A chi tocca annunciare il Vangelo?
Maturato dal Concilio in poi che non è cosa che riguarda solo preti e religiosi/e, la riflessione paolina «Guai a me se non annunciassi il Vangelo» (1Cor 9,16) ci provoca a verificare lo stato di salute dell’anima missionaria del nostro vivere ecclesiale e personale.
Ed è opportuno parlare di anima e non di optional poiché la missione sta al cristiano come l’anima al corpo ed anche perché, volente o nolente, la vita di un credente rimanda sempre al Vangelo, in maniera trasparente se traduce, opaca se tradisce. ‘Non si può non comunicare’, affermano gli studiosi di comunicazione; ed è un dato ineludibile anche del nostro cammino di discepolato.
Ineludibili, inoltre, risultano essere anche un paio di interrogativi non proprio insensati: la fede è per me questione vitale? È ciò che mi dà ragioni per vivere e morire, per amare e perdonare?
Proviamo a fare un passo ulteriore. Sarebbe bello se iniziassimo almeno a sognare per noi una fede bella che vuole, perché le è connaturale, frequentare gli areopaghi del nostro tempo. Lo so bene, tra il dire e il fare c’è di mezzo il … cominciare!
Seminiamo nel cuore dei più giovani che custodiscono desideri grandi, ma che si ritrovano a vivere concentrati su piccoli obiettivi perché non offriamo loro niente di meglio.
Missione non è solo evocare paesi lontani.
Missione è anche essere pronti nei crocevia della nostra storia dove volti, nomi, eventi, incontri e scontri interpellano i cristiani ad essere testimoni di quell’incontro che svela dignità e bellezza di ciascuno ed invita tutti a liberarsi da ogni presunzione e disperazione.
Assuefatti ad un cristianesimo ‘alla camomilla’ o, al contrario, ‘alla caffeina’, ci siamo limitati a cenni cortesi e solenni di assenso a tutte le prediche ed i discorsi che udiamo per poi voltare le spalle al Vangelo in una maniera del tutto indolore ed altrettanto disinvolta per la nostra coscienza.
Insomma, un cristianesimo ‘bello, ma senz’anima’.
A chi tocca, allora, annunciare il Vangelo? A tutti.
A patto, però, di lasciarsi conquistare da Cristo (cfr. Fil 3,12) dalla testa ai piedi avendo nel cuore l’umiltà ed il coraggio di cominciare prima di tutto da sé.
dO