“Come al finir dell’inverno torna la stagione,
così anche noi, all’inizio di questo digiuno,
quasi al ritorno di una primavera spirituale,
come viandanti riprendiamo il viaggio verso il cielo”.
(SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelie al popolo antiocheno, 3)
Carissimi fratelli e sorelle,
da mercoledì prossimo 22 febbraio, giorno delle Ceneri, inizia un tempo davvero prezioso per la nostra vita cristiana: quello della Quaresima. Quaranta giorni per «ritornare a Dio con tutto il cuore» (Gl 2,12) e riscoprire la bellezza dell’amore: anzitutto verso Dio, che, come narra l’autore del libro della Genesi, ci ha creati «a sua immagine e somiglianza» (Cf. Gen 1,26), e poi verso il nostro prossimo da «amare come sé stessi» (Cf. Mc 12,31).
Siamo posti, ancora una volta, dinanzi ad un itinerario “spirituale” e “penitenziale” che, come ogni viaggio, acquista valore e significato, unicamente, in relazione alla mèta da raggiungere: la Pasqua del Signore, centro di tutto l’anno liturgico.
Dal Mercoledì delle Ceneri alla «madre di tutte le sante veglie e nella quale tutto il mondo veglia»[1], come predicava Sant’Agostino, siamo accompagnati da due simboli liturgici che, all’apparenza, sembrano indurci ad un cammino inverso
rispetto alle leggi fisiche della natura: cenere all’inizio, fuoco alla fine. Infatti, sappiamo bene che dal fuoco che arde e che brucia non resta che cenere e, per di più, col passare del tempo il calore prodotto svanisce… Ma il percorso che inizia con le ceneri sul capo, ricavate – come stabiliscono le rubriche del Messale Romano – dai rami di ulivo benedetti l’anno precedente, ci invita ad andare verso quel fuoco che arderà e brucerà nella «notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore!» (Exultet). Per dirla alla maniera di don Tonino Bello: «siamo posti dinanzi al fascino di due grandi prediche che seducono il credente, perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”»[2].
Dalla “cenere” del Mercoledì…
Biblicamente la cenere ha rappresentato sempre il segno esteriore della penitenza e della purificazione. Le parole che accompagnano il gesto liturgico della loro imposizione, «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai», evocano la caducità della persona umana, rimandando alle origini dell’azione creativa: «Il Signore Dio modellò l’uomo dalla polvere della terra» (Gen 2,7). È la memoria di un impegno personale che, ben oltre il limite delle umane fragilità, ci pone alla presenza di Dio: come la creatura dinanzi al suo Creatore, come servi dinanzi al Signore. E non solo.
Con la seconda delle formule previste, la cenere è come «un urto dal quale è difficile sottrarsi. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: “Convertiti e credi al Vangelo”. E, quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre»[3].
Per questo motivo la Quaresima comincia, appunto, con il segno della cenere, perché ogni reale cammino di ritorno a Dio inizia solo quando si è davvero disposti a mettere in discussione il proprio modo di essere dinanzi a Lui. Nella consapevole esperienza del peccato, il profeta Daniele rivolge a Dio il suo volto «alla ricerca di un responso con preghiere e suppliche, con il digiuno, veste di sacco e cenere» (Dn 9, 3). Ma al Signore non è gradito un atteggiamento di pura esibizione, non gli basta che «si pieghi come un giunco il proprio capo, e si usi sacco e cenere per letto» (Is 58,5), quanto, piuttosto, desidera «sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare libri gli oppressi e spezzare ogni giogo… dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo» (Is 58,6-7). Ciò che davvero conta sono le buone opere.
Per quanto austero, negativo, pessimista e di disperazione possa essere il simbolo della cenere in rapporto alla persona umana, esso è un segno che ci permette di riconoscere e sperimentare l’essenzialità di ciò che realmente resta di vero, buono e bello della nostra vita, per “ricominciare” dalla verità ed «avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia»[4], così da «trasformare le circostanze della vita in eventi»[5]. Perché ogni evento della nostra vita è un tempo favorevole ed appropriato per raccogliere il potenziale generativo che è racchiuso in tutte le situazioni, anche quelle che non scegliamo e che purtroppo ci tocca subire, come da ultimo la pandemia e la guerra in Ucraina, con le relative difficili e problematiche conseguenze. Ma, anche con gli eventi assurdi – quelli che per noi hanno l’amara prospettiva di spiacevoli circostanze di rottura, discontinuità, impotenza, precarietà, fragilità e vulnerabilità – abbiamo l’opportunità di introdurre nel vissuto gesti creativi ed originali, tanto personali che comunitari, di amore, giustizia e fraternità [6].
… al fuoco della Pasqua…
Il viaggio quaresimale raggiunge la méta del suo incedere dinanzi ad un fuoco, segno con cui inizia la solenne Veglia Pasquale, quale «fiamma viva del fulgore del Signore», che «ha vinto le tenebre del mondo» (Exultet). È questa la chiara contraddizione del cammino: da un’insignificante e fredda cenere, dalle tinte scure e senza vita, si giunge ad un fuoco che riscalda, illumina e dona vita. È l’esito inatteso di una gioia intensa ed intima, che spunta come «solare chiarezza di questa nuova luce» (Exultet) che disperde le «tenebre del cuore e dello spirito».
Ma, la mèta del cammino quaresimale afferma che, se ci lasciamo “infiammare” e “trasformare” dall’azione misteriosa dello Spirito Santo, non c’è nulla che non possa resistere alla forza del dono pasquale per eccellenza, che siamo soliti così invocare:
«Consolatore perfetto; ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto.
Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato».
Nell’Antico Testamento il fuoco è una delle immagini preferite per manifestare l’essere e l’agire di Dio. Il Signore si rivela a Mosè proprio in un roveto ardente (Es 3,2), che brucia ma non si consuma e, sotto forma di una colonna di fuoco, avanza
di notte davanti al suo popolo che si allontana dall’Egitto (Cf. Es 13,21). È lo stesso ardere nel proprio cuore. Così come gli stessi discepoli di Emmaus (Cf. Lc 24,13- 35) che, quando riconobbero il Signore nello spezzare il pane, si ravvidero e
percepirono che la “cenere” della tristezza – per l’apparente fallimento – si era trasformata nel fuoco dello spirito, che ardeva nel loro cuore mentre egli conversava con loro lungo la via, e «partirono senza indugio» verso Gerusalemme, dove incontrarono gli undici e gli altri che erano con loro.
L’evoluzione della cenere in fuoco ci manifesta un senso certo e compiuto per la nostra vita e ci permette di «trasformare gli incroci in incontri» 10 vitali e generativi, capaci di superare l’indifferenza caotica e riconoscere per ogni persona un volto, un nome, una storia, una dignità unica e irripetibile. Questa riscoperta di vita vera ci esorta a spogliarci degli schemi abituali e di categorie ormai inadatte, per assumere il punto di vista di quanti sono ai margini e provare a vedere il mondo con i loro occhi. Solo allora potremo scoprire che, anche in una realtà misera come la cenere, è contenuta una preziosità sorprendente, perché, come cantava Fabrizio De André nella canzone Via del campo: «Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori».
… per continuare a “camminare insieme”.
Dalla “cenere” della quaresima al “fuoco” della Pasqua: è il viaggio che ci viene offerto per i prossimi 40 giorni. Ci viene chiesto di metterci in fila, l’uno dietro l’altro, per piegare il capo ed essere cosparsi di cenere al fine di aprire il cuore all’unica realtà che nessun vento potrà mai disperdere. È l’opportunità:
– per operare un’autentica trasformazione di vita;
– per riprendere a respirare a pieni polmoni;
– per mettere più ordine in tante e varie confusioni;
– per stabilire relazioni autentiche;
– per riprendere dialoghi interrotti;
– per gustare il vero riposo…
ma, soprattutto, per impegnarsi, con stile evangelico, a “camminare insieme” come comunità, nel “cortile” della propria parrocchia; tra parrocchie nel territorio della Vicarìa del proprio paese; nella Diocesi e nella Chiesa universale.
Lasciamoci coinvolgere, in questo viaggio, dalle tre opere proprie del tempo liturgico, quali «l’elemosina, la preghiera e il digiuno. La preghiera ci riannoda a Dio; la carità al prossimo; il digiuno a noi stessi. Dio, i fratelli, la mia vita: ecco le
realtà che non finiscono nel nulla, su cui bisogna investire. Ecco dove ci invita a guardare la Quaresima: verso l’Alto, con la preghiera, che libera da una vita orizzontale, piatta, dove si trova tempo per l’io ma si dimentica Dio. E poi verso l’altro, con la carità, che libera dalla vanità dell’avere, dal pensare che le cose vanno bene se vanno bene a me. Infine, ci invita a guardarci dentro, col digiuno, che libera dagli attaccamenti alle cose, dalla mondanità che anestetizza il cuore.
Preghiera, carità, digiuno: tre investimenti per un tesoro che dura».
La “bussola”, per orientarci in questo viaggio dalla cenere al fuoco, sarà, come sempre, la Parola di Dio che in quest’anno liturgico, attraverso le cinque domeniche che precedono la Commemorazione dell’ingresso del Signore in Gerusalemme, ci offre la possibilità di ripercorrere il tradizionale itinerario che accompagnava il catecumeno alla scoperta del battesimo.
La prima domenica, quella della tentazione, introducendoci nel tempo quaresimale, ci prospetta la lotta che attende l’uomo per le scelte definitive.
La seconda è la domenica di Abramo e della trasfigurazione, che ci permette di intravedere la mèta del cammino.
La terza è quella dell’incontro con la Samaritana al pozzo di Sìchem, per simboleggiare l’immersione nell’amore del Signore e trovare vita.
La quarta, con la guarigione del cieco dalla nascita, è un evento di illuminazione pasquale e battesimale, perché chi incontra Gesù e crede in Lui trova la luce che vince ogni tenebra che avvolge l’esistenza.
Ed infine la quinta, con la risurrezione di Lazzaro, che annuncia la vita come pegno di immortalità.
* * * * *
«Analogamente all’ascesa di Gesù e dei discepoli al Monte Tabor, possiamo dire che il nostro cammino quaresimale è “sinodale”, perché lo compiamo insieme sulla stessa via, discepoli dell’unico Maestro». Ora, però, in questa Quaresima, ci è richiesto un passo oltre.
Dopo la consegna, ad inizio d’anno pastorale, dei tre “Cantieri di Betania”:
– quello della strada e del villaggio;
– dell’ospitalità e della casa;
– delle diaconie e della formazione spirituale;
a cui, come realtà diocesana, abbiamo aggiunto un quarto, quello della famiglia (sul quale rifletteremo nel Convegno Pastorale Diocesano, dal 26 al 28 giugno 2023), dobbiamo nuovamente ritrovarci “insieme”, non per «produrre documenti, ma far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani», cioè: trasformare la nostra cenere nella gioia del fuoco della vita.
Durante questa Quaresima, allora, è mio vivo desiderio visitarvi per Vicarìe: incontrerò “riuniti insieme” i diversi Consigli Pastorali e i Consigli degli Affari Economici di ogni singola Parrocchia, per confrontarci sul secondo cantiere di quest’anno sinodale, quello «dell’ospitalità e della casa», lasciandoci guidare da una domanda di fondo: «come possiamo “camminare insieme” nella corresponsabilità?».
Vi esorto tutti a non sciupare questo tempo di grazia che è la Quaresima. Informatevi e lasciatevi coinvolgere nelle diverse iniziative liturgico-pastorali che saranno proposte in questi 40 giorni nelle vostre comunità parrocchiali.
Insieme, però, dobbiamo impegnarci a sostenere la “Quaresima di Carità” della nostra Diocesi. Durante questo periodo promuoviamo e facciamo conoscere l’iniziativa di carità a favore dell’emergenza “Turchia e Siria”; così come Domenica 26 marzo 2023, in tutte le chiese d’Italia, si terrà una colletta nazionale per questa stessa motivazione. Si tratta di un segno concreto di solidarietà e di partecipazione ai bisogni materiali e spirituali di queste popolazioni terremotate. Non dimentichiamo mai quello che l’autore del libro dei Proverbi ci ricorda:
«Chi dona al povero, presta a Dio!» (Pr 19,17).
Buon viaggio quaresimale,
vi accompagni la mia benedizione!
Castellaneta, 19 febbraio 2023
VII Domenica del Tempo Ordinario
+ Sabino IANNUZZI
Vescovo
[1] S. Agostino, Discorso 219, nella Veglia di Pasqua, I,1.
[2] A. Bello, Dalla testa ai piedi. Lettera per la quaresima 1989.
[3] Ivi.
[4] Francesco, Lettera Enciclica Fratelli Tutti, 225.
[5] I. Punzi, Testimoni di un nuovo giorno. Fare dell’interruzione un nuovo cammino. Percorso formativo per educatori e operatori pastorali, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 67-71.
[6] Cf. M. De Certeau, Mai senza l’altro, Qiqajon, Magnano (BI) 1993, pp. 20-34.
7 Cf. Messale Romano
8 Ivi, p. 171.
9 Tratto dalla Sequenza allo Spirito Santo.
10 Cf. I. PUNZI, Testimoni di un nuovo giorno, 71-73.
11 FRANCESCO, Omelia del 6 marzo 2019.
12 FRANCESCO, Ascesi quaresimale, itinerario sinodale. Messaggio per la Quaresima 2023.
13 SINODO DEI VESCOVI, Sinodo 2021-2023. Per una Chiesa Sinodale. Comunione, Missione, Partecipazione.
Documento preparatorio, 2021, p. 23.