Quaresima è tempo di grazia più vissuta e di conversione, e la Parola ne indica il cammino. Dopo le ‘Tentazioni’ sempre attuali, siamo aiutati oggi, scioccati da un gesto inatteso di Gesù che rovescia con violenza inaudita tutto ciò che fa della Casa del Padre un mercato, a trasfigurarci in Cristo e con Cristo per avviarci anche noi decisamente verso la nostra Pasqua.
Questa domenica la Parola ci fa mangiare un po’ di erbe amare… e fanno bene! L’invito di Papa Francesco a “eliminare dalle Parrocchie le liste dei prezzi dei sacramenti” è solo un banco, e non unico anche se il più vistoso, da rovesciare. Come Chiesa esaminiamoci e adoperiamoci per “non fate della casa del Padre mio un mercato!”.
Dispensatemi dal tornare su qualche esperienza ancora più scioccante di quella vissuta da Bergoglio appena era stato fatto sacerdote: “Ero con un gruppo di universitari e una coppia di fidanzati volevano sposarsi. Erano andati in una parrocchia ma volevano farlo con la messa e lì, il segretario parrocchiale ha detto ‘non si può’ perché ci sono altri turni”. Di fronte all’insistenza della coppia che voleva celebrare il matrimonio con una messa, ha riferito Papa Francesco, quel segretario di parrocchia ha intimato loro ‘pagate due turni’. E per sposarsi con la messa hanno dovuto pagare due turni. Questo – ha denunciato con forza Francesco- è peccato di scandalo”.
Dalla Rivista “San Francesco” http://www.sanfrancescopatronoditalia.it/.
La conversione dal facile e potente idolo scotta. Per questo l’invito, opportuno o meno, di Papa Francesco è sembrato ad alcuni “sparate del Papa non condivise”.
In cordata.
Don Vincenzo
Gv 2,13-25 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà…
padre Ermes Ronchi – Ogni vita è un tempio. Un gesto inatteso, quasi imprevedibile. “Non fate della casa del Padre mio un mercato!”. Del tempio di Gerusalemme, di ogni chiesa, ma soprattutto del cuore, il suo monito: non fare mercato della fede, dove tu dai qualcosa a Dio (una Messa, un’offerta, una candela…) perché lui dia qualcosa a te. Siamo solo dei cambiamonete, e Gesù rovescia il nostro tavolo: Dio non si compra ed è di tutti.
Casa di Dio è l’uomo: non fare mercato della vita! Non vendere dignità e libertà in cambio di cose.
Non fare mercato del cuore! Non sottometterlo alla legge del più ricco, né quella del più forte.
Profanare l’uomo è il peggior sacrilegio che si possa commettere, soprattutto se debole, se bambino, il suo tempio più santo. Il tempio di Dio: è lui crocifisso e risorto, e in lui ogni fratello.
don Marco Pedron – Fuori di qui – Ogni maschio adulto dal tredicesimo anno di età era obbligato a salire al tempio di Gerusalemme e ad offrire un agnello per la Pasqua. Le feste religiose, quindi, erano un’occasione di grande guadagno per la casta sacerdotale. L’agnello doveva essere perfetto, quindi venivano offerti i migliori. Sulle pendici del Monte degli Ulivi c’era un recinto dove venivano acquistati gli animali per essere offerti al tempio. Il proprietario: era …Ananìa, cioè il sommo sacerdote.
Quando Gesù va al tempio si fa una “sferza di cordicelle… e scacciò tutti fuori dal tempio”. Gesù non purifica il tempio, lo elimina. Dio distrugge il tempio perché presenta un Dio nuovo, sconosciuto alle religioni. Dio non ha bisogno di offerte né di sacrifici per lui. Con Gesù è finito il tempo di fare offerte a Dio perché è Lui che si offre a te. Quelli che offrono, che danno il meglio a qualcun altro, sono i servi, ma con Gesù Dio non vuole più essere servito; anzi sarà Lui stesso a servire l’uomo.
Quand’ero piccolo dovevo fare i fioretti perché così Gesù era contento: ma io quel Gesù non lo amavo affatto perché mi impediva di guardare la tv, di giocare a calcio con i miei amici, mi toglieva il gelato, ecc. Saranno stati anche fioretti, ma a me stava antipatico un Dio così. Sembrava che ce l’avesse con me: tutto ciò che era bello, lo voleva lui!
Questa cosa è rimasta. Dio diventa un banchiere che in cambio di qualcosa ti richiede qualcos’altro. Ma Dio non è così. Tutto il libro del profeta Osea è una denuncia di Dio contro le offerte e i sacrifici: “Che mi importa dei vostri numerosi sacrifici; io non lo gradisco. Smettete di portare offerte inutili”. “Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio e non gli olocausti”.
Paolo Curtaz – Per Giovanni si tratta di cacciare i venditori di fumo dal mondo della fede, per svelare le intenzioni profonde che spingono un uomo a cercare Dio. Ciò che Gesù contesta radicalmente è voler comprare dei favori da Dio. La prima purificazione da fare, è quella di convertire il nostro cuore al Dio di Gesù.
* * * * *
Parola e vita
Cosa fare perché nel tempio venga vissuto il vero culto gradito a Dio: “Misericordia io voglio, non sacrificio, offerte”. Ma misericordia non è verso Dio ma verso il prossimo. Celebrando non manco di aiutare a prendere coscienza del perché della celebrazione. Aiutato dal canto brasiliano: “Eccomi qui, Signore, per fare la tua volontà, per vivere nel tuo amore”, dò risalto alle parole appena cantate: la volontà del Padre non è tanto il venire a Messa o meno… A messa si viene per essere aiutati dalla Parola che “uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11) a “fare la tua volontà, che è vivere nel tuo amore”.
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rom 12,1). Il vero culto è l’amore. Siamo come i bimbi che, nonostante le continue disattenzioni e disobbedienze, sembrano convinti di amare la mamma. San Paolo pur cosciente: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20) avvertiva con sincera umiltà e fiducia: “c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (Rm 7,18-19). Alla Messa veniamo sì da peccatori inveterati, ma per venir fuori risorti, peccatori (e lo saremo sempre senza alcun dubbio) ma perdonati per perdonare, peccatori amati per amare. Se usciamo dalla Celebrazione come quando siamo arrivati avremmo perso tempo. Se questo talvolta avviene è perché siamo stati spettatori impassibili di un rito più o meno condiviso ma senza lasciarci fecondare: “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare. (Is 55,10).
La continua denuncia di Dio in Osea: “Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio e non gli olocausti” (Os 6,6), don Marco Pedron la rilegge: “Forse invece di essere continuamente preoccupati di quanta gente viene o non viene in chiesa, dovremo chiederci: “Ma chi viene nelle nostre liturgie, si sente amato da Dio? Va fuori pieno di vitalità, di voglia di vivere?”, oppure: “Qui la gente trova l’amore? Qui la gente impara ad amare? Qui la gente impara ad essere misericordiosa, compassionevole?”.
Esorto allora più che a chiedere perdono, perdonati già dal Papà che, invitati, ci aspettava con un abbraccio carico d’amore, esaminiamoci piuttosto sull’invito di Gesù: “Se presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Cioè: tutte le tue offerte, le tue preghiere, le tue liturgie, non servono a nulla se hai odio, risentimento, rancore, giudizio per tuo fratello.
Riscontro, purtroppo tante volte, che è molto più facile far conto di chiedere perdono a Dio (…è sempre l’altro che ha qualcosa contro di me perché io…) e anche di …confessarsi spesso, piuttosto che lasciare lì il tuo dono per riconciliarsi prima con il fratello. Non si percepisce che, altrimenti, Dio non ti ascolta perché lontano quanto lontano è il fratello. Ancora un canto brasiliano: “Dove sta tuo fratello. Io sto presente in lui”. Se tuo fratello sta lontano, Io sto lontano!
Il congedo finale: Rendiamo grazie al Padre perché anche questa domenica, dopo aver sperperato il patrimonio (Lc 15,30), siamo arrivati dal Padre peccatori, ma usciamo (non scoraggiamoci), peccatori sempre ma perdonati e amati per amare. Ci capiterà ancora, nonostante i buoni e sinceri propositi, di fare ancora spropositi immancabilmente… “Grande è il nostro peccato – si canta infine in Brasile – ma il Tuo cuore è ancora più grande”. Noi non ci stanchiamo di peccare.
E Lui, Papà-Mamma, non si stanca di perdonarci.