Sorelle e fratelli, preparandomi a un nuovo viaggio vi chiedo d’unirvi a noi perché la Madonna di Medjugorje benedicendoci ci guidi a capire e a vivere sempre più come Maria di Nazareth con una vita di umiltà e di servizio sincero verso i fratelli più piccoli o bisognosi. In comunione d’affetto fraterno. Vincenzo prete.
Mt 18,15-20: “Se tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello… E in verità vi dico anche: se due di voi sulla terra si accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro “.
Pe. Ermes Ronchi – Regole di base per la convivenza fraterna. La prima: se qualcuno ti ferisce, tu non chiudere la comunicazione ma fa tu il primo passo, riapri tu il dialogo. È il primo modo per esserne liberati. “Se ti ascolterà, avrai guadagnato tuo fratello”. Dio è un vento di comunione che ci sospinge gli uni verso gli altri. Senza l’altro l’uomo non è uomo.
“Tutto quello che legherete sulla terra…” ciò che avrete riunito attorno a voi, le persone, gli affetti, le speranze, lo ritroverete unito nel cielo; e ciò che avrete liberato attorno a voi, di vita, di audacia e sorrisi, non sarà più dimenticato, è storia santa.
“Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”: amando ciò che lui amava, sognando il suo sogno di un mondo fatto di fratelli, dove il giusto e il peccatore, si tengono per mano, dove Abele diventa capace della più grande follia, la divina follia di prendersi cura di Caino, per essere liberi dal male come l’unico libero. Come potremmo non essere liberi se fra noi è la Libertà stessa?
Don Marco Pedron – Cuori che vibrano all’unisono. Se hai Dio dentro al cuore, non si vede tanto da quanto preghi, ma lo si vede soprattutto dalle tue relazioni. Tradurre in pratica, in comportamenti, lo spirito di Gesù. A quel tempo era normale denunciare apertamente quello che uno faceva. Se sai una cosa, dilla a tutti. Gesù, quindi, propone una cosa contro la prassi comune: La prima regola è: vai. Se ci vai, forse non era come tu pensavi. La seconda regola è: se non sai, non dire nulla, sii prudente. La terza regola è: se non sai perché l’ha fatto, non permetterti di dire nulla. Ci sono delle motivazioni che non conosci. La quarta regola è: diamo ad ognuno le proprie responsabilità. Lo aiutiamo molto di più se gli diciamo: Se fai così, succede… Se fai colà, succede che…”. E poi sarà lui a decidere. Poi per quattro volte viene ripetuto il verbo ascoltare. Ascoltare è: “Mi metto nei tuoi panni per capire/sentire dal tuo punto di vista. In tutte le situazioni, ci sia l’amore”. Se vedi che un tuo amico sbaglia, avvicinati non per condannarlo. Avvicinati per sentire il suo cuore che forse sta soffrendo. Non esiste una comunità, dove non ci siano conflitti. Vuol dire solo che si è diversi. E’ inevitabile! Il conflitto ci costringe a confrontarci, a chiarire le nostre idee, ad esporre i nostri punti di vista e a correggere le nostre visuali. Le tensioni possono essere causa di divisione o di comunione, di separazione o di crescita. Non è importante chi vince ma che ci capiamo. Perché dove c’è uno che vince, c’è sempre uno che perde e chi perde si sente umiliato. E ascoltiamoci! Ascoltare vuol dire: “Tento di mettermi nei tuoi panni (empatia). Mi spoglio delle mie idee per sentire quello che senti tu e per mettermi dal tuo punto di vista. Se rimango nel mio non ti ascolto”. Ascoltare vuol dire andare oltre le parole per cogliere quello che l’altro vive veramente. Maturità se si sa confrontarsi in maniera sana nei momenti difficili.
Poi c’è una frase bellissima: “Se due si accorderanno per domandare una cosa, il Padre ve la concederà”.
L’accordo è formato da note diverse: ogni nota è diversa ma insieme formano ad-cordem l’ac-cordo, la bellezza.
“Se due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Di Francesco e Chiara si racconta che un giorno, finché parlavano, i loro cuori erano così vicini, intimi, che si alzarono fiamme altissime, tanto che la gente pensava che S. Maria degli Angeli avesse preso fuoco.
Ad un rabbino fu chiesto: “Fino a quando dovrò ammonire mio fratello?”. E il rabbino rispose con quattro domande: “Quanto tempo ci vuole per fare una casa?”. E il discepolo rispose: “Un anno”. Quanto tempo ci vuole per fare un albero?”. “Cinque anni”. “Quanto tempo ci vuole per fare un figlio?”. “Quindici anni”. “E quanto tempo ci vuole per distruggere tutto questo?”. “Un attimo!”. Concluse il rabbino: “Vedi, ci vuole così tanto tempo per costruire ma basta un attimo per distruggere”. In un attimo si distruggono anni, rapporti, amicizie, famiglie. Non ti preoccupare di ammonire tuo fratello, preoccupati di ascoltarlo e di entrare nel suo cuore.
Pensiero della settimana: Anche la verità più bruciante si può dire con amore.
Non è tanto il cosa ma il come che ci fa paura. Non la verità da affrontare ma come ci viene posta.
Paolo Curtaz – Peccato e perdono. Molti ancora pensano che un atto sia peccaminoso perché così Dio ha stabilito. Sbagliato: nella Bibbia si dice che un peccato è male perché fa del male. Il peccato non è un’offesa nei confronti di Dio ma nei confronti di ciò che potremmo diventare: un capolavoro. Dio non punisce il peccatore: il peccato ci punisce, facendoci precipitare in un abisso di falsa felicità. Ma, certo, per vedere le ombre occorre che ci si esponga alla luce della Parola.
Perdono. Nel cuore dell’uomo alberga la falsa idea di un Dio che punisce, che giudica, che controlla.
Gesù è venuto a liberarci da questa immagine demoniaca di Dio raccontandoci il volto di un Padre che desidera fortemente il perdono. Perdono che è per-dono, dono gratuito, possibilità offerta, occasione di rinascita. È possibile perdonare, dice il Vangelo. E Matteo, oggi, dice come: discrezione, umiltà, delicatezza verso chi sbaglia, lasciandogli il tempo di riflettere, poi l’intervento di qualche fratello, infine della comunità. Ci incontriamo ogni domenica spesso indifferenti gli uni gli altri. Mai ci verrebbe in mente di occuparci della perdita delle fede di chi ci sta accanto! Di chinarci sul fratello ferito, come Cristo buon samaritano si è chinato su di noi. Essere profeti di un modo diverso di amare e di perdonare!
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Parola e vita. Si corregge perché si ama, e perché ci sta al cuore il suo bene. Ciò che conta è il recupero del fratello. Dio non si rassegna alla perdita d’una sola verso la quale rivolge più attenzione che alle 99. Capita, però, abituale disattenzione alla perduta e persino, incontrandosi la domenica, d’ignorare il fratello accanto per condividerne le gioie e le sofferenze. Io esorto, talvolta, nel rito d’accoglienza di salutare chi ci sta vicino manifestandogli sincera gioia d’averlo accanto nel Rendimento di Grazie (Eucaristia), e di chiedere …se ha dormito bene la notte, segno di buona salute, e non solo.
Una volta veniva intimato il massimo silenzio e, ricordo, una devotissima che immediatamente volgevo la sguardo al tabernacolo senza neppure uno sguardo a chi gli stava accanto. Soli si entrava in chiesa, e soli si usciva. Oggi si rischia …lo schiamazzo!
La Messa domenicale è la festa della comunità e non può mancare, anzi(!), la gioia dell’incontrarsi al Banchetto più vero di tanti banchetti che non saziano, dice Isaia (55,2). Ma non si percepisce alcun segno che faccia avvertire di far parte di una comunità. Che tu ci sia o no conta poco, e, può succedere, che non venga nemmeno notato la tua eventuale mancanza. La si ignora senza problemi o, peggio, si offre l’occasione al facile pettegolezzo! Più che la trave nel nostro occhio si bisbiglia più volentieri sulla supposta fragilità del fratello che andrebbe, invece, maggiormente amato, e non come un colpevole da accusare. Il saper versare olio sulle sue possibili ferite ci aiuterebbe a versarne sulle nostre più nascoste e morbose.
Il sentirsi tutti fratelli diviene un modo di dire più che un farsi carico premuroso degli altri. Ci diciamo un sacco di cose, su quello che si è fatto, del tempo, del lavoro, ma …non siamo uniti. Non sperimentiamo mai la forza dell’amore perché i nostri cuori non vibrano mai in profondità. Stare insieme non vuol dire essere uniti. Si può essere semplicemente ‘riuniti’. Ciò che ci rende uniti, che è anche ciò che ci salva, è quando non ci diciamo più solo parole, ma ci doniamo nella nostra vulnerabilità, nelle nostre paure, nelle nostre imperfezioni. L’unione nasce dallo svestirci, dal metterci a nudo, dal farci vedere per quello che si è, dal darsi le parti più profonde. Bisogna avere il coraggio di farlo e la fiducia di non essere traditi. (Pedron).
Che ricchezza vivremmo se l’incontro domenicale divenisse incontro di comunità vera. Il modo va almeno sognato. Nella Settimana di Nazareth vissuta nei giorni scorsi con la Fraternità Secolare “Charles de Foucauld” l’abbiamo sperimentato e il cuore ha immagazzinato energie per il prossimo anno. L’incontrarci attorno alla Mensa ogni domenica deve rifornirci energia nuova per tutta la settimana, pena il vuoto interiore per lo svuotamento di un Rito. Oppressi dalla fatica e dalla lotta quotidiana giungiamo spogli, e spogli ne usciamo.
L’assenza eclatante di tanti giovani è proprio perché sono distratti e superficiali, oppure perché il Rito, solenne che sia, non dice loro niente di più e di ben diverso di tante altre assemblee oceaniche giovanili?! I circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini (Mt 14,21) che premevano attorno a Gesù, vengono oggi sostituiti da donne e bambini, e da un gruppetto di uomini da contarsi anche con le dita.