IV Domenica del Tempo Ordinario

Carissimi amati tutti e uno per uno, 

c’è la Nuova e Bella Notizia che apre il Vangelo di Marco, ma che ancora oggi corre il rischio d’essere aggredita dallo ‘spirito impuro’. Dio ci ama come siamo ed è il suo amore che guarisce, apre gli occhi, ciechi fin dalla nascita. Accettare Dio che ama tutti senza distinzione, buoni e cattivi, e che, addirittura, lascia le 99 per occuparsi della smarrita, non è scontata la festa delle 99, anzi! Accolti per ultimi, segue immediatamente la reazione: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo” (Mt 20,12). Fin da piccoli veniamo educati a essere amati se bravi, e a mettercela tutta per essere tra i ‘primi’!


Accettate, vi prego, la mia cattiveria: condivido in questi giorni la vita di una comunità con chierichette e ministre dell’Eucaristia obbligate a tenere la testa coperta da velo bianco e a comunicarsi in ginocchio e sulla lingua; per gli altri più libertà ma meno considerazione. Tutte devote e pie ma, a me peccatore, sembrano senza festa. Perdonatemi. Soffro non per il velo, ma, mi sembrano obbligati all’obbedienza per essere ben accetti dal pastore, non leggo negli occhi la gioia degli invitati al Banchetto nuziale.

Crediamo nel Vangelo convertiti alla gioia di un Papà stupendo. 

Don Vincenzo


Mc 1,21-28: Giunsero a Cafarnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui…

 

Pe. Ermes Ronchi – Il Signore è venuto a liberare l’uomo. Come la gente di Cafarnao, anche noi ci incantiamo ogni volta che abbiamo la ventura di incontrare qualcuno con parole che trasmettono sapienza sulla vita e sulla morte, sull’amore, sulla paura e sulla gioia. Di fatto, sono autorevoli soltanto le pa­role che accrescono la vita. Ha autorità chi non soltanto annuncia la buona notizia, ma la fa accadere.

La buona notizia è un Dio che libera la vita. Gesù ha autorità perché si misura con i nostri problemi di fondo. E il primo di tutti i problemi è «l’uomo posseduto», l’uomo che non è libero. Volesse il cielo che tutti i cristiani fossero autorevoli… E il mezzo c’è: si tratta non di dire il Vangelo, ma di fare il Vangelo, non di predicare ma di diventare Vangelo, tutt’uno con ciò che annunci: una buona notizia che libera la vita.

“Che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire ciò che lo imprigiona, a rovinare tutto ciò che non è amore, deve mandare in rovina idoli impuri: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi. È a questi desideri sbagliati che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui.

Valutare la serietà del mio cristianesimo: se come Gesù, mi oppongo al male dell’uomo, in tutte le sue for­me; se come lui porto aria di libertà.


don Marco Pedron Questo è il primo episodio che troviamo nel Vangelo di Marco. Mc lo mette qui perché questa è la chiave di lettura per accogliere Gesù.

Nella sinagoga si andava di sabato e Gesù, come ogni buon ebreo ci va. I luoghi frequentati da persone religiose saranno per Gesù quelli più pericolosi. Ci andrà tre volte e ogni volta sarà un fiasco e un pericolo. Gesù non va nella sinagoga per pregare o per le liturgie: lui ci va per insegnare. Se la preghiera e la liturgia, infatti, non diventano vitalità, amore concreto, apertura, solidarietà, non interessano a Dio. Se la liturgia è evasione dalla realtà e dalla vita non è incontro con il Dio della Vita (20,31).

Gesù predica e la gente è “stupita”, perché “insegna non come gli scribi”. Quando parlava uno scriba si riteneva che parlasse Dio stesso. C’erano 613 regole ben precise da rispettare: non andava mai bene niente! Non eri mai a posto con Dio. Arriva Gesù e dice: “Dio vi ama tutti”. Non importa se siete stati bravi o no, Lui vi ama.

Già, è difficile per noi accettare questo: “Ma come? Noi che doniamo la nostra vita a Dio siamo amati da Lui tanto quanto gli altri?”. Sì! A Gesù interessa se ami, se sei pieno di compassione. Allora la gente si sente liberata. Qui si sente Dio. Appena c’è questo entusiasmo da parte della gente ecco che si scatena la reazione (Mc 1,23). Gesù predica un insegnamento nuovo. Gesù non ci chiede di obbedire a Dio ma di assomigliare al Padre.

Il vangelo è liberante per chi ama la vita, ma straziante per chi ama obbedire.


Paolo Curtaz – Indemoniati. Gesù parla con autorevolezza, non come gli scribi. Colpisce perché parla di cose che sta vivendo.

Indemoniati. “Che c’entri con noi, sei venuto per rovinarci!” È demoniaca una fede che tiene il Signore lontano dalla quotidianità, che lo relega nel sacro. È demoniaca una fede che vede in Dio un concorrente: se Dio esiste io non posso realizzare i miei desideri. È demoniaca una fede che resta alle parole: il demone riconosce in Gesù il santo di Dio ma non aderisce al suo vangelo. Il rischio è quello di possedere una fede che resta chiusa nel prezioso recinto del sacro, di una fede fatta di sacri formalismi e di tradizioni, che però non riesce ad incidere, a cambiare la mentalità. Una fede che non cambia la vita, i rapporti in economia, in politica, nella giustizia, è una fede fintamente cristiana. Ecco la sfida che il Signore lancia alla sua Chiesa: tornare ad essere davvero credenti, finalmente discepoli.

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Parola e vita. “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”. Ascoltando Papa Francesco denunziare le 15 piaghe della Chiesa, mi sembrava aggirarsi il demonio impuro lì a gridare: ‘pericolo di rovina per la Chiesa’, mentre tutti restavamo ‘stupiti del suo insegnamento’ quando denunziava ciò che rovina l’uomo anche di Chiesa: potere, denaro, succes­so, paure, depressioni, egoismi. “È a questi desideri sbagliati, padroni del cuore, che Gesù dice due sole paro­le: taci, esci da lui” (Ronchi).

Parlo della mia esperienza (ribadisco sempre) per rispondere a chiunque domanda ragione della speranza che è in me (cfr 1Pd 3,22). Uscendo dalla celebrazione domenicale si nota in genere gente soddisfatta per essere stata fedele al proprio impegno settimanale, evitando almeno un ulteriore peccato. Gente sempre a modo ben diversa dalla massa oziosa in piazza tutto il giorno. Peccatori, più o meno coscienti, si è entrati, peccatori si esce. È cambiato niente. Avessimo almeno percepito che, sanati dalla Parola e alimentati dal Pane che sazia, usciamo riconciliati pronti nel gridare a tutti con gioia immensa: “Prima ancora che manifestassi il mio peccato, già il buon Papà mi ha tirato di dosso il vestito lacero e, rivestito della veste nuziale, con l’anello di predilezione, mi ha immerso nel Banchetto imbandito per il mio ritorno” (cfr Lc 15). Tutti, incontrandoci, lo percepirebbero suscitando qualche segreto interesse.

Celebrando in paesi e luoghi i più diversi, noto sempre persone che escono rianimate, più libere e fortificate. Annunzio quanto ho abbondantemente vissuto: Dio ci ama così come siamo. Non vede i nostri peccati e, ancor meno, i nostri meriti ma, da Padre misericordioso, si fa attento ai nostri bisogni. Ci ha creati ‘creature’ e non ‘dio’, fragili lì pronti a cadere settanta volte sette. E anche Lui sempre pronto nel venirci incontro per rialzarci. Non preoccupiamoci dei peccati, esorto, ci staranno sempre davanti per tutta la vita; occupiamoci piuttosto ad amare un po’ di più con l’aiuto della grazia e dei Sacramenti offertoci dalla madre Chiesa…

Inevitabile la reazione dei dottori della legge a riguardo: “affermando questo tu crei confusione in persone non preparate e con senso già superficiale del peccato. Va fatto in un contesto diverso”. È questo contesto che vorrei mi si indicasse per una libertà offertaci dal Cristo venuto proprio per liberarci dal peccato. L’esperienza mi incoraggia a credere che, sentendosi amati, si accoglie con gioia la presenza continua e attenta del Padre molto prodigo che suscita la Grazia dell’incontro. Il peccato è fragilità d’amore, è mancanza di vita che richiede la mano taumaturga del Buon Pastore. La minaccia dell’inferno desta paura, non converte e …alla fine si lascia perdere tutto: sarà quel che sarà, intanto vivo come riesco meglio! Convivono con il proprio peccato senza angosce, a differenza di chi è sempre affannato perché torna a fare sempre gli stessi peccati nonostante seri propositi e continue confessioni. “Preoccupati e occupati nell’amare la mamma un po’ di più, anche se ti capiterà ancora di disobbedire! La mamma sa bene che le vuoi bene, ma che non riesci ad amarla seriamente” ripeto al bimbo che appena in ginocchio mi ripete che non lo farà più. E Dio è Mamma più di ogni altra.

Credo, per questo parlo: è insegnamento di Cristo Gesù, l’unico capace di parlare con autorità ed essere ascoltato proprio perché genera vita.