più degli altri, più degli altri arricchito e circondato di Grazia fin dal grembo materno. E desto perplessità quando sottolineo che peccato mortale è quello che faccio io, quello che facciamo noi che conosciamo la volontà del Signore, mentre peccati veniali sono quelli commessi dalla stragrande maggioranza dei fratelli che di Dio sanno poco o niente (mancano di piena avvertenza e deliberato consenso richiesti per un peccato). Felicissimo, poi, lo sono sapendo che alla fine del tempo di batoste a me, infedele a tanto amore, ne saranno date tante, e tanto poche, invece, ai fratelli più deboli (Lc 12,47-48). S’illuminano di stupore gli occhi di quelli che, incontrandomi e ritenendomi più vicino al Signore, mi chiedono una preghiera per loro, bestemmiatori abituali: ‘Fratello buono, non mancherò di pregare per te, ma tu, però, prega per me. Io cerco di stare vicino a Dio, ma è Lui che sta più vicino a te, che da Lui senti d’esserti allontanato. Lascia me tra le 99 ‘brave’ e corre per incontrarti!’.

Il Vangelo, il Lieto Annunzio la Notte Santa, ancora oggi, gli Angeli andranno ad annunziarlo ai pastori, mentre noi, facilmente, continueremo a ripeterlo a chi lo canta da sempre, senza recarci ad annunziarlo ai pastori fuori dal tempio. Papa Francesco esorta sempre ad andare in periferia. Noi prete ne siamo impediti dai mille impegni, ma ifedeli laici!? Sono loro, sacerdoti e missionari a pieno titolo, presenti fino alle lontane periferie, ma’ li teniamo ancora bambini. Non riusciamo a renderli adulti nella fede. La mia battaglia’ persa: la Messa non Precetto maAlimento settimanale indispensabile per vivere (Gv 6,54) e così crescere; la Confessione come Grazia insopprimibile che fortifica contro il peccato, e non pratica di pietà per comunicarsi. In tanti restano digiuni nonostante l’invito di Gesù: ‘Prendete e mangiatene tutti!’ inascoltato perché ammoniti a non accostarsi se non confessati almeno da un mese. Eppure abbiamo solennemente proclamato: ‘Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!”

Perdonate sempre la mia insistenza. In preghiera e ascolto della Parola, ancor più che a leggi sempre illuminanti ma non paralizzanti, aiutiamo gli smarriti di cuore a crescere e camminare.

Aiutate anche me con la vostra preghiera e correzione fraterna. Don Vincenzo


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