6^ Domenica di Pasqua

Carissimi,
con quanta insistenza e chiarezza Gesù cerca di far capire ai suoi, e anche a noi, la necessità e utilità del suo ritorno al Padre perché “ in quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi”. Vi assicuro che soltanto ora, dopo tantissimi anni, ho chiesto con sincerità di cuore: “Vieni, Signore Gesù, e grazie che hai già preparato il posto, dove Tu sei presso il Padre, e mi poni già oggi in Te presso il Padre senza più attendere la …morte che non c’è più!. “ ¿¿¿¿ ¿¿Maranata, vieni, Senhore Gesù!”.
Fraternamente.
 
Don Vincenzo

 

 

VI Domenica di Pasqua

 

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io ieni, Signore Gesù”vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gv 14,15-21

 

Ronchi«Se mi amate…». Gesù chiede di dimorare nel mio luogo più importante e intimo. Ma lo fa con estrema deli­catezza: «se». Puoi acco­gliere o rifiutare, in piena li­bertà. Se c’è la scintilla dell’amo­re ogni atto si carica di una vibrazione profonda, di un calore nuovo, In un crescendo mira­bile Gesù usa tutte le pre­posizioni che dicono co­munione. Il sogno di Gesù è abitare nell’uomo.

Se mi amate osserverete i miei comandamenti. Pone l’accento su miei perché da me vissuti, perché mia vita. «Se mi ami, osservi la mia vi­ta. Se mi ami, diventi come me!» E il Vangelo rac­conta la passione di unirsi di Gesù a me. Tu puoi negarlo, lui non po­trà mai rinnegarti. Mai orfani, mai se­parati.

 

Pedron  Il segreto della felicità. I discepoli all’inizio si sono sentiti orfani, abbandonati, ma poi hanno scoperto che Colui che li aveva abbandonati fisicamente era invece vicino, reale e vivo dentro di loro. Dio ha posto casa in noi. Dio abita in me.

La grande esperienza degli Apostoli dopo la morte di Gesù fu la solitudine. Lo svantaggio iniziale fu un dolore enorme. Il vantaggio fu che l’accettare e l’attraversare quel dolore li portò ad una coscienza più alta: trovarono il Vivente dentro di loro.

S. Giovanni della Croce si trovò ad un certo punto totalmente solo. Odiato dai suoi confratelli, venne ritenuto, erroneamente, responsabile di un incidente accaduto nel monastero di Avila. Fu imprigionato per più di otto mesi, sottoposto a maltrattamenti, torture fisiche e psicologiche. Ma fu qui che compose i suoi poemi più mistici. La solitudine e la disperazione di questo uomo gli permettono di accedere alle profondità dell’anima e di trovare Dio nelle profondità di sé e dentro la sua solitudine.

Madre Teresa di Calcutta. Tutti noi l’ammiriamo per il suo sorriso e per il suo amore, e a ragione. Eppure Madre Teresa scrive: “Ci sono momenti in cui mi sento come un guscio vuoto, un oggetto instabile. Mi sento così sola e misera”. “Dicono che la pena eterna che soffrono le anime nell’Inferno è la perdita di Dio… Nella mia anima io sperimento proprio questa terribile pena del danno, di Dio che non mi vuole, di Dio che non è Dio…” Ma poi scrive: “Voglio vivere in questo mondo così lontano da Dio e che ha voltato le spalle alla luce di Gesù, per aiutare la gente, prendendo su di me qualcosa della loro sofferenza”. E’ il suo dono: “Madre Teresa trasforma la sua sofferenza come dono, perla, di avvicinamento agli altri. Può comprendere la sofferenza degli altri perché conosce bene la sua”.

Gesù. Nell’Orto degli Ulivi prova terrore e angoscia (Mc (15,33). Si sente solo, abbandonato dai discepoli; tutti lo odiano e tutti ce l’hanno con lui. E’ solo, totalmente solo. Gesù trova al fondo di sé suo Padre. E il sentirsi sorretto da Lui gli da la forza per andare avanti e per affrontare ciò che deve affrontare.

Chi di noi non si sente in preda alla disperazione o alla solitudine in certi momenti di vita? Lo Spirito Consolatore è la presenza di Dio in noi, quella sensazione che non risolve i problemi e non cambia le situazioni ma ti sussurra: “Ci sono io; io non ti abbandono; io credo in te anche se tutti ti danno contro; io ti capisco; coraggio; affronta; non temere; non scappare”. Lui, è con noi.

La grande scoperta degli apostoli fu proprio questa: Lui era il Presente. Se posso percepire che Lui è con me non sarò mai più solo e mai più abbandonato.

1. Dio vive in te, non incatenarlo, non ucciderlo. Ciascuno di noi nella sua vita decide se crocifiggere, mettere a morte o far nascere il Dio in lui. Spiritualità è entrare in sé e far vivere l’anima, lo spirito, che c’è dentro di sé (responsabilità individuale).

2. Dio vive in ogni creatura. E’ negli altri tanto quanto è in te. Ogni creatura merita rispetto, onore e valore. Magari non per quello che è, ma per quello che può essere e in ogni caso perché Dio abita e risiede anche lì.

 

Per un cammino di spiritualità: 1. “Ascoltati!”. Fermati, fai silenzio. Puoi ascoltare ci che hai dentro? O devi sempre fuggire?

2. Spirito è ascolto di ciò che ho dentro. Avete mai visto gli occhi terrorizzati di un bambino quando viene picchiato? Solo una persona che non prova nulla può picchiare e giustificare: “Quando ci vuole, ci vuole!”. Solo persone senza contatto con la vita interna possono dire degli extracomunitari: “Che i mòra tutti!” (=muoiano) oppure: “La pena di morte ci vorrebbe!”. Senza sentimenti tu non senti il dolore dell’altro, non senti la sofferenza, non senti che gli stai facendo del male, che lo stai facendo soffrire, che lo stai uccidendo. E se non senti, puoi fare di tutto.

3. Dio in te ha una forma unica. La mia missione è nient’altro che far vivere, secondo la mia forma (e non quella che vorrei io o che vorrebbe chi mi è vicino) il Dio che è in me. Se io rispetto il Dio che è in me (lo faccio vivere) allora potrò rispettare anche il Dio in te. “Lo Spirito che è in me è lo stesso che è in te”. Nessuno è migliore di un altro. Finché ci sarà qualcuno che penserà di avere più diritti di altri non potrà che esserci disparità e guerra.

4. “Lo spirito mi precede e lo spirito mi segue”. Spiritualità è diventare consapevoli, che ciascuno di noi è chiamato a compiere un piccolo tratto di strada ma che ciascuno è inserito in un viaggio molto più grande di lui. Mi è stato consegnato un patrimonio di doti, capacità, emozioni, abilità e quant’altro, frutto del lavorio, delle lotte, delle vittorie e delle sconfitte di milioni di uomini. Io sono chiamato a prenderlo, a metterci il mio apporto, a dare il mio contributo, piccolo ma indispensabile, e a riconsegnarlo a chi seguirà un po’ più sviluppato, più vero di come mi è stato consegnato. Allora la mia vita avrà avuto senso non solo per me ma anche per il mondo intero.

Gesù prima di morire dice: “Tutto è compiuto” (Gv 19,30). Gesù ha detto tutto ciò che doveva dire, ha fatto tutto ciò che doveva fare, tutto è compiuto, per questo se ne va. Quando si è vissuto così, dando il meglio di sé, allora ci si può congedare da questa vita in pace e sereni.

Dai il meglio di te… tutto di te…: questo è il segreto della felicità.

 

Pensiero della Settimana: “Gli uomini sono irragionevoli, illogici ed egoisti, amali lo stesso.
Quando fai il bene, diranno che lo fai per motivi egoistici e per secondi fini, ma tu continua a farlo.
Quando hai successo, ti fai dei falsi amici e dei veri nemici, ma tu continua ad averlo.
La sincerità e la franchezza ti rendono vulnerabile, ma tu continua ad essere sincero e franco.
Quel che hai costruito in anni di lavoro può andare distrutto in una notte, ma tu continua a costruire.
Del tuo aiuto c’è realmente bisogno ma forse la gente ti attacca quando l’aiuti, tu però, aiutala ugualmente.

Da’ al mondo il meglio di te, e ti tratteranno a pesci in faccia, ma tu continua a dare il meglio di te”.  (Madre Teresa di Calcutta)

 

Wilma Chasseur – Bisogna che me ne vada… Oggi, per la prima volta, Gesù annuncia la venuta dello Spirito Santo. Vuole rassicurare i suoi, che – anche se Lui deve andarsene per compiere l’imperscrutabile disegno del Padre – non li lascerà soli. “Bisogna che me ne vada, se no non verrà a voi lo Spirito, ma quando me ne sarò andato, verrà a voi lo Spirito di verità”. Finché Gesù era sulla terra, tante verità rimasero incomprensibili ai suoi stessi discepoli perché Gesù non poteva che parlare dall’esterno, mentre il suo Spirito, penetrerà nelle profondità dei cuori e “vi insegnerà ogni cosa”; i suoi non avendo ancora ricevuto lo Spirito, non erano in grado di capirle.

Gesù morente e perdente sulla Croce, è proprio allora che ha realizzato la massima vittoria. La cosa che maggiormente conta, non è la realizzazione visibile, il successo ecc., ma perdere la vita, servire sotto la croce. “Se il chicco di grano non muore…”

 

Cantalamessa Farsi paracliti. Diventare noi stessi dei paracliti! Se è vero che il cristiano deve essere “un altro Cristo”, è altrettanto vero che deve essere un “altro Paraclito”. Lo Spirito Santo ha bisogno di noi, per essere Paraclito. Egli vuole consolare, difendere, esortare; ma non ha bocca, mani, occhi per “dare corpo” alla sua consolazione. O meglio, ha le nostre mani, i nostri occhi, la nostra bocca.

 

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Riflettendo: «Se mi amate…». ‘Se mi ami, osservi la mia vi­ta. Se mi ami, diventi come me capace di amare, di donarti!’ e i Santi ci mostrano che per giungere alla meta non mancano momenti di notte, di abbandono, ma …nelle ‘mani del Padre’. È quello che ho vissuto le volte che, ignorando del tutto una cultura molto differente, mi sono trovato in situazioni per me innocenti e persino di carità, ma che potevano mutarsi in tragedia: ospitare una donna (che non va mai fatta entrare se da sola e tu solo), con il marito in carcere e per di più scappata da chi la maltrattava come concubina…! Oppure non partecipare al banchetto (specie se servito con abbondante alcool) il giorno della loro grande festa dopo essere già stato in tante altre tende e non nella sua…! Dai ben pensanti e dalla stessa Polizia ero già stato avvertito che lo stare con loro poteva finir male. Avvertivo, però, che non ero solo: “Sono con te, non ti abbandono mai!” specie quando capita di sbagliare, e ho continuato a vincere ogni paura e a essere fedele, consegnandomi al Padre nella solidarietà con fratelli rifiutati: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita… Egli mi offre un luogo di rifugio nel giorno della sventura” (Sl 26,1-5).
Ho allora ritrovato, dopo il primo sbandamento, i due oramai liberi dall’alcool e più se stessi, pronti ad accogliermi.

Annunziare agli altri con certezza profonda che Egli è con noi e non ci abbandona mai mai, lo puoi dire con più certezza se lo hai sperimentato.

“Io sono nel Padre e voi in me e io in voi” è il Vangelo il più stupendo rivelatoci da Gesù, l’unico che conosce il Suo volto, un Dio Mamma che mai desiste dal cercarci e, per averci immancabilmente con Lui, ci ha donato il suo Figlio. Soltanto così capisco Gesù quando parla sulla necessità del suo partire da questo mondo per tornare al Padre perché “quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi” (Gv 14,3). Fino a ieri, con radicata ignoranza, ritenevo che la sua venuta coincidesse con la mia  morte e mi auguravo che mi preparasse il posto il più tardi possibile. Celebrando la Parola della scorsa domenica mi si è aperto il cuore e mi sono rallegrato per una promessa così stupenda da desiderarla immediatamente fin da ora e per l’eternità. Il luogo dove Gesù sempre dimora e dove ci vuole accanto è nella comunione e amore del Padre. Dipende tutto dal se mi amate e osserverete i miei comandamenti” donandoci fino in fondo ai fratelli. È il cammino, l’ascesi, la disciplina (= essere discepoli) – spiega dom Franco Mosconi, monaco camaldolese che mi guida – richiesti oggi più che le sorpassate pratiche di penitenze corporali. Mi richiama Papa Francesco quando il 3 luglio scorso parlava di “alcuni sbagli nel cammino verso Dio nella storia della Chiesa. Alcuni hanno creduto che il Dio vivente, il Dio dei cristiani noi possiamo trovarlo per il cammino della meditazione, e andare più alto nella meditazione. Quello è pericoloso, eh? Quanti si perdono in quel cammino e non arrivano. Arrivano sì, forse, alla conoscenza di Dio, ma non di Gesù Cristo. A quello non ci arrivano. E’ il cammino degli gnostici, no? Sono buoni, lavorano, quello, ma non è il cammino giusto. Altri hanno pensato che per arrivare a Dio dobbiamo essere noi mortificati, austeri, e hanno scelto la strada della penitenza: soltanto la penitenza, il digiuno. E neppure questi sono arrivati al Dio vivo, a Gesù Cristo Dio vivo. Sono i pelagiani, che credono che con il loro sforzo possono arrivare”. Ma Gesù ci dice che il cammino per incontrarlo è quello di trovare le sue piaghe. E le piaghe di Gesù tu le trovi facendo le opere di misericordia, dando al corpo – al corpo – e anche all’anima, ma al corpo – sottolineo – del tuo fratello piagato, perché ha fame, perché ha sete, perché è nudo, perché è umiliato, perché è schiavo, perché è in carcere, perché è in ospedale. Quelle sono le piaghe di Gesù oggi… Dobbiamo toccare le piaghe di Gesù, dobbiamo carezzare le piaghe di Gesù, dobbiamo curare le piaghe di Gesù con tenerezza, dobbiamo baciare le piaghe di Gesù, e questo letteralmente”.

 

Facessimo questo! Staremmo pienamente nella dimora del  Padre dove Gesù ci vuole condurre. E il mondo crederebbe immediatamente senza alcun bisogno di prediche. Santa Teresa di Calcutta, don Tonino Bello e tanti altri ce l’hanno mostrato oggi.