Santa Famiglia

 

Amati in Cristo carissimi, mi affretto per la Riflessione sulla straordinaria Santa Famiglia di Nazareth, porto sicuro delle nostre, altrettanto sante anche se, talvolta,  ancora più ‘disastrate. Ci aiutiamo con la preghiera a tanta intercessione. Don Vincenzo.

Dopo che furono partiti, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi in Egitto ‘Egli dunque si alzò, prese di notte il bambino e sua madre, e si ritirò in Egitto. Dopo la morte di Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, in Egitto, e gli disse:  «Alzati, prendi il bambino e sua madre, e va’ nel paese d’Israele; ‘ Egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre, e rientrò nel paese d’Israele.  ebbe paura di andare là; e, avvertito in sogno, si ritirò nella regione della Galilea, e venne ad abitare in una città detta Nazareth, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti, che egli sarebbe stato chiamato Nazareno. (Mt 2,13-15.19-23)

don Marco PedronIl vangelo ci presenta una famiglia in pericolo, che scappa e che deve fuggire. La Santa Famiglia di Nazareth sarà stata certamente santa ma non era certamente una famiglia idillica. Qui scappano in Egitto; un altro giorno Maria rimprovera Gesù‘ e Gesù seccamente risponde: “Non sapevate che io…”. Un altro giorno i parenti e i familiari di Gesù lo vanno a prendere perché dicono: “E’ pazzo”. Una famiglia come tante altre con gioie e incomprensioni, con cose grandi e ostacoli. A volte, ci è stata trasmessa una immagine paradisiaca della famiglia di Gesù. Le incomprensioni, i conflitti, certe scelte non capite sono normali in una famiglia. Nella famiglia di Nazareth erano solo in tre (tutti e tre santi e lo sono!) eppure quante difficoltà! Perché noi dovremmo essere esenti dalla normale difficoltà di vivere? 
La famiglia è il luogo dove possiamo abbeverarci d’amore, d’amore umano, che è sempre quello che è: parziale, limitato, mai perfetto (perché viene da uomini), ma anche così tremendamente bello, importante che solo quando non c’è più se ne capisce il valore.

C’è la famiglia-autogrill: uno mangia e poi scappa; c’è la famiglia-caserma: c’è chi ordina, chi comanda e chi deve eseguire; c’è la famiglia-albergo dove tutto è perfetto, ordinato, ma non c’è vita, non si ride, non si scherza, non ci si racconta e non ci si ascolta, si può parlare solo di certe cose e guai alzare la voce o ridere a crepapelle; c’è la famiglia-sky-tv dove il padre guarda la partita o il telegiornale e tutti gli altri devono fare silenzio. Abbiamo l’abitazione; c’è la seconda casa che è il pub, l’osteria, la piazza, ma spesso non c’è nessuno che ci ascolta, nessuno con cui ridere, piangere, con cui mostrarsi per quello che si è. Perché spesso abbiamo tante abitazioni, tante stanze, ma nessuna casa.
Per esser famiglia non basta stare assieme, mettersi insieme, vivere sotto lo stesso tetto. Per fare un qualsiasi lavoro ci sono corsi di formazione. E i genitori dove si formano?
 Perché dovrei avere la pretesa di saper fare il genitore solo per il fatto che ho un figlio? Anche mio zio possiede un pianoforte ma non lo sa suonare! Una famiglia che non trova “scuole”, occasioni, momenti di crescita o si esaurirà o si appiattirà. 

Ronchi: Le sorti del mondo si deci­dono dentro una famiglia: un padre, una madre, un figlioLe cose deci­sive ac­cadono nel quotidia­no: coraggio di una, di tante, di infinite creature innamo­rate e generose che sanno ‘prendere con sé la vita d’altri.

Erode invia soldati, Dio manda un sogno. «Giuseppe prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto». Un Dio che fugge nella notte! Perché l’angelo comanda di fuggire senza segnare la stra­da e la data del ritorno? Per­ché Dio non salva dall’esilio, ma nell’esilio; non ti evita il deserto ma è forza dentro il deserto, non protegge dalla notte ma nella notte. Per tre volte Giuseppe sogna. Ogni volta un annuncio par­ziale. Per partire non chiede di aver tutto chiaro, ma solo tanta forza quanta ne serve per la prima notte. È un’avventura di pe­ricoli, di strade, di rifugi e di sogni, ma che c’è un filo ros­so il cui capo è saldo nella mano di Dio. Vivono l’amo­re senza contare fatiche e paure, senza proclami e senza ricompen­se, in silenzio, fanno ciò che devono fare. È quel­lo che è concesso anche a noi: Dio cammina accanto alle nostre paure con la sua Parola, cammina con tut­ti i rifugiati, e con chi dà loro soccor­so, con un sogno di parole, un sogno di Vangelo. So che nel mondo comandano i più forti e i più violen­ti, ma so che dietro a tutto questo c’è un filo rosso il cui capo è saldo nella mano di Dio. So che in ogni vi­ta c’è un sogno di Dio che va lenta­mente incarnandosi. 
Paolo Curtaz Sante famiglie. La famiglia è e resta il cuore del nostro percorso di vita, della nostra educazione, spesso è all’origine di molta sofferenza, di qualche delusione e, grazie al cielo, di immensa gioia. Fa sorridere che Dio abbia voluto sperimentare l’esperienza famigliare. Fa riflettere che, per farlo, abbia scelto una famiglia così sfortunata e complicata. Seguire Maria e Giuseppe, nella loro capacità di mettersi da parte per inserirsi in un progetto più grande, quello che Dio ha sul mondo. Maria e Giuseppe, per conto loro, avevano il progetto di mettere su famiglia; poi Dio ha avuto bisogno di loro, e la loro vita si è capovolta. Bello immaginare gli angeli con l’arpa e i pastori in ginocchio davanti alla mangiatoia. Ma l’indomani mattina di angeli non c’era più nessuna traccia… costretta a scappare in Egitto. Chissà quante volte Giuseppe si sarà chiesto cosa stava succedendo!

La buona notizia è che Dio lo sa, e ci ama. La straordinarietà di questa famiglia: ha il coraggio di mettere Gesù in mezzo. Lo possiamo infilare in mezzo alle nostre scelte, ai nostri ruoli educativi, alle nostre relazioni famigliari. Solo così, credo, riusciremo a vivere della serenità che doveva avvolgere la Santa Famiglia. Recuperiamo il senso del Mistero dell’altro, che non mi è “dovuto” ma “donato”. È proprio il dialogo l’ultimo argomento di riflessione: impariamo e insegniamo a comunicare, a parlare del nostro intimo, a consegnare le nostre emozioni all’altro. Coppia cristiana: due persone che si sono scelte per cercare – insieme – la felicità, senza credere di essere l’uno il senso della vita dell’altro…

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In ascolto: ‘Dio ha voluto sperimentare l’esperienza famigliare e, per farlo, ha scelto una famiglia così sfortunata e complicata. Seguire Maria e Giuseppe, nella loro capacità di mettersi da parte per inserirsi in un progetto più grande, quello che Dio ha sul mondo’. Bello immaginare gli angeli con l’arpa e i pastori in ginocchio davanti alla mangiatoia. Ma l’indomani mattina di angeli non c’era più nessuna traccia… è costretta a scappare. Vorremmo attardarci, estasiati, nel contemplare il mistero stupendo del Dio Bambino, l’Emmanuele, il Dio con noi, e immediatamente ecco il contrasto stridente: l’Onnipotente inerme, il Possente fragile; ‘per mezzo di Lui ogni cosa è stata fatta; e senza di Lui neppure una delle cose fatte è stata fatta” in fuga. ‘Venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto (Gv 1,3-12).

Il Mistero del Natale ci apre al progetto altrettanto sorprendente e sconcertante della nostra vita: un bimbo, una nuova vita è sbocciata – fu il lieto annunzio alla nostra nascita – e all’indomani, più o meno tardi, tocca navigare tra continue tempeste, e sempre più drammatiche man mano che gli anni avanzano, verso ‘la morte’ ‘NO!’ ci viene assicurato: l’Emmanuele, Dio con noi, è entrato nella storia del mondo, nella nostra storia e ‘a tutti quelli che L’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali sono nati da Dio’ (Gv 1,12-13).

Natale, quello non allucinante e pazzesco di alberi inghirlandati di colori, luci, nastri scintillanti che già cominciano a stufarci e a disfarsi, si gioca su fede, vera, o riti anche infervoranti. Dio, l’Onnipotente ed Eterno, ha concretamente mostrato d’essere dentro la storia del mondo, dentro la nostra storia fin dal seno materno e ‘dall’eternità. «Alzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi’  non importa dove e fino a quando. E ancora: dopo la morte di Erode: «Alzati, prendi il bambino e sua madre, e va’ nel paese d’Israele» come Giuseppe, alzatosi prese il bambino e sua madre, rientrò nel paese d’Israele, fidiamoci e affidiamoci affinché si adempia quello che è il progetto di un Dio Creatore e Padre che ben conosce e vuole la nostra vita oltre la morte: ogni tunnel ci apre a panorami spaziosi, a ogni inverno segue l’incanto primaverile, a ogni notte segue la luce del giorno.

‘Senza di lui neppure una delle cose fatte è stata fatta. In Lui è la vita, e la vita è la luce degli uomini. (Gv 1,3-4).

Tra qualche settimana riascolterò in Brasile il bel canto:

Rinnoviamo, Signore, la nostra casa; invitiamo, fratelli, i vicini.
Prepariamo la mensa dell’altare, per festeggiare il Natale di Gesù.

Natale può essere ogni giorno se ogni famiglia si compromette,
a vivere come Giuseppe e Maria nell’accogliere Gesù nel loro giorno per giorno!

La nostra casa è un luogo per chi il Signore Cristo si fece simile.
I piccoli, anche senza casa, senza terra stanchi nel cercarla.

La nostra casa ha spazio per l’indio, per la donna indifesa,
per il nero che, passo dopo passo, va cambiando la storia subita.

Signore, la nostra casa è piccola ma accoglie il paziente escluso,
ogni gesto d’amore vale la pena, perché Gesù si è fatto povero bambino.
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Uniamoci nella preghiera perché al canto possa seguire la vita. 

 
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