Domenica delle Palme

Amati, in silenzio con voi, contemplo, prego, partecipo giorno dopo giorno per tutta la santa settimana, lasciandomi amare da tanto Amore. 

 

Santa e Buona Pasqua. don Vincenzo

 

N.B. In allegato la riflessione di don Marco, come sempre molto ampia, per chi avesse più tempo.

 

padre Ermes Ronchi – La Croce, supremo atto d’amore

«Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione, piangono per aiuto, chiedo­no pane. Così fan tutti, tutti. I cristiani invece stanno vi­cino a Dio nella sua sofferenza» (Bonhoeffer).

Cristo è in agonia fi­no alla fine dei tempi, è an­cora crocifisso oggi in infini­ti fratelli, su tutta la terra.

Non spettatori, allora, ma partecipi della eterna passione di Dio e dell’uomo,

 

don Marco Pedron  La passione di Gesù Dio. Possiamo capire quello che accade in questi eventi solo rifacendoci alla passione che quest’Uomo ebbe per le persone, per chi era lebbroso, per le donne, per gli ultimi, per tutto ciò che era piccolo, insignificante e rigettato dagli uomini. Gesù era innamorato dell’uomo, perché lì vi trovava una ricchezza più profonda: Dio.

Ciò che qui Gesù compie è nient’altro che la continuazione estrema di tutta la sua vita. Tutta la sua vita è stata vissuta con passione, infuocato ora d’amore e ora di sdegno. “Adesso mi trovo di fronte a qualcosa di incomprensibile, di inspiegabile, di non ragionevole, di atroce. Non capisco, ma mi fido. Dio non mi ha mai tradito”. Così Gesù rimane fedele, al suo amore per l’uomo, e soprattutto alla sua unica e vera passione: Dio. Quando tutto sembrò chiudersi Dio non lo tradì, confermò con la resurrezione che tutto ciò che Gesù viveva era “Dio”.

In Gesù possiamo anche noi acquisire la forza per compiere il nostro viaggio, fino in fondo, e per vivere con passione la nostra vita. Nei personaggi ci possiamo rispecchiare per capire come noi viviamo nella vita di ogni giorno, con quali atteggiamenti e con quale fiducia o paura.

 

Sacerdoti e scribi – Il Figlio di Dio è stato condannato e ucciso come un impostore, e tutto è stato costruito sulla falsità. E’ successo 2000 anni fa. Succede ancora. E non se ne sono accorti!!!

 

14, 3-9: l’unzione di Betania. “Non ci resta che amare”. Gesù non è riuscito a portare il regno di Dio sulla terra, e in questo ha fallito. Ma ciò che ha potuto fare è stato portare il Regno di Dio nella sua vita e con la sua vita. Anche noi viviamo l’impotenza di Gesù quando dopo aver lottato con tutta la passione che abbiamo dentro, non ci resta che stendere la mani perché ci ritroviamo impotenti. E’ a questo punto che si fa avanti questa donna con un gesto di assoluta bontà. Non può fare nulla. Ma può amarlo. E Gesù: lasciatela che mi ami, lasciate che si prenda cura di me”. E’ l’amore! Quando non si può fare più niente, possiamo sempre amare.

 

14, 10-21: Giuda. “L’illusione del denaro”. Per il denaro si vende ciò che si ha di più prezioso, di più caro. E quando noi abbiamo perso tutto questo, si finisce come Giuda

 

14, 22-25: l’eucarestia: “Che io sia come il pane e come il vino”. Gesù si identifica nel popolo ebreo: reietto e perseguitato come il popolo ebreo in Egitto. Lui è quell’uomo che vaga nel deserto e che crede in una terra promessa che Lui chiama “regno di Dio”. Lui è quel Mosè che celebra la Pasqua. Si prende tutto l’odio e la rabbia degli uomini stessi. Ma adesso con l’immagine del pane e del vino, Gesù fa della sua vita un dono: “Sì, sono io quel pane che viene spezzato. Sì, sono io quel vino che viene versato”. Come il morire del grano del campo, come il morire dell’uva sui colli, che nella morte ringiovaniscono e nel morire risorgono, come nel pane e nel vino che ciò che è frantumato crea nuova vita. E in ogni amore donato noi celebriamo un’eucarestia.

 

14, 26-42: il Getsemani. “Ho paura di morire e di morire da solo”. C’è molta comunicazione tra lui e suo Padre. E’ l’angoscia per un supplizio che gli si prospetta terribile: “La croce! Lo scherno! L’essere svergognati! Il dolore! Oddio, salvami!”. L’angoscia per sentirsi tradito: “Ma tu Dio dove sei? Ma se permetti questo, fai vincere il male, l’odio, i cattivi! …Gesù continua ad essere in comunicazione con Dio.

C’è, poi, tutta la solitudine di Gesù. Dormono. Chiede loro: “State con me; ho paura, so che non potete far nulla, ma almeno vegliate, non lasciatemi solo e in balia”. Nessuno gli è vicino; nessuno lo comprende; nessuno lo consola. Gesù non può contare su nessuno. Eppure a questi amici che lo hanno tradito; si consegnerà a loro; ha fiducia in quei suoi amici.

 

14, 26.-31. 66-72: il tradimento di Pietro. “Non so cosa vuoi dire!”.  È l’uomo che ostenta sicurezza: “Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò”. Pietro rappresenta il nostro credere di essere fedeli. Gesù perdona Pietro prima ancora che lo tradisca. Come a dire: “Pietro non presumere troppo da te”. E finché Pietro non si rende per davvero conto di ciò che lui è, non può percepire che l’amore di Gesù e di Dio è più grande del nostro fallimento. Ogni volta che presumiamo di noi, non ci accorgeremo dei nostri tradimenti! Pietro, in quanto primo Papa, rappresenta la chiesa, i cristiani. Di fronte al pericolo si defila. Com’è facile tirarsi indietro! “Non so, non capisco cosa vuoi dire”!

 

14, 43-52: l’arresto di Gesù. E’ l’infamia di chi ti ferisce e ti bastona senza motivo. E’ la falsità di chi ti sembrava amico. Di chi ti bacia, di chi ti sorride, di chi ti incensa e poi ti tradisce. E’ la meschinità di chi nel pericolo se ne va: “Che si arrangi, non sono affari miei”.

 

14, 53-65: Gesù davanti al sinedrio. “Il mio male lo vedo in te”. Non trovano motivi per metterlo a morte. Alla fine trovano un qualche motivo per accusarlo. E’ la distorsione della verità.

Quando l’anima è piena di odio e di rabbia allora bisogna trovare qualcuno da infangare con il nostro male. Combattono negli altri il loro male.

 

15, 1-15: Pilato. “Il vero potere”. Pilato coglie “l’invidia”, l’odio. Ma prenderne le parti

sarebbe compromettersi. Saggio è, invece, accontentarli. E lo fa. L’unica cosa che gli interessa è il potere. Gesù, invece, è il vero re: è l’uomo libero, liberato dalla paura della morte, del giudizio e dell’apparire.

 

15, 24-38: la crocifissione e la morte. “Guardare la croce per capire”. Ho bisogno di so-stare per entrare nel suo mistero. Cos’avrà vissuto la Maddalena guarita da 7 demoni? Cos’avrà vissuto Zaccheo, i sordi … Adesso è appeso, attaccato come il peggiore dei farabutti ad una croce? Sapere che quell’uomo è proprio Dio. Cosa si può provare nel vedere chi si ama appeso ad una croce?

Chi è il colpevole della tragedia dell’Iraq o dei 15 milioni di bimbi che muoiono annualmente di fame? Di chi è la colpa della morte di Gesù? Nessuno, è chiaro! Tutti avevano buoni motivi; era un tentativo di tranquillizzare la propria coscienza! Di lavarsene le mani! “Non si può fare niente per questa cosa”!

La croce è l’abbandono totale di Gesù nelle mani del Padre e della vita. E’ quando più niente è sicuro si smette di voler capire, di voler sapere, e semplicemente ci si abbandona.

La croce è lo scontro fra due religioni: La religione dei farisei e degli scribi è la religione della maschera. Ciò che conta è la legge. Più cose fai e più sei bravo. Gesù, invece, ama la vita. Nessuno era impuro per Gesù, perché tutti per lui erano figli dell’unico Padre. Era molto libero, mangiava e banchettava spesso, faceva festa e amava la compagnia e la felicità. Non cercava sacrifici o sofferenze. Davanti a Dio possiamo presentarci per quello che siamo, senza falsi teatrini o belle maschere. In croce finisce tutto questo. Questa era la religione di Gesù. Hanno tentato di crocifiggere, di eliminare. Dio, risorgendo il suo Figlio, ha dimostrato che questa è l’unica e vera religione.

 

15, 38-41: il centurione e le donne. “Chi non vede e chi vede”. Il centurione si rende conto di aver preso, inconsapevolmente, parte ad un dramma: “Davvero quest’uomo era figlio di Dio”. Vivere, trascinati dagli altri, produce nuove crocifissioni. Sotto la croce ci sono queste donne che guardano da lontano. Solo chi conosce quanto sia doloroso partorire, far nascere la vita; solo chi conosce l’amore, chi sa provare qualcosa nel cuore e percepire l’altro, solo costui potrà “vedere” il Risorto, che la vita non ha fine, e che l’amore è più forte di tutto. Proprio loro saranno le prime testimoni della resurrezione. Avevano visto bene: l’amore è più forte.