3^ Domenica di Quaresima

Eccomi in cammino con voi verso Pasqua confidando nell’aiuto che, inevitabilmente, segue a ogni incontro. Il Buon Pastore, nomade, incontrava facilmente lungo le strade chi era ai margini. I Pastori oggi, sovraccarichi di incontri irrinunciabili, sono chiamati a privilegiare gli emarginati che non mancano di assediarli e a incentivare il servizio nelle ‘periferie’ dell’umanità verso le quali …inascoltato ci manda Papa Francesco, essendo lui impedito …per sicurezza internazionale! Buona festa di San Giuseppe. Con affetto.
 
Don Vincenzo

 

3ª DOMENICA di QUARESIMA

 

Gv 4,5-42. Giunse pertanto ad una città della Samaria. Qui c’era il pozzo di Giacobbe. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna… La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui.

 

don Marco Pedron Non chiedere… Ciò che Gesù fa è contro ogni buon senso e contro ogni regola del tempo. Gesù scavalca tutte le barriere, rompe ogni schema e parla con la samaritana. E’ per questo che i suoi discepoli sono scandalizzati. Gesù non si faceva delle idee sulle persone, né aveva dei pregiudizi: lui le incontrava. E proprio per questo essere fuori dagli schemi Gesù fu considerato un anti-dio e condannato a morte. Poiché era scomodo e inopportuno. Essere liberi vuol dire non permettere che idee, barriere religiose, altro ci impediscano di incontrare le persone e la vita.

Gesù, dopo un lungo viaggio sotto il sole, ha sete. Arriva la donna e c’è l’incontro tra due seti: Gesù ha sete di acqua del pozzo; la donna ha sete d’amore. Che un uomo aprisse il discorso, era un chiaro segno di corteggiamento. Ma Gesù la mette di fronte alla dura verità: Avere avuto sei uomini fa della donna una “donna facile”. Gesù è colui che ti mette di fronte alla tua verità. Lui non ci giudica, non ci condanna, ma vuole che andiamo dentro di noi e che tiriamo fuori le cose per come stanno. Incontrare il Signore è dirsi la verità, non mentirsi. Se la donna non si fosse detta la verità (“sì ho avuto sei uomini ma in realtà sono ancora affamata d’amore”) non avrebbe potuto incontrare l’Amore vero, il Signore, colui che sfama ogni sete.

Sono come la Samaritana: affamato d’amore ma nessun amore può riempire il mio buco. Non chiedete alle persone quello che non vi possono dare. Noi chiediamo un amore infinito, assoluto, perché abbiamo fame e desiderio di Dio, di Lui. Allora: la nostra domanda è infinita mentre la risposta è finita. Se ci aspettiamo che l’altro ci riempia del tutto, saremo sempre delusi. Se, invece, siamo consapevoli che l’altro ci ama ma che non può soddisfare alla nostra fame infinita, allora sapremo accettare e cogliere anche l’amore parziale ma meraviglioso degli uomini e delle donne. Solo Dio, che è infinito, può placare la mia sete che è infinita. Fede è non perdere mai di vista il centro: io ho un nucleo divino.

Gesù nel vangelo si spinge ancor oltre. Non solo dice: “Non fare di nessun uomo Dio”, ma addirittura: “Non fare di nessun’autorità, di nessuna esperienza, di nessun gruppo religioso il tuo Dio”. “E’ giunto il momento in cui né su questo monte (Garizim) né in Gerusalemme adorerete il Padre. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (4,21-23). Dio non è in un posto. Dio si rende visibile dove c’è spirito e verità, qualunque posto sia, qualunque uomo sia, qualunque zona della terra sia. Se nel tuo parlare, nel tuo agire, nel tuo amare, traspare spirito e verità. Se traspare, lì Dio c’è. Quando un uomo vive fedele alla sua coscienza e aderente al suo spirito, lì Dio c’è. Non importa più se è cristiano, musulmano, buddista o se si proclama ateo: in ogni caso lì Dio c’è. Non chiederti più dov’è Dio; chiediti invece dove c’è spirito e verità: lì c’è anche Lui.

 

don Carlo Occelli Quella brocca dimenticata. Nella vita di tutti i giorni, negli accadimenti casuali, accadono incontri che possono cambiare la vita. In un incontro fortuito ecco svelarsi la grandezza di Gesù, uomo innamorato dell’umanità, persino di quell’umanità della Samaria, ritenuta tradizionalmente lontana da Dio. C’è qui il rapporto di Dio con un popolo che lo ha tradito. “Nonostante i miei tradimenti, continui ad amarmi come fosse il primo giorno?”.

“Dammi da bere. Dissetami. Ho desiderio di te. Ho sete di te”. Ha sete del nostro cuore, lo vuole riempire, inondare del suo amore. Non c’è da dare qualcosa a Dio, è lui che si dona a noi! Lui che in noi diventa sorgente, lui che ci cerca.

“Ah, se tu conoscessi il dono di Dio, se tu sapessi quanto ti desidero e solo per amarti! Sono qui per amarti”. Questo dice Dio. Ecco il culto, lasciarci amare. Lasciarci riempire. Ecco il sogno di Dio per te! Affinché tu possa essere sorgente per il mondo!

Così si apre per noi una settimana di incontri casuali, telefonate casuali, battute casuali… sono i nostri pozzi: sapremo lasciarci sedurre da questo Cristo innamorato? Sapremo lasciarci riempire di quest’acqua viva e divenire sorgente pure noi?

 

Wilma Chasseur E la brocca? Gesù decide di attraversare la Samaria, terra maledetta e odiata dai Giudei, per dirci che è venuto anzitutto per riacciuffarci quando ci siamo perduti. Sa più di tutti su di lei e nonostante ciò chiede da bere proprio a lei, l’esclusa, l’emarginata. Gesù vede sempre oltre. Non è certamente il peccato la prima cosa che vede in lei e in noi, ma la nuova creatura che possiamo diventare una volta che abbiamo ricevuto l’acqua viva della grazia. Gesù le rivela senza minimamente giudicarla. Allora la samaritana dimentica tutto per andare ad annunciare a tutti, chi ha incontrato. Quale meraviglia possiamo diventare sotto l’azione della Sua grazia. Non accontentiamoci delle pozzanghere quando Gesù vuole darci molto di più! vuole portarci alla sorgente! Vuole darci quell’acqua viva che è vita: la Sua vita ci rende nuovi fiammanti dentro e fuori.

 

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Riflettendo: Gli incontri di Gesù con i peccatori sono sempre, senza eccezioni, arricchenti. É una costante nei Vangeli. L’incontro con i non peccatori sono abitualmente scontri senza conversione (Mt 9,30; 12,2; 15,12… – Mr 2,16; 3,6; 7,5 – Lc 5,21; 11,53… – Gv 7,47; 8,13; 11,47…). Persino il Kerigma, il Messaggio di salvezza viene  consegnato di preferenza ai non dotti e non sapienti (Mt 11,25), già da Betlemme (i pastori, i più disprezzati, riferirono a tutti ciò che del bambino era stato detto loro Lc 2,17), fino al mattino di Pasqua (Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni, viene mandata dal Risorto agli Apostoli Gv 20,18).

Il vangelo di oggi ci propone l’incontro meraviglioso tra Gesù e la Samaritana, e manifesta con quanta delicatezza e umanità, libero da ogni barriera di sesso, di nazionalità, di religione, apre il suo cuore assetato di umanità, a una Samaritana, giunta lì a mezzogiorno per sfuggire agli occhi accusatori di tutti, rivelando la profondità di un pozzo di amore zampillante acqua viva che appaga ogni sete. E a una donna facile esperta certamente non in dottrina, rivela alta teologia.

Come non gioire e sostenere con affetto e preghiera Papa Francesco che apre la Chiesa all’incontro con tutti, privilegiando le periferie di ogni genere. Al mondo in profonda crisi e angosce, porge luce di speranza. Il timore che tanta luce possa venire soffocata dagli intelligenti e sapienti, solo la consapevolezza della presenza dello Spirito l’attenua.

Ugualmente l’incontro con la Samaritana fa comprendere anche a noi il valore e il come vivere gli incontri, mai fortuiti, anche se sembrano casuali. Ascolto e riascolto in questi giorni molto volentieri, cercando di ben registrarli nel cuore, le indicazioni di Massimo Orlandi, della Fraternità di Romena, parlando di “Ogni vero vivere è incontrare” (lo si ascolta in Internet) che cerco di riassumere nei minimi termini:

INCONTRO, anche il più scontato o antipatico, o solo casuale, non ci lascia gli stessi. Avviene in natura, avviene in noi: se l’idrogeno s’incontra con l’azoto, non resta più idrogeno; un atomo con altro atomo per lo meno cambia direzione. Ogni incontro, anche solo occasionale, é unico, non si ripete, cambia qualcosa.

L’altro che incontriamo é portatore di una Parola di Dio, Parola irrepetibile, messaggio che Dio manda al mondo, un pezzetto del volto di Dio. Non cambia il nostro giudizio ma il nostro modo d’incontrare: apertura del cuore all’ascolto liberi dal far pesare sugli altri il nostro giudizio, meglio pregiudizio. Incontriamo quando smettiamo di essere autosufficienti, girarci attorno. “Tutto decide la nostra scelta di vita: se tu scegli di vivere facendo centro di te su di te, hai voglia a studiare, essere ‘arca di scienza, Premio Nobel…’ non capirai mai niente. Se tu decidi di mettere il centro di te fuori di te nelle cose, nelle persone che incontri: hai la Sapienza” (Ernesto Balducci).

Aperti sempre all’incontro ancora non vissuto… “Il più bello dei mari è quello che non navigammo; il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto; il più bello dei nostri giorni non lo abbiamo ancora vissuto; quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora detto” (Nazim Hikmet. da: LETTERE dal CARCERE a MUNEVVER. 1942).

 

Ho vissuto per anni, ve lo assicuro, tra accumuli di letame reale, nelle periferie dell’umanità; incontro che mi hanno cambiato radicalmente. Nella baraccopoli dove vivevo, era inevitabile (e lo è ancora oggi) passare su cumuli d’immondizie con fetore insopportabile. Quando affermavo che una baracca poteva anche essere considerata casa molto più sicura, facile a costruire quando si sposa un figlio, molto più accessibile economicamente a quanti vivono con una economia precaria, capaci anche di fare a meno di tante comodità, venivo frainteso come se volessi lasciare gli Zingari sempre tra tante immondizie. Inutilmente affermavo: “Come fate per gli altri ogni giorno, raccogliete anche quelle che ogni donna tira fuori dalla sua baracca. Togliete le immondizie dagli Zingari e non, incompreso, gli Zingari dalle immondizie!”.

Per ben due volte le edizioni Paoline[1] hanno pubblicate i fiori profumatissimi di umanità raccolti tra tanto letame, per questo sottoscrivo a pieni voti e canto con Fabrizio de André: “Dai diamanti non nasce niente; dal letame nascono i fiori!”,  la canzone che canta di giovani “samaritane” dei nostri giorni, nei vicoli di Genova.

Buon cammino!

 

 

 

[1] “Zingaro mio fratello”, “Mi basta che tu mi vuoi bene”