Carissimi fratelli e sorelle,
cari don Renzo, Vicario generale e don Mauro, Parroco della Cattedrale,
reverendi confratelli sacerdoti, diaconi, religiosi e seminaristi,
ci ritroviamo come Vicaria di Castellaneta per celebrare questa eucarestia in una serata particolare: l’ultima dell’anno civile.
Lo stiamo facendo nella festosa cornice del tempo natalizio, come ci ha ben ricordato San Paolo scrivendo ai Galati: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli».
“Pienezza del tempo”, in cui siamo inseriti anche noi, quali figli adottivi. “Pienezza del tempo” che ci sprona sempre e di nuovo a posare i nostri occhi sul segno della mangiatoia, allargando, però, questa sera lo sguardo a Colei che è accanto a quel Figlio nato per noi: la Vergine Maria, la collaboratrice dell’Altissimo che diventando Madre di Dio è diventata anche Madre dei figli di Dio e Madre nostra.
Osservava giustamente lo scrittore e giornalista britannico Gilbert Keith Chesterton: «Non potete pensare ad un neonato senza pensare a sua madre. Non potete visitare il bimbo, senza visitare la madre; nella comune vita umana, non potete arrivare al bimbo se non attraverso la madre». Per questo motivo la Chiesa ci fa concludere ed iniziare un nuovo anno civile contemplando la Vergine Maria nella sua divina maternità. Maternità che lega il bambino alla madre con un legame unico ed indissolubile ed ha reso la Vergine Maria vera madre del Figlio di Dio.
Questa sera, inoltre, eleveremo insieme anche il canto dell’antico Inno liturgico del Te Deum, per ringraziare il Signore per il dono dei giorni e della storia: ossia della vita!
Due semplici riflessioni voglio consegnare alla vostra attenzione, lasciandomi guidare dalle parole proclamate dall’evangelista Luca.
Anzitutto l’invito ad avere sempre (esercitandosi) uno sguardo riflessivo sulla vita.
«Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Custodiva e meditava!
Sostando dinanzi al Mistero della Natività siamo esortati a saper cogliere lo stupore e la meraviglia di Maria, la Madre di Dio, che custodisce, medita e si confronta nel “silenzio” del suo cuore con tutti i fatti, gli avvenimenti accaduti, visti e vissuti!
Infatti, Maria è la Vergine in ascolto ed in silenzio. «Un silenzio tutto inteso ad ascoltare» (D. Bonhoffer).
È la donna che entra nella storia mentre è in ascolto del messaggero di Dio. È la Madre che ci ricorda che aprendoci all’ascolto benevolo di Dio noi per primi impariamo che siamo ascolto, dono e ci realizziamo nella gratuità.
Un ascolto che è più che sentire, fatto di Parola (con la P maiuscola) piuttosto che di parole. Quale capacità del cuore che rende sempre possibile la prossimità e ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori.
Gesù stesso, nell’esercizio del suo ministero, a quella donna che alzatasi dalla folla aveva proclamato beata la Vergine Maria, quale grembo che l’aveva portato e seno al quale si era allattato, indicò la vera beatitudine nell’ascolto e nell’osservanza della Parola di Dio: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Cf. Lc 11,27-28)
Questa sera chiediamo al Signore il dono di custodire e di meditare, alla maniera della Vergine Maria, gli avvenimenti (personali e comunitari) che hanno scandito il nostro 2023, ma soprattutto quelli che, ci auguriamo, potranno caratterizzare l’anno che verrà.
Dinanzi agli avvenimenti vissuti c’è sempre da chiedersi: Signore che cosa hai voluto dirmi attraverso quello che è accaduto, attraverso quello che mi è accaduto? Cerchiamo di discerne da essi – sempre e di nuovo – la volontà del Signore.
La seconda riflessione la colgo dal comportamento dei pastori i quali «se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro» (Lc 2,20).
I testimoni auricolari e i testimoni oculari ritornano alle loro abituali occupazioni dopo aver visto e udito l’avvenimento di Betlemme: il segno del bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia.
Nell’esperienza dei pastori, questa sera, dobbiamo chiedere al Signore che ci insegni questo spirito positivo di glorificazione e di lode. Un atteggiamento che nasce dall’ascolto e dalla conoscenza di quello che Lui, il Signore, ha fatto e fa per noi. Chiediamogli, allora, di aiutarci a non essere risentiti, scontenti, senza vita ed entusiasmo. Impariamo a non lamentarci per tutto e per tutti, perché le lamentele non servono se non a rendere più triste il nostro vivere e più inconsistente il nostro agire. Cerchiamo, piuttosto, di congedarci da questo anno che sta per terminare pieni di santa fiducia, desiderosi di accogliere il tempo nuovo che il Signore ci darà da vivere con un cuore gioioso, di quella gioia che scaturisce dall’aver udito e visto, dall’aver incontrato il Signore del tempo e della storia proprio nell’Emmanuele, il Dio-con-noi.
Infatti, Papa Benedetto XVI, che lo scorso 31 dicembre è volato al cielo, e di cui questa sera è giusto fare memoria grata, nell’enciclica Deus caritas est ricordava: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (DCE 1)
I pastori si sono incontrati con una Persona viva alla Grotta di Betlemme e ricevendo una vita nuova hanno intrapreso una direzione precisa: sono diventati credenti e primi evangelizzatori.
Come i pastori, allora, torniamo gioiosi dall’anno che sta terminando ed andiamo gioiosi verso quello nuovo. Come loro glorifichiamo e lodiamo Dio!
Dice Papa Francesco «solo grazie a quest’incontro – o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. Giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero… Perché se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri? (EG 8).
Glorifichiamo e lodiamo il Signore, sempre e in ogni circostanza.
Davanti al Bambino di Betlemme, davanti al silenzioso mistero d’ascolto della Vergine Madre di Dio, chiedo per me, per voi, per tutta la nostra Chiesa diocesana di Castellaneta, che è in cammino con le altre Chiese sorelle che sono in Italia, un anno di sapiente discernimento personale e comunitario nello Spirito, per vivere intensamente la fase sapienziale del Sinodo, consapevoli che “il Signore ci parla lungo il cammino” e che solo la sua Parola potrà far ardere il nostro cuore, per essere una Chiesa che nella bellezza del “camminare insieme”, vinca il limite dell’autoreferenzialità, generi percorsi di vita in cui moltiplicare la gioia, e si lasci “inquietare” nelle inquietudini del nostro tempo, vincendo la tentazione, purtroppo sempre presente e frustrante, della sterile ed infruttuosa ripetitività del “si è sempre fatto così”, che anestetizza la creatività generativa, di cui siamo ancora potenzialmente ricchi.
Così come – in questo crepuscolo dell’anno – non possiamo non chiedere il dono tanto urgente della Pace.
Che il Signore Dio, come abbiamo pregato al Salmo Responsoriale: «abbia pietà di noi e ci benedica, facendo risplendere su di noi il suo volto» (Sl 66).
Amen!
+ Sabino Iannuzzi
vescovo
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